Preti pedofili servono più fatti e meno parole. Vaticano riaccolga i preti sposati

Papa Francesco, fai presto

«Diego Esposito» (nome di fantasia), guardia giurata napoletana, dal 2010 denuncia gli abusi subiti decenni prima dal prof di religione, don S.M.; i suoi appelli alla giustizia canonica – per quella ordinaria il caso è prescritto – cadono praticamente nel vuoto. Oggi riporta alla luce il suo caso con una nuova denuncia: rivolta al Papa, è la prima al mondo che fa appello alla recente lettera Come una madre amorevole, con cui Francesco sancisce la rimozione dei vescovi negligenti nel gestire i casi di abusi sessuali dei sacerdoti, e chiama in causa il cardinal Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, «per negligenza grave».

Potrebbe sembrare un caso-svolta: è invece, per ora, «un caso come tanti, con una denuncia che la Curia liquida come inattendibile», spiega il giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi. Il suo Lussuria (uscito il 19 gennaio, ha già venduto 10 mila copie) raccoglie decine di casi come quello di «Diego». In Italia, negli ultimi 10 anni, sono più di 200 i sacerdoti indagati o condannati per reati sessuali su minori.

Sono circa 1.200, invece, le denunce di questo tipo da tutto il mondo considerate «verosimili» dalla Congregazione per la dottrina della fede, negli ultimi 2 anni. «Un numero che non comprende, ad esempio, Diego e chissà quanti. Ma che dal 2010, grazie anche al caso Spotlight e al terremoto che ha coinvolto le Chiese cattoliche dei Paesi anglosassoni, è più che raddoppiato. Questa sì è una svolta: in Australia, raccogliendo 4.440 denunce, la Royal Commission ha appena stimato che 1.880 sacerdoti in 60 anni, cioè il 7% del clero australiano, siano stati coinvolti in casi di pedofilia. In Italia, e in Paesi di tradizione cattolica, i casi che vengono alla luce sono ancora molti meno».

Perché?
«C’è omertà. Ma soprattutto i vescovi non sono obbligati dalla legge a denunciare i casi di abuso che vengono loro segnalati. Nemmeno il Vaticano li obbliga. E le cause dei tribunali diocesani sugli atti contra sextum sono “sub segreto pontificio’’».

Oltre alla lettera, il Papa di recente ha chiesto scusa per i preti pedofili. Nel suo saggio, però, lei è molto severo con la «linea dura» di Francesco sul tema.
«Il pontificato è iniziato da poco, e il Papa è anche custode dell’unità della Chiesa: non può procedere per strappi. Ma contesto i suoi proclami, la sua pubblicità. La Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che ha voluto nel 2015, finora ha fatto poco o nulla. L’arrestosimbolo dell’arcivescovo Józef Wesolowski, che da nunzio a Santo Domingo frequentava bordelli di bambini, è stato sì il primo nella storia, ma alle richieste di estradarlo la Santa Sede si è opposta. Dei nove cardinali più vicini a Francesco, tre sono insabbiatori: l’hondureño Óscar Rodríguez Maradiaga, che ha ospitato per mesi un prete pedofilo ricercato dall’Interpol; Francisco Errázuriz, che per anni ha ignorato denunce; l’australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, che ha gestito il caso dei pedofili australiani».

Ma perché il cambio di rotta è così difficile?
«Chi c’è in queste 1.200 denunce? Fare luce sarebbe un danno d’immagine gigantesco. E non solo: in America, per pagare risarcimenti miliardari, alcune diocesi hanno dovuto vendere tutti gli immobili».

La lettera Come una madre amorevole cambia qualcosa?
«No: la rimozione dei vescovi negligenti era già prevista.

vanityfair.it

Servirebbe un tribunale interno per gli insabbiatori; più trasparenza. I vescovi dicono spesso che la segretezza serve alla privacy delle vittime.
Allora perché il comunicato della Curia sul caso Esposito è il solo documento a riportare il suo nome vero?».

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