Vaticano: ecco i devotissimi e i sospetti

Ora, come si suol dire in questi casi, sarà la giustizia a fare il suo corso, ma certamente lo sconcerto è grande. Paolo Gabriele, il maggiordomo di sua santità accusato di essere il corvo trafugatore di documenti riservati, è uomo devotissimo al papa, noto per la sua semplicità e i modi affabili. Sembra l’esatto opposto del cupo cospiratore desideroso di rimestare nel torbido e di spifferare all’esterno i segreti vaticani meno confessabili.
Chi lo conosce non riesce proprio a immaginarlo mentre preleva carte dalla scrivania del papa, esce dallo studio, percorre l’appartamento pontificio, raggiunge la fotocopiatrice più vicina e rimette accuratamente le carte al loro posto. Inoltre è difficile immaginare che a una tale attività possa essersi dedicata una persona sola.
Il giornalista Nuzzi, destinatario dei documenti riservati, ha detto che il corvo ha voluto agire per denunciare l’ipocrisia di tanti comportamenti vaticani e far capire quanto sia dura la vita di chi, dentro il Vaticano, prendendo alla lettera l’invito di Benedetto XVI, desidera che sia fatta davvero pulizia. Inoltre Nuzzi ha fatto capire che i corvi sono tanti, almeno una ventina, distribuiti tra uffici diversi. Può essere che il maggiordomo Paolo, desideroso di rispondere fattivamente alla richiesta di moralizzazione fatta dal papa, abbia deciso di collaborare, insieme ad altri, a un atto oggettivamente illegale (trafugare corrispondenza privata) in nome di un bene più grande (smascherare i corrotti e i sepolcri imbiancati). Tuttavia, è difficile sottrarsi all’impressione che il maggiordomo Paolo possa essere il classico capro espiatorio, anche perché è un laico, e si sa che nei sacri palazzi chi non porta la tonaca è meno tutelato.
In attesa degli sviluppi, suscita altrettanto stupore il modo in cui la Santa Sede ha liquidato il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, cacciato senza tanti complimenti perché non si sarebbe dimostrato all’altezza dei compiti assegnatigli dal papa e dal segretario di stato Bertone. Nel durissimo comunicato emesso dalla sala stampa vaticana si dice che Gotti Tedeschi non ha svolto «varie funzioni di primaria importanza per il suo ufficio».
In pratica, si sarebbe dimostrato un incapace. Ma, viene da chiedersi, possibile che per accorgersene ci siano voluti più di quattro anni? E com’è che il Vaticano se ne accorge proprio mentre è in corso la tempesta sollevata dalla fuga di notizie? E com’è che improvvisamente se ne accorgono tutti i membri del board che controlla lo Ior? Nel comunicato si dice che «i membri del Consiglio sono rattristati per gli avvenimenti che hanno condotto al voto di sfiducia». Da questa frase sembra di capire che, negli ultimi tempi, ci sono stati alcuni fatti specifici che hanno portato alla decisione unanime di allontanare il banchiere piacentino. Quali fatti? È immaginabile che lo stesso Gotti Tedeschi faccia parte, come qualcuno ha lasciato intendere, della schiera dei corvi? Anche Gotti Tedeschi, come Paolo Gabriele, è un devotissimo del papa, un uomo che per difendere il pontefice, e rispondere ai suoi ordini, è pronto a sacrificarsi senza battere ciglio.
Lo ricordiamo quando andò a trovare Benedetto XVI a Castel Gandolfo, dopo essere stato indagato per omissioni nell’applicazione della legge antiriciclaggio. La sua emozione era evidente, e il papa fu molto paterno quando lo accolse e lo incoraggiò ad andare avanti. Ben diverso invece il rapporto tra il banchiere e Bertone, specie dopo il netto no di Gotti Tedeschi alla scalata del San Raffaele, fortemente sponsorizzata dal segretario di stato. Ultimamente Gotti Tedeschi confidava agli amici: «Bertone si è messo di traverso lungo la via della trasparenza voluta dal papa e le sue frequentazioni in campo economico e finanziario sono tutt’altro che raccomandabili.
Inoltre il cardinale si occupa di cose di cui non capisce assolutamente niente». Lo scenario offerto oggi dal Vaticano è desolante. Da qualunque parte lo si guardi, emergono lotte intestine, litigi, ripicche, polemiche, divisioni. Un papa intellettuale e teologo, continuamene impegnato a mettere in guardia dalla «persecuzione interna » e da quelli che ha significativamente chiamato «lupi», regna su uno staterello che offre di sé un’immagine a metà fra il villaggio di lavandaie e il nido di vipere.
La confusione è totale, e la situazione è tale che il Vaticano non riesce a essere credibile nemmeno quando identifica un colpevole. Come ha fatto la commissione formata dai cardinali Herranz (83 anni), Tomko (88) e De Giorgi (82) a puntare il dito, nel giro di pochi giorni di indagini, contro il maggiordomo Paolo Gabriele? Può essere che i tre arzilli porporati abbiano preso lezioni dall’infallibile Padre Brown, il prete detective uscito dalla fantasia di Chesterton, ma può essere anche che si sia voluto trovare un colpevole in tempi rapidi e senza dover pagare un prezzo troppo alto in termini di immagine. Come se ci fosse ancora un’immagine da difendere.

europaquotidiano

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