La confessione del prete “scomodo” favorevole ai preti sposati

Al compimento dei 75 anni, l’anno scorso, aveva dato le dimissioni, procedura di rito, per un sacerdote. Quest’anno, le ha confermate.
«Mi hanno chiesto di restare perché la situazione non è rosea. Ho dato un termine: Pasqua 2017, poi chiudo, ho ancora progetti».
Parla don Giacomo Tolot, un prete scomodo, un prete “di frontiera”. Parla a 360 gradi, il decano dei parroci di Pordenone, sia di nomina sia di età. Originario di Meduna di Livenza, è a Vallenoncello dal 17 aprile 1988, prima era stato a Orcenico “di Sotto”, Pasiano e Torre. Contro la guerra in Serbia rimase 78 giorni dentro una tenda, davanti alla Base di Aviano. Nel 1967 fu il primo a introdurre le chitarre a messa: il vescovo lo richiamò, ma la chiesa si riempì di fedeli. Venne licenziato da insegnante. Ride e dice: «Scorretto e linguaggio volgare». Scuote la testa, tenendo tra le mani il libro di Francesco Comina “Monsignor Romero, martire per il popolo”.
Non le ha mai mandate a dire. Le verità scomode le sono costate?
«Costano, ma non ho mai mancato di rispetto ad alcuno, che sia ben chiaro. A volte ho provato un certo senso di emarginazione: sul fatto che sono qui da quasi trent’anni mentre tutti gli altri parroci sono cambiati… Probabilmente diranno: lì lo conoscono».
E lo sopportano?
«Beh, speriamo di no. Non sono mai stato interpellato dagli organi ufficiali della dioocesi su problemi ecclesiastici, sociali, religiosi. Mai».
Non le ha fatto male?
«No. Quando prendi una determinata posizone devi mettere in conto anche questo. Essere chiari e non volere critiche sarebbe come gettarsi sul Noncello e non volere bagnarsi. Questo mi fortifica»
Si sente comunista?
«Dipende che cosa intende per comunista. Se comunista come papa Francesco dico sì. Seguo il vangelo. Ho conosciuto centinaia di giovani – per 44 anni li ho portati in montagna, già dal 1969 quando ero a Torre –. Ora sono adulti e quelli impegnati lo sono in tutto l’arco costituzionale. Tentarono di dire che plagiavo i ragazzi, ma non sono riusciti a dimostrarlo».
Il papa che ha apprezzato di più?
«Decisamente Francesco, ma anche Giovanni XXIII e i primi anni di Paolo VI».
E quello che l’ha delusa?
«Wojtyla, il papa dell’accentramento e della restaurazione».
Papa che hanno fatto santo.
«Vabbè».
Chi sono i santi?
«Gente che ha vissuto in un contesto, che se vivesse oggi si comporterebbe in maniera diversa, nelle cose pratiche. Bertold Brecht, in Vita di Galileo, disse: felice il paese che non ha bisogno di eroi. I santi rientrano in un disegno del fare emergere una determinata tendenza. Gli ultimi papi sono stati canonizzati tutti. È la “papalatria”, che Wojtyla ha portato al massimo».
Vedo un quadro di Madre Teresa di Calcutta…
«Ospitavo un albanese con una borsa studio. Come segno di rispetto, al termine del progetto, me l’ha donato e come segno di rispetto l’ho appeso. Madre Teresa è stata una grandissima donna, ma non ha mai urtato i potenti del mondo. Si avvera ciò che disse il vescovo brasiliano Dom Hélder Câmara: se do da mangiare ai poveri mi dicono che sono un santo. Se mi chiedo perché ci sono sempre i poveri che hanno bisogno di essere sfamati mi dicono che sono comunista».
È uno dei pochi parroci che si è preso cura dei profughi.
«Non ho mai fatto paragoni».
Su 188 parrocchie, una manciata hanno aperto le porte.
«Lo dite voi».
Non si sente una mosca bianca?
«Tento di fare sempre cose che tutti possono fare. Lo faccio con intento pedagogico, perché non si potrà dire “non posso” ma “non voglio” fare. Non mi sento un eroe».
Debora Serracchiani?
«Mi ha fortemente deluso sull’accoglienza agli immigrati. Do un voto insufficente, non giudizi categorici. Ormai destra e sinistra sono confuse».
Sergio Bolzonello?
«Come sindaco di Pordenone mi sembra che abbia fatto bene. In Regione ha dovuto accodarsi, anche alla crisi del Pd».
Matteo Renzi?
«Vuole rottamare?
È dispregiativo e poco rispettoso, troppo sicuro. Che cosa ha di sinistra? Fa quello che ha fatto Berlusconi, non mi entusiasma».
Il suo premier ideale?
«Bersani: è quello che ha le palle più quadrate. Ha una preparazione e personalità solide, con lui ci si può confrontare. Ma non D’Alema, da quando autorizzò la guerra in Bosnia, via».
Alessandro Ciriani?
«Non lo conosco».
La destra ora governa Pordenone.
«Della destra mi preoccupano la politica dell’immigrazione, dell’ecologia, il rapporto con la terra, e il tema della pace».
A proposito di ecologia…
«Proposi di trasformare la chiesa di San Leonardo in santuario del rapporto tra uomo e creato. Nessun prete disse sì».
I 5 Stelle?
«In evoluzione, si vedrà. Mi auguro che Grillo non faccia sciocche sparate. Ha buone truppe, che restituiscono i soldi. Non lo so se lo facciano per demagogia, ma lo fanno. La mia legge ideale? Per ogni politico intervistato indicare anche quanti soldi prende».
È impegnativo fare il parroco oggi?
«Dappertutto è fatica. A complicare le cose è l’indifferenza. Oggi c’è una disaffezione verticale nei confronti della Chiesa».
Per quali cause?
«La prima: la ricchezza, i soldi. La seconda: con Wojtyla e Ratzinger, gli scandali: è andato a remengo l’episcopato. Non è stato attuato il concilio. Gesù nel Vangelo è chiarissimo: non si può servire Dio e mammona. Purtroppo non lo prendiamo seriamente».
I preti sposati?
«Favorevole. E un domani le donne».
Non la turba, questa prospettiva?
«Anzi, in questa crisi di preti vedo che il Signore è un po’ più intelligente di noi: quello che non vogliamo fare, ce lo rifila con la storia. Non vivo con preoccupazione la mancanza di preti. Questo obbligherà per amore o per forza a trovare altre soluzioni».
Teme l’islam?
«No. La soluzione non è combatterlo, ma portare giustizia e aiuto ai Paesi islamici».
Che ne pensa delle unioni gay?
«Vale l’amore. Uno vive l’amore nella situazione in cui si trova. L’omosessuale non ha scelto di esserlo, è e lo rispetto. E lo stesso vale per gli eterosessuali».
Si sente un prete scomodo?
«Non mi sono mai posto la domanda, forse altri si. Non mi piace fare il martire, vivo le mie cose».
Ha mai avuto momenti di sconforto?
«A volte ci resti male, ma mai a terra. Tra il gruppo di preti ci aiutiamo e riscopriamo il Vangelo. Poi è arrivato papa Francesco Una donna mi diceva: “Mi son stufa de sentir che el papa no l’è bon de dir una roba nova”. Io risposi: ma che cosa dici! E lei: “L’è trent’anni che ti te le dis ste robe”. È una grande soddisfazione sentire che tutte quelle cose per cui eravamo segnati a dito e chiacchierati sino all’altro giorno, adesso le dice il papa».
Vent’anni di via Crucis da Pordenone alla Base.
«In Aviano vediamo l’emblema delle armi, la sentinella armata del nostro ordine mondiale che è profondamente ingiusto. Il Signore Gesù è stato ucciso per un intrallazzo del potere politico, religioso e militare del tempo. Vogliamo ripetere che quelle situazioni sono ingiuste e non le accettiamo».
Ce l’ha con gli americani?
«Non è vero. Io dico: al posto di una Base Usa portatemene una russa e io vado lì fuori lo stesso».
Lei, in proposito, ha una richiesta da fare al nuovo sindaco.
«Se accadesse un incidente nucleare? Abbiamo raccolto 1.500 firme. Ecco, il sindaco faccia prevenzione, concretamente. L’atomica è un crimine contro l’umanità».
Don Giacomo, ha superato i 50 anni di sacerdozio.
«Il grande teatro della vita volge a termine. La giovinezza eterna è un grande imbroglio. Arrivare alla terza età è un privilegio non concesso a tutti. Vivo con speranza l’incontro col mistero di Dio».

Messaggero Veneto

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