Sotto inchiesta il coordinatore amministrativo in un’opera pia dove risiedeva un facoltoso disabile

Una tentata truffa aggravata su un’operazione immobiliare legata all’eredità da oltre un milione e 500 mila euro ricevuta, alla morte della madre, da uno degli ospiti del noto istituto religioso «Opera di Santa Teresa del Bambino Gesù» di Ravenna, un sessantenne disabile praticamente dalla nascita. È l’accusa che la Procura della città romagnola ha contestato all’ex direttore dell’istituto, un 56enne sacerdote ravennate tutore del sessantenne, che nei giorni scorsi ha peraltro rassegnato le dimissioni dall’incarico. E a Lorenzo Selmi, modenese, ex coordinatore amministrativo della struttura, anche lui 56enne.

A entrambi, ha spiegato il procuratore capo Alessandro Mancini, è già stato notificato l’avviso di conclusione indagine. La vicenda si era innescata quando alla sua morte a fine 2012, una donna aveva disposto nel suo testamento che l’intero patrimonio – oltre al milione e mezzo in contanti anche un immobile in centro a Ravenna – sarebbe andato al figlio disabile; e alla morte di questi, all’opera di Santa Teresa a patto che lo continuasse a ospitare fino alla fine dei suoi giorni. La questione penale si è posta quando con quel danaro si è pensato di comperare un complesso di capannoni industriali di nuova fabbricazione alle porte di Ravenna. Nell’ottobre scorso è stato sottoscritto un preliminare di vendita con il proprietario, un imprenditore ravennate, tramite atto notarile firmato a Torino, particolare strano ma finora ininfluente forse legato a un’amicizia tra il notaio, già ascoltato, e uno degli indagati. È in questo contesto che il sessantenne disabile – tramite il suo tutore – ha elargito una caparra da 500 mila euro, il 30% del valore dell’immobile. La stipula era prevista per fine gennaio scorso. Ma alla Procura è parso strano che in ballo ci fosse una caparra di quella entità, definita da Mancini «atto di generosità anomalo». E così quando sono giunti gli atti del giudice tutelare, è scattata l’inchiesta.

Nei numeri, solo dopo la sottoscrizione del preliminare di contratto, ci si era posto il problema in merito al carico fiscale sull’immobile pari a 300 mila euro. Ciò avrebbe fatto innalzare la cifra totale a un milione e 800 mila euro. E qui si giunge al profilo del secondo indagato che in qualità di consulente aveva secondo l’accusa chiesto al giudice tutelare di Ravenna di potere fare un trust, cioè un’amministrazione fiduciaria che si occupasse di gestire direttamente il patrimonio: un po’ come se il testamento fosse già stato applicato. Ciò avrebbe consentito un risparmio d’imposta. Il complesso di capannoni sarebbe poi stato ceduto a cooperative vicine al Santa Teresa con canoni dai 75 mila ai 100 mila euro annui. Ma il giudice tutelare ha qui respinto la richiesta mandando le carte in Procura. La stipula è così saltata e il proprietario del capannone ha potuto tenersi legittimamente sia i 500 mila euro del compromesso che l’immobile stesso. «Nessuno intende certo contestare i meriti del Santa Teresa – e noi abbiamo indagato le persone fisiche e non quelle giuridiche. Ma quanto accaduto non ci sembra in linea con la tradizione cristiana e caritatevole dell’Opera».

Gazzetta di Modena

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