Il Vescovo di Ascoli Piceno ha celebrato al Convegno dei preti sposati di Vocatio

Il Vescovo di Ascoli Piceno ha celebrato al Convegno dei preti sposati di Vocatio

dalla pagina facebook di don Giovanni D’ercole

Ieri sera ho celebrato la santa messa a Roma nell’incontro di preti sposati che riflettono su come potersi mettersi al servizio della Chiesa. E’ l’avvio di un dialogo informale che da parte mia è stato ascolto e preghiera. Certamente occorre tanta pazienza e buona volontà. Ci sono sacerdoti che per varie ragioni lasciano il ministero. Alcuni li condannano a prescindere, altri ritengono che hanno fatto la scelta migliore, altri e tra questi anche il sottoscritto, si fermano a dialogare e a cercare insieme per capire cosa il Signore chieda alla Chiesa in questo nostro tempo di grande cambiamento. Un dato è certo: ci sono tanti fratelli sacerdoti, giovani e anziani, che scelgono a un certo punto di lasciare il ministero e si avviano per altri sentieri, ma molti di loro desiderano ardentemente continuare a servire il vangelo e al Chiesa. Che fare? Mi hanno invitato e sono andato e sono contento di averli ascoltati e di aver pregato con loro. Ecco di seguito l’omelia che ho preparato per questa occasione.Omelia al Convegno: “Preti sposati per una Chiesa in cammino”
(Roma, Albergo Casa Tra Noi, 25 marzo 2017)

1. “Sono tutti qui i giovani?”, chiede Samuele a Jesse. Veramente, gli risponde Jesse: “rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge”, e Samuele gli rilancia: “Manda a prenderlo”. E sarà proprio lui, il minore dei figli, il meno importante, a essere scelto. Il Signore ordina a Samuele: ”Alzati e ungilo: è lui”. La prima lettura ci racconta così la scelta di Davide e la sua consacrazione a re di Israele. La logica di Dio non collima con quella degli uomini e anche quest’episodio ci conferma che le scelte divine sono spesso, quasi sempre, in controtendenza rispetto alla logica umana. Dobbiamo abituarci a non interpretare la volontà divina secondo schemi per noi ovvii, ma a ricercarla con umiltà e pazienza, sempre disposti a essere guidati verso lidi non previsti dalla nostra navigazione umana e spirituale. Una cosa è certa: la storia è a conduzione divina e, per quanto avventuroso e incidentato sia il percorso della vita, sono mani e braccia invisibili a recarci alla meta. Guardiamo alla nostra esperienza di preti: a prima vista la scelta presbiterale appare un segno di “altezza” e di elezione, mentre Dio sorprende eleggendo la nostra piccolezza e fragilità; scrive dritto su righe storte e anche quando sembra spezzarsi, una vita sacerdotale può diventare in modo misterioso sacramento di Cristo. Dio non sempre soddisfa le nostre attese, e però non ci fa mancare mai quello di cui abbiamo bisogno.

2. Mi sono domandato che cosa potrebbe suggerire la prima lettura, tratta dal Primo Libro di Samuele, a questo nostro incontro di preti sposati che s’interrogano sul contributo che possono offrire alla Chiesa in cammino. Incontro che scaturisce dall’amicizia che mi lega ad alcuni di voi e che ci siamo incontrati più di un anno fa in casa mia ad Ascoli Piceno. Una serata trascorsa tra vecchi amici, nel corso della quale è nato il desiderio di recuperare uno spazio di ascolto, nel contesto del Giubileo della Misericordia, per presbiteri che lungo il loro cammino hanno scelto per varie ragioni un sentiero diverso. Abbiamo così deciso di rivederci in maniera informale ad Ascoli per prendere parte a un’Eucaristia domenicale in cattedrale e celebrare, insieme ai fedeli ascolani, il giubileo di “preti sposati”. Un modo per offrire a preti, che si sentono emarginati, l’opportunità di varcare la Porta della Misericordia con un pastore che senza ufficialità li accoglie nell’unico intento di far sentire a ciascuno la tenerezza del Padre celeste. Il terremoto ha infranto questo progetto e la Provvidenza ci ha condotti oggi a concretizzare quel primitivo desiderio in un contesto sicuramente diverso, in un luogo differente. Resta lo spirito del primo incontro, almeno da parte mia, lo stesso intento e la stessa fraterna amicizia. Permettete quindi che vi abbracci tutti con affetto e stima. Qualcuno ha interpretato questa mia presenza caricandola forse di un significato che va oltre le nostre intenzioni, mentre molti mi hanno manifestato la loro simpatia, segno che esiste reale attenzione verso di voi, fra i vescovi, i sacerdoti e nelle nostre comunità, anche se non si può impedire che qualcuno fatichi ad accettare l’idea che un presbitero lasci il ministero. E su questo tema, personale ed ecclesiale, si apre ormai una riflessione, che chiede un dialogo non superficiale, ed esige paziente saggezza umana, illuminata dalla luce dello Spirito Santo. Cari fratelli, voi non siete un problema nella Chiesa ma una risorsa, ma se anche foste un problema, occorre che diventiate un’opportunità.

3. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”. Il ritornello che anche voi, tante volte, avete invitato la gente a cantare, oggi risuona come incoraggiamento a fidarsi di Dio. Anzi ad affidarsi con docilità al buon Pastore che, per recuperare la pecora smarrita, è disposto a lasciare le novantanove nel sicuro recinto. Che spettacolo di grandezza e bontà divina compassionevole e misericordiosa! Come si fa a non trovare pace fra le braccia di un Dio che ci ama come siamo e ci giudica con la logica del suo amore! Consapevole di questo, cerco di non resistere alla sua tenerezza e mi sforzo di lasciare che la strada la tracci Lui, che vede dall’Alto un panorama più vasto della realtà. Penso che la stessa cosa avvenga per ciascuno di voi. Quante sono le aspirazioni che animano la vostra coscienza e quali desideri ardono nel vostro cuore! Non tocca certamente a me dare risposte e non sarei nemmeno in grado di farlo. Sono però certo che un cammino si sta aprendo nelle nostre comunità, anche se non so dove ci condurrà. Dio scrive in prima persona i suoi progetti e li realizza attraverso uomini docili alla sua volontà. Pertanto mi sembra che questo sia il tempo dell’attesa e della preghiera fidando nella divina Provvidenza che non abbandona nessuno dei suoi figli; è l’ora dell’ascolto fraterno senza preconcetti né forzature. E’ il momento propizio per cercare di capirci, accettarci, riconciliarci, se necessario perdonarci, per stimarci e volerci bene. La mia visita, che ho voluto fosse nel contesto della celebrazione liturgica, questo intende dirvi, avvalorando il tutto con la preghiera, e prometto che continuerò a starvi accanto per ascoltarvi e condividere le vostre attese e sofferenze, aspirazioni e speranze. Permettete che ripeta insieme a voi un grido del salmo responsoriale che in momenti difficili e sofferti mi è di forte sostegno: “anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché, Signore, tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”. Più lascio crescere nel mio intimo la fiducia in Dio, meno mi sento schiacciato dalle prove talvolta angoscianti e scoraggianti. Il Signore è veramente il buon Pastore e con lui nulla può mancarci! La fiducia in Lui è la nostra continua risorsa.

4. “Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo t’illuminerà”. A questo punto viene in aiuto alla nostra riflessione l’esortazione di Paolo agli Efesini, che ci riporta all’essenziale, al punto focale della nostra storia. Risorgere dai morti per noi significa tornare al primo amore, all’abbraccio entusiasta con Gesù Cristo, morto e risorto. E’ da lui che riparto – scusate se parlo di me – quando sento di dovermi rimettere in asso perché sballottato da avversità reali o apparenti, da difficoltà e inquietudini. Mi torna in mente spesso la canzone del mio amico Franco Califano (morto il 30 marzo 2013): “Tutto il resto è noia”. “Tutto il resto è noia – cantava – non, non ho detto gioia ma noia, noia, noia, maledetta noia”. Non trovate qui la metafora di qualsiasi storia d’amore senza l’amore, animata dalla passione che infine inevitabilmente si spegne e poi tutto ciò che resta è veramente solo noia? A me pare che questa è la condizione in cui rischia di trovarsi il cristiano, triste e privo di ottimismo, con uno sguardo nero su tutto e su tutti. Papa Francesco impronta il suo pontificato sulla coraggiosa proclamazione del vangelo della gioia e vuole che la gioia del vangelo permei la vita di tutti coloro che si proclamano discepoli del Risorto. Oggi è la domenica della gioia, che anticipa, a metà del cammino quaresimale, la letizia pasquale. Gioia che convive con il dolore, che non teme le piccole e grandi controversie quotidiane; gioia che non si lascia spegnere dalle paure presenti e future, che è dono e conquista; gioia infine che non è semplice sentimento o stato d’animo, ma una persona, anzi Dio stesso: Gesù è Vangelo di speranza e di pace per chi lo accoglie e lo segue senza compromessi. Alla luce della gioia evangelica prendono senso e persino valore le vicende problematiche che intrecciano le nostre esistenze, le inquietudini che si agitano nel nostro animo. Un saggio padre spirituale a noi giovani inesperti seminaristi insegnava che quando un problema affossa la pace e la serenità, vuol dire che qualcosa dentro di noi non funziona, e occorre pertanto subito rimettersi in sintonia con la sorgente. San Paolo agli Efesini dice: “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore”. Come dire: sapete da dove potete ripartire e dove è possibile riaccendere la fiamma del primo amore.

5. E arrivo così alla pagina del vangelo di Giovanni che oggi la liturgia propone alla nostra meditazione. Gesù ridona la vista a un cieco dalla nascita: andò, si lavò nella piscina di Siloe e tornò che ci vedeva. Attraverso gesti che richiamano le realtà sacramentali, possiamo intravedere qui la storia di ciascuno di noi, entrati ciechi nelle acque battesimali e risorti a vita nuova, illuminati dalla luce pasquale. E’ Pasqua il giorno della nostra rinascita e verso questo mistero c’incamminiamo ormai a grandi passi. Vorrei augurare che le prossime feste pasquali siano per tutti occasione d’incontro rinnovato con la luce vera che squarcia le tenebre del dubbio e delle fragilità; luce che riaccende la speranza anche negli animi più disamorati. Luce che ci permette di vedere la realtà con occhi nuovi, con lo sguardo di Dio. Questo è l’auspicio che condivido con ciascuno di voi. E, mentre mi avvio alla conclusione, sento risuonare nel cuore la domanda finale che il Cristo rivolge al cieco sanato:” Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. E la sua risposta: “Credo, Signore!”. Conclude l’evangelista: “E si prostrò dinanzi a lui”. In due parole la storia di una vita: riacquistata la vista quest’anonimo personaggio biblico china il capo e adora Cristo. Da qui riparte la sua storia, ben diversa dal passato perché illuminata dal dono di una nuova vista. Avviene così per ogni persona che incontra realmente Gesù: non importa quel che farà perché ha trovato la Via. E il resto? Verrà con il tempo e non sarà certamente noia, ma gioia. Amen!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Traghettilines BOMPIANI 1+1 Abbonanti ad un 2024 di divertimento - Mirabilandia Pittarello - Saldi fino al -70% Frigo vuoto e voglia di vino? Te lo consegniamo in 30 minuti alla temperatura perfetta! Duowatt - Banner generici con logo Tekworld.it Bus Terravision Aeroporto Milano Malpensa Plus Hostels Transavia 2021 Radical Storage Bus notturno Fiumicino Aruba Fibra veloce Hosting Aruba - Scopri di più