Il papa, gli omosessuali e la lobby nella Chiesa

Quando nel mese di giugno Papa Francesco si era espresso contro la lobby gay vaticana sembrava voler colpire qualche eminenza grigia che brigava nell’ombra. Al rientro dal Brasile è tornato sull’argomento chiarendo la sua posizione con una separazione condivisibile: una cosa è l’omosessualità, altra cosa è la lobby degli omosessuali. La differenza non è roba da poco. Ogni individuo ha il diritto di essere ciò che è senza dover temere il giudizio altrui, senza dover avere paura di essere scacciato né dalla società, né dalla Chiesa, la cui missione universale dovrebbe essere la difesa di chi soffre il peso di una condizione minoritaria, qualsiasi sia la sua origine. Ciò non significa che il Vaticano si batterà per la parità dei diritti (sarebbe assurdo visto che l’ordinamento giuridico ecclesiastico assegna persino alla donna un ruolo subalterno), ma si ammette la “diversità” con un impegno a non stigmatizzarla. Del resto, chi prende i voti rinuncia alla sessualità: essere uomo, donna o gay non conta di fronte alla scelta della castità che dovrebbe mettere a tacere la pulsione sessuale, qualunque essa sia. Nel corso dei secoli gli omosessuali si sono nascosti dietro l’abito talare per due ragioni fondamentali: 1) sfuggire alla gogna morale, conquistando un ruolo sociale inattaccabile; 2) tenere sotto controllo, per quanto possibile, la propria discordanza sessuale. Naturalmente, e questo vale anche per gli eterosessuali, non sempre si è riusciti a imporre alla carne il rispetto della castità.

La lobby, invece, ha un’altra natura. I preti, i vescovi e i cardinali omosessuali hanno compreso che, in una struttura di potere solo maschile, avrebbero potuto ascendere la scala gerarchica e occupare posizioni di rilievo usando il sesso come leva di dominio. Per spiegarmi meglio vi racconto una storia. Circa dieci anni fa un mio conoscente seminarista (oggi prete) – di cui conoscevo gli orientamenti sessuali – volle che lo accompagnassi in maniera discreta (ascoltando senza interagire) ad una riunione di “corrente”. Il luogo di ritrovo era un importante convento della provincia di Salerno. I partecipanti, tutti al di sotto dei trent’anni, si erano riuniti per decidere quale “tattica” attuare per ottenere una buona parrocchia o un incarico diocesano al termine del corso seminariale. La decisione finale fu perentoria: compilarono una lista di eminenze a cui offrire i loro favori sessuali in cambio di una collocazione prestigiosa. Quando andammo via i miei occhi lo guardavano in modo diverso. Non lo giudicavo né moralmente, né umanamente, tuttavia mi appariva come quelle donne che sfruttano la debolezza dei potenti per avere un vantaggio non meritato. Non si tratta di prostituzione ma di “olgettinismo”. Appresi allora dell’esistenza di una lobby – in cui non esistono vittime e carnefici – che aveva trasformato la “diversità” in un articolato meccanismo di potere temporale.

di Marcello Ravveduto – fonte: http://www.retelabuso.org/diocesi-di-salerno-seminaristi-e-giovani-preti-gay-si-prostituiscono-ai-monsignori-per-avere-assegnate-sedi-migliori/

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