Ernesto Balducci (di cui il 25 Aprile ricorre il ventennale della scomparsa) è stato un creativo e libero “testimone del tempo”

Ernesto Balducci (di cui il 25 Aprile ricorre il ventennale della scomparsa) è stato un creativo e libero “testimone del tempo”. Pienamente, “uomo del Novecento” e, insieme, originale anticipatore di temi del Terzo millennio. Non è semplice sintetizzarne il percorso e condensarne il messaggio. Di seguito il (temerario) tentativo di una lettura per “parole chiave”.

Amiata. E’ la “terra delle radici”. Balducci vi nasce nel 1922, a S. Fiora, in una famiglia di minatori, in un villaggio in cui si vive “fra miseria e povertà”. Un mondo che non viene mai guardato con rimpianto e nostalgia. Ma di cui, nei bellissimi scritti raccolti ne “Il Sogno di una Cosa”, vengono colte la dimensione di profonda umanità e le istanze di rinnovamento sociale. L’ottocentesco “profeta degli ultimi” David Lazzaretti, i “martiri di Niccioleta” (decine di minatori fucilati dai nazisti per aver difeso il loro luogo di lavoro dai tedeschi in ritirata, che minacciavano di farlo saltare con l’esplosivo), il fabbro anarchico Manfredi (presso cui il futuro padre scolopio aveva lavorato come giovanissimo apprendista) costituiscono una trama di rimandi simbolici che stanno alla base della biografia spirituale di Balducci. Che non mancherà di ricordare di aver incontrato i valori e le beatutudini del Vangelo, assai più che nelle aule dei seminari, fra la povera gente della sua “tribù” amiatina.

Concilio. Anche nel grigiore dell’inverno, ricorderà Balducci con la forza delle immagini, non bisogna mai disperare della Primavera. Il Concilio Vaticano II (indetto nel 1962) è, per lui, la Primavera della Chiesa. Una stagione che egli si troverà, per curiosa coincidenza della vita, a vivere da vicino trovandosi, in quegli anni, a Roma in “esilio”, lontano dalla “sua” Firenze, da cui era stato temporaneamente allontanato per volontà della Curia. Secondo la sua ricostruzione, mai ci fu esilio più provvidenziale. Venuto a contatto con il fior fiore della teologia “progressista”, Balducci si farà alfiere della più radicale fedeltà al rinnovamento conciliare ed al dialogo fra chiesa e mondo contemporaneo.

Dialogo. E’, forse, la vera e centrale “parola chiave cui far riferimento. Nel tempo della “guerra fredda”, dei “muri” ideologici fra forze politiche contrapposte, il messaggio balducciano pone a suo riferimento la “cultura del dialogo” fra diversi. Il tentativo è quello di gettar ponti là dove sono separazioni e barriere. Balducci è tipico “uomo di frontiera” in un percorso che si muoverà su più piani, al limitare fra fede, cultura, impegno politico e civile.

Esodo Il “Diario dell’ Esodo” è uno dei libri-capolavoro di Ernesto Balducci. E l’Esodo, dal punto di vista religioso, culturale e civile è molto più di una metafora. E’ immagine, che direttamente ci interpella, del passaggio dalla terra della schiavitù alla terra della libertà.

Firenze. La vicenda di Balducci è incomprensibile al di là del contesto e da una certa epoca storica di Firenze. Che è la sua città elettiva (anche se territorialmente, dopo il 1964, richiamato da Roma, dovrà viverne formalmente ai margini, nella, peraltro incantevole, Badia Fiesolana: in questo ambito, un fondamentale “luogo simbolo”). Firenze, città-mondo, culla dell’umanesimo e crocevia di culture, è sede negli anni cinquanta-sessanta di un particolarissimo fervore che anima il “mondo cattolico” (con La Pira, Don Milani, Don Facibeni.), ma anche gli ambienti della sinistra marxista e quelli laico-socialisti (si pensi a figure come Luporini o Enriques Agnoletti). Libero “allievo” di La Pira, Balducci verrà da lui definito come “il prete meno clericale che io conosca”.

Giovanni XXIII. Eletto come “papa di transizione”, avvierà una svolta epocale. E’ il papa del Concilio e dell’inedito dialogo fra chiesa e modernità. Simbolo per eccellenza dell’imprevista primavera ecclesiale, amatissimo da Balducci, che a “papa Giovanni” dedica uno dei più popolari fra i suoi scritti. Se vuoi la pace prepara la pace E’ la serie dei convegni “per la pace” promossi da “Testimonianze” a partire dal 1981 nel tempo della contrapposizione Usa-Urss, della politica “muscolare” dell’ America di Reagan e della “stagnazione” “brezneviana” all’interno del Blocco sovietico. I temi del disarmo nucleare (in un contesto in cui gli arsenali atomici avevano un cumulo di armi capaci di distruggere 7 volte il pianeta), del Nord-Sud, dei diritti umani animeranno per tutti gli anni ottanta (e poi, nei primi anni novanta, con i “Colloqui europei”) incontri affollatissimi, percorsi da un animato dibattito “plurale”. Non era un pacifismo generico, quello di Balducci. Che, per se stesso, prediligeva la definizione di “uomo di pace”. Al ricordo e all’attualità di una lezione “Testimonianze” (il prossimo 23- 24 Novembre) dedicherà, a Firenze, un incontro che si intitolerà, come quelli di una volta, “Se vuoi la pace prepara la pace”. Vi si parlerà di memoria della guerra nella ex- jugoslavia, di rivoluzioni mediterranee, di nuovi diritti di cittadinanza. Terra del tramonto E’ il titolo emblematico di uno degli ultimi libri di Balducci. Una riflessione sull’Occidente, sulla sua storia, il suo destino, le sue contraddizioni. “Terra del tramonto” è l’Occidente. Storicamente, un “Giano bifronte, che ha prodotto illuminismo e diritti umani, ma anche colonialismo e cultura della dominazione.
“Testimonianze” Nata nel lontano 1958, su iniziativa di Ernesto Balducci (che ne è stato fondatore, insieme a Lodovico Grassi, a Mario Gozzini e a Federico Setti), la rivista “Testimonianze” (diretta prima da Danilo Zolo, poi da Luciano Martini, da Lodovico Grassi e oggi da chi scrive) si è proposta, con un’impostazione laica non disgiunta dalla fedeltà alle radici cristiane, in tutte le sue fasi, come strumento della cultura del dialogo e spazio di condivisione fra credenti e non credenti. Al suo fondatore la rivista (che viene tuttora pubblicata, a Firenze ) ha dedicato un volume speciale, appena uscito ed intitolato: “Sul crinale della storia. A confronto con Ernesto Balducci 20 anni dopo”.

Uomo planetario Quello dell’ “uomo planetario” è il tema-principe dell’elaborazione dell’ “ultimo Balducci”. Se siamo nel tempo del “villaggio globale” e dell’interdipendenza delle relazioni culturali, economiche e sociali, tutte le identità sono chiamate a rimettersi in discussione. Culture e religioni, in modo particolare, sono chiamate a confrontarsi non sull’ asse verticale dei loro riferimenti teologici o filosofici ma sull’asse orizzontale della comune premura per la dignità dell’ uomo.

Utopia Ostinatamente “fedele ad un sogno impossibile”, Ernesto Balducci, esprime un pensiero in cui le risonanze di carattere utopico sono evidenti. Come in quello del neomarxista Ernst Bloch, teorico del “principio speranza”. Per Balducci, come per Bloch, “l’unico tempo degno dell’uomo è il futuro.

Vangelo. Sostenitore fermo della laicità, dell’ immersione nella “polvere della storia” e dell’impegno comune nel nome dell’uomo di credenti e non credenti, Ernesto Balducci ha detto peraltro di non essersi mai discostato dall’ “asse evangelico.. E’ la sintesi di un intero percorso di vita. Che trova il suo senso ed il suo compimento in una radicalità che è quella stessa del Vangelo.

globalist.it

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