Prudenti aperture del Papa ai divorziati risposati e in genere agli irregolari

C’è una frase del Concilio Vaticano II che risponde in anticipo ai “dubia” dei 4 cardinali ultraconservatori che stanno attaccando Papa Francesco per le sue prudenti aperture ai divorziati risposati e in genere agli irregolari: “…dove è interrotta (testo latino “abrumpitur”) la intimità della vita coniugale”, quindi è interrotto il compimento degli atti coniugali.

“Non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli… l’educazione… il coraggio di accettarne altri”.

Le parole della Gaudium et Spes toccano il nodo della questione della comunione ai divorziati risposati, dalla quale la “Familiaris consortio” di Giovanni Paolo II sembrava averli di fatto esclusi  in quanto non la consentiva a coloro che “non vivono come fratello e sorella”. Papa Francesco, invece, riammette ai sacramenti “caso per caso” i divorziati che lo desiderano, che sono invitati a verificare con un sacerdote la loro crescita spirituale nella nuova coppia che hanno formato.

La riformulazione della regola per i divorziati

A difendere questa linea, che scaturisce da due Sinodi (2014 e 2015) preceduti entrambi dai questionari che hanno interpellato ogni comunità cristiana del mondo, è il presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, il cardinale Francesco Coccopalmerio, per il quale la regola oggi deve essere riformulata così:

“qualora l’impegno di vivere come fratello e sorella si riveli possibile senza difficoltà per il rapporto di coppia, i due conviventi lo accettino volentieri; qualora invece tale impegno determini difficoltà, i due conviventi sembrano di per sé non obbligati, perché verificano il caso del soggetto del quale parla il documento di Papa Francesco con questa chiara espressione: ‘si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa’”.

Nella sua esortazione apostolica, in effetti il Papa fa cenno in proposito alla stessadottrina di San Tommaso sulla imputabilità delle colpe, che non è mai automatica, quando scrive: “La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti”.

Il ruolo della chiesa e “tenere conto dei singoli casi”

Nel suo commento al capitolo ottavo di Amoris laetitia (pubblicato in un volumetto dalla Libreria Editrice Vaticana, il cardinale Coccopalmerio ricorda in particolare che “un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta”. “Nel contesto di queste convinzioni, considero molto appropriato – scrive – quello che hanno voluto sostenere molti Padri sinodali: ‘In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso.[…] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi’”.

“Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi – scrive Papa Francesco nell’esortazione Amoris laetitia, e ribadisce con forza il cardinale giurista – ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano”.

I limiti della norma generale, e l’esempio del vecchio frate

“Perla e chiave di lettura dall’Esortazione rimane – osserva Coccopalmerio, che è stato ausiliare del cardinale Martini a Milano – la considerazione secondo la quale la norma generale non può rendere ragione di tutte le circostanze particolari di vita di una persona, ma che ‒ conclude citando san Tommaso ‒ più si scende nel particolare, tanto più aumenta l’indeterminazione”.

Dunque c’è da prendersi qualche responsabilità. In primis dovranno farlo gli sposi stessi e in seconda battuta i confessori che debbono dare loro l’assoluzione, se è possibile. Sforzandosi di capire le ragioni di ciascuno. “Con manica larga”, come ha esortato spesso Bergoglio ricordando quel padre cappuccino che a fine giornata si interroga se non abbia assolto troppi peccati. “Gli ho chiesto – ha raccontato Francesco – ‘e cosa fai quando senti questo?’. ‘Vado dal Signore in cappella, davanti al tabernacolo e gli dico:‘Credo che ho perdonato troppo, ma stai attento, perché sei stato tu a darmi il cattivo esempio’“.

agi

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