Terroristi o psicopatici? È questo il nuovo topos su cui si arrovella il pensiero dicotomico, quello che alimenta i dibattiti mediatici perché ragiona per aut-aut e opta sempre per uno dei due corni del dilemma

Terroristi o psicopatici? All’indomani della strage di Nizza è questo il nuovo topos su cui si arrovella il pensiero dicotomico, quello che alimenta i dibattiti mediatici perché ragiona per aut-aut e opta sempre per uno dei due corni del dilemma. Era un jihadista o uno squilibrato il bisessuale che ha colpito a Nizza? E il profugo afghano che ha aggredito a colpi d’ascia i passeggeri di un treno in Germania? E l’omosessuale represso autore della strage di Orlando? Erano psicopatici, risponde una parte dell’opinione pubblica, ipercorrettista, e con ciò rischia di scagionare l’islam oltremisura rubricandolo come religione di pace per essentiam. Jihadisti, ribatte l’altra parte, islamofoba, convinta che l’islam sia comunque palestra di violenza e obbrobrio.

«Terroristi o psicopatici? Come se si trattasse di scegliere tra i due», ha dichiarato Bernard Henry-Lévy, saltando d’un balzo le paludi del pensiero dicotomico. I terroristi sono sempre psicopatici, come lo erano le SS, ha però aggiunto. Così, nel tentativo di salvare entrambi gli estremi della dicotomia, la sua sintesi ha finito per identificarli ora et semper, e questo non regge alla prova storiografica. Negli anni in cui le Brigate Rosse colpivano magistrati, politici, industriali e forze dell’ordine, nessuno si chiedeva se i brigatisti fossero terroristi o psicopatici. Quella dei Br era ancora una ferocia selettiva e lucida, che almeno distingueva tra i cittadini comuni da un lato, e i detentori del potere dall’altro, decidendo di colpire solo questi ultimi. Questi distinguo i terroristi islamici non li hanno mai voluti fare, uccidendo sempre all’ingrosso, mandando al macello il cristiano e l’ebreo, il credente e il non credente, militari e civili, sunniti tiepidi e sciiti apostati. Molto più simili in questo, ai nostri terroristi neri, strateghi della tensione, che piazzavano bombe nelle banche, sui treni, nelle piazze per massimizzare la carneficina. In confronto ai jihadisti, i Br, per quanto spietati, paiono quasi terroristi etici. Assassini delicati, direbbe Albert Camus.

Ciò che ripugna, però, nell’iperviolenza islamica, e che spinge a chiamare in causa la psichiatria, è quest’uso barocco del sangue, la crudeltà gridata, sguaiata, da delirio orgiastico, dei jihadisti, sia quelli più strutturati che i self-made terrorist che occupano la scena ultimamente. Ricordano le baccanti euripidee, che nel loro furore dionisiaco puniscono tutti coloro che non hanno creduto in Dioniso: rapiscono bambini, devastano villaggi, squartano mandrie di mucche e fanno a pezzi Penteo. Come non vedere nelle baccanti islamiche, nella loro lussuria del sangue, il punto esatto in cui la religione si sbraca nella follia? L’alienazione mentale e l’essere in alio della personalità religiosa possono ben compiere un tratto di strada assieme. C’è un luogo sepolto in cui la nevrosi individuale si sposa con la psicopatia potenziale incistata in ogni religione, pagana o monoteistica che sia, e al-Baghdadi lo ha riportato alla luce. Come il demonio Pazuzu dissotterrato in un sito archeologico dell’Iraq che nell’Esorcista di Friedkin si impianta in una casa borghese di Washington, si impossessa della bimba innocente, devastandola, e sconvolge il razionalismo ateo di sua madre.

È chiaro ormai che il pensiero dicotomico non ci sta aiutando né a capire né a fronteggiare l’aggressività islamista, che è dicotomica anch’essa nei suoi rudimentali schematismi (credente-miscredente, puro-empio), ma assai flessibile nelle strategie, proteiforme e disinibita nella scelta dei mezzi. Un pensiero eclettico, anfibio, è quel che ci vorrebbe. Un pensiero meridiano, come lo chiamava Camus, capace di tendersi tra poli opposti, laddove il pensiero duale si pietrifica su uno solo dei termini delle tante diadi che il ritorno dell’arcaismo ci sbatte in faccia: jihadismo o mitomania? Sicurezza o libertà? Incolpare o discolpare l’Islam? Dinanzi all’iperviolenza di Achille che scempia il cadavere di Ettore forandone i tendini e legandolo al suo carro per trascinarlo intorno a Troia, ricordiamoci dell’astuzia di Ulisse, “uomo dai molti percorsi”, quelli reali dei suoi tanti viaggi, ma soprattutto quelli mentali del suo genio versatile e ambiguo.

MicroMega

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