Lettera a Don Sante di don Franco Barbero

Caro don Sante,

prima di tutto voglio esprimere a te e alla tua comunità la mia più affettuosa solidarietà.

1) State decidendo insieme come muovervi, come proseguire il cammino o come porre la parola fine alla vostra esperienza. Questo metodo delle decisioni condivise è davvero prezioso.

E’ l’opposto dell’operato della curia che, com’è sua norma, procede senza ascoltare i fratelli e le sorelle di una comunità.

La struttura cattolica ha questa impronta autoritaria ed era prevedibile che l’intervento del vescovo, dopo la finzione del dialogo, si traducesse in un diktat. Se ricorrete in vaticano non dimenticate che vescovo e vaticano sono la stessa “società”.

2) Ora io penso particolarmente a te, a Laura, al bimbo. Penso che sia tanto difficile quanto necessario mantenere o ritrovare la calma.

I problemi sono tanti: la casa, il lavoro, la vita quotidiana. Non avendo mai avuto soldi dalla chiesa, conosco bene che cosa vuol dire vivere, pagare le bollette e sopravvivere.

Però è possibile… se non ti isoli.

3) Forse si tratta, se vuoi mantenere il tuo ministero, di prepararti ad una vera e propria reinvenzione del ministero.

Quando fui cacciato dall’insegnamento in seminario e successivamente lasciai la parrocchia, dapprima temetti di trovarmi in una desolata solitudine. Certo, l’istituzione ufficiale cattolica tentò di fare terra bruciata attorno a me, ma l’operazione non riuscì.

Ringrazio Dio ogni giorno del fatto che alcuni amici mi sostennero e iniziarono con me un piccolo cammino comunitario.

Riuscivo a stento ad arrivare a fine mese, ma stavo reinventando un modo nuovo di essere prete.

4) Capii allora che non dovevo perdere troppo tempo nella lotta antiistituzionale (che pure è doverosa per denunciare le patologie della struttura più che non i soprusi delle persone) e mi buttai a studiare, pregare, approfondire le conoscenze bibliche, storiche, esegetiche, ermeneutiche.

Coltivai una forte spiritualità biblica e mi radicai nella vita quotidiana in compagnia dei più deboli e dei più emarginati.

Sempre a corto di denaro, avvertivo però che davanti a me si apriva un terreno nuovo con nuovi amici ed amiche, con persone desiderose di nuovi sentieri di umanità e di fede.

La rabbia lasciò sempre più spazio alla costruttività e, superato ogni risentimento, mi sono sentito progressivamente più disponibile al cammino comunitario, all’incontro con le persone, alla gioiosa sperimentazione di un ministero “altro” che per me è molto più vasto fuori da uno canonico.

Oggi mi sento prete in una dimensione ecumenica e la gerarchia è l’ultimo mio pensiero.

Quando analizzo le strutture dell’oppressione gerarchica, mi sento lontano da ogni risentimento e, proprio per questo, più libero di lottare e lavorare in positivo.

5) Non ti ho scritto queste righe per darti consigli, ma per comunicarti una mia esperienza con la quale potrai, se vorrai, confrontarti.

Oggi sento che mantenere un forte ancoraggio nelle Scritture e aver coltivato in profondità la relazione con Dio e con le persone con cui si fa strada, mi ha permesso di non finire nella frustrazione, nella solitudine e nell’abbandono del ministero.

Con tutti i miei limiti, sono un prete felice che sente sopra la propria piccola vita il caldo sorriso di Dio e vivo in un intreccio di gruppi, di contatti, di impegni, di relazioni che davvero mi inondano il cuore.

Caro don Sante, sappi che ti sono vicino. Un forte abbraccio.

don Franco Barbero (fonte blog di don Franco Barbero)

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