Chi è il prete che i narcos vogliono uccidere
Alejandro Solalinde andrà via dal Messico, per un po’ di tempo: le minacce di morte che ha ricevuto lo preoccupano non poco. Ma alla sua missione, sia in senso della struttura che nel senso della sua vocazione, non ha intenzione di rinunciare. In un paese in cui i cartelli della droga fanno strage e tratta dei tanti immigrati che cercano fortuna oltre il confine americano, don Alejandro è forse uno dei pochi che cercano di parlare in maniera differente.
IN DIFESA DEGLI IMMIGRATI – E di difendere la vita e i diritti di questi uomini dimenticati da ogni Dio. Nel 2007 ha fondato ad Oaxaca, “snodo geografico cruciale per il traffico di immigrati” dice El Pais, un rifugio per immigrati che aiuta le persone che si mettono in strada. Con il tempo è diventato “una delle principali voci civili del movimento della Pace in Messico”. Ma ora, “per almeno tre settimane”, deve andare via. Una donna, alla fine di aprile, lo ha avvicinato mentre era ad un bancomat: “C’è un piano per ucciderti” gli ha detto, “hanno già pagato un killer”. Secondo don Alejandro è la quinta minaccia di morte che ha ricevuto in pochi mesi.
IL PIANO E’ PRONTO – Consigliato dalle autorità giudiziarie, da Amnesty International e dall’arcidiocesi Messicana, Soliande ha accettato di lasciare il paese per un po’ di tempo. “Ormai la mia vita è una partita a carte”, dice il prete. “E’ chiaro che ogni tentativo che fanno è un passo prima dell’esito finale, che è poi uccidermi. Ma il piano è pronto, loro sono qui, e ogni parola che dico potrebbe essere l’ultima”. Il sacerdote afferma di aver accettato di “farsi da parte” per qualche settimana, “per prudenza”, ma che il rifugio per gli immigrati “continuerà a lavorare per difendere i diritti umani”. Il suo tono è deciso: “Tornerò, mi dispiace, qualsiasi siano le condizioni. Non ho paura, ripeto: non ho paura”.
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