In 10 anni i seminaristi sono calati del 14%. Crisi Chiesa: ora è tempo dei preti sposati

Il Movimento dei sacerdoti lavoratori sposati commenta i dati delle vocazione dell’Annuario Pontificio 2016 diffusi anche da un articolo di “pagina99” (ndr).

Pochi soldi e candidati. L’ultimo censimento mostra, in 10 anni, un calo del 14% dei seminaristi. Scoraggiati dalle scarse prospettive di carriera e dai bassi salari.

La querelle Bagnasco-unioni civili, esplosa il 19 maggio scorso per alcune dichiarazioni del presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) in chiusura della 69esima Assemblea generale dei Vescovi,  ha sostanzialmente oscurato sui giornali il contenuto principale dell’ultimo annuale summit della Cei in Vaticano. Che non aveva all’ordine del giorno i diritti civili, ma i (tanti e crescenti) problemi del rinnovamento del clero.
L’Ufficio centrale di statistica della Chiesa cattolica, istituzione fortemente voluta da Papa VI mezzo secolo fa per dare un po’ di sistematicità e affidabilità alla contabilità dei fedeli d’Oltretevere, aveva pubblicato a marzo scorso l’Annuario Pontificio 2016 e – soprattutto – l’ultima edizione dell’Annuarium Statisticum Ecclesiae: due bussole imprescindibili per ogni vaticanista che si rispetti. Appena in tempo per la “Giornata Mondiale delle Vocazioni” celebrata con modestissimi riscontri mediatici poco più di un mese fa. I dati, aggiornati al 2014, fanno riflettere.
CALO LENTO MA COSTANTE. Un calo lento, ma costante. Per una professione molto sui generis, quella del pastore di anime cattolico, che non assicura né carriere luminose né ricche prebende: lo stipendio di un presbiterio, che per diventare tale affronta un duro percorso di formazione di livello universitario nei Seminari, ammonta a meno di mille euro mensili – senza scatti automatici di anzianità. Se è vero che quasi nessuno deve pagarsi il vitto e l’alloggio, non si può comunque definirlo un trattamento economico di grande appeal per un giovane laureato.  Nel 2014 sono stati ordinati in Italia 405 nuovi sacerdoti diocesani, contro i 454 di 10 anni prima, portando il numero totale dei preti in attività a quota 32.174: nel 2004 erano 33.684, il 4,7% in più. Niente di clamoroso, ma una emorragia costante: 41 mila nel ’78, 39 mila nell’86, 35 mila nel ’99. Con gli abbandoni (preti che lasciano il ministero) e i decessi (indice dell’invecchiamento della categoria) sostanzialmente stabili, rispettivamente intorno a quota 40 e 700.

I prelati costano alla Cei 562 milioni di euro lordi

In 10 anni i seminaristi sono calati del 14%.

In 10 anni i seminaristi sono calati del 14%.

Lo stipendio dei prelati viene calcolato con un sistema a punti che dipende dall’anzianità, dagli incarichi e dalle condizioni di servizio.
Il valore di ogni punto, fissato anno per anno dalla Cei, è per il 2016 – come per il 2015 – di 12,36 euro e la forchetta varia da un minimo di 80 a un massimo di 138 punti.
Così, un sacerdote appena ordinato guadagna 988,8 euro lordi al mese (860,66 netti), mentre un vescovo al limite del pensionamento può arrivare al massimo a 1.705,68 euro lordi (1.338,03 netti).
Il costo complessivo della categoria per le casse della Cei ammonta a 562 milioni di euro lordi, coperti solo parzialmente dai fondi dell’8×1000, che eroga 327 milioni di euro (fonte: Cei, 2016).
CALO DEL 14% DEI SEMINARISTI. L’ultimo censimento – 31 dicembre 2014 – registra in Italia 2.753 seminaristi (2.439 se non si contano Ordinariato Militare e Opus Dei), con un calo secco del 14% rispetto al 2004, quando gli aspiranti sacerdoti erano 3.145.
La distribuzione geografica segue sostanzialmente quella demografica, con Campania e Lombardia a guidare la classifica alla pari (627 seminaristi insieme) e la Basilicata a chiudere a quota 34.  Il dato è addirittura peggiore se si guarda a tutta Europa, dove la contrazione per lo stesso periodo sale al 17,5%.
Anche l’America (nord e sud, il dato non è scorporato) ha perso: il 7,9%.
Mentre Africa (che da sola conta quasi 29 mila seminaristi), Asia e Oceania crescono rispettivamente del 21, 14,6 e 7,2%.
I CATTOLICI NEL MONDO. L’Ufficio centrale di statistica fornisce anche set di dati molto interessanti sui trend di adesione alla religione cristiana cattolica. Tratteggiando un quadro internazionale in cui diminuiscono i preti, ma aumentano i fedeli.Nei 10 anni presi in esame (2004-2014) il numero di cattolici battezzati nel mondo è cresciuto a un ritmo superiore a quello della popolazione mondiale: 14,1% contro 10,8%. In termini assoluti, significa 1.272 milioni di cattolici. Assieme agli oltre 250 milioni di ortodossi, agli 80 milioni di anglicani e ai circa 350 milioni di aderenti alle altre confessioni protestanti, quella cristiana resta dunque saldamente la religione più diffusa al mondo con circa 2 miliardi di aderenti. Seguono ancora distanziati oltre un miliardo e 200 mila musulmani, che però – complice l’alta natalità – hanno dalla loro i trend di crescita più alti. Secondo le proiezioni recentemente diffuse dal Pew Research Center – il think thank Usa molto accreditato per l’impegno nelle ricerche sociali e demografiche – in Europa l’Islam supererà i 30 milioni di aderenti entro il 2030. Con l’Italia in prima fila, davanti a Spagna e Regno Unito per trend di crescita: da noi i musulmani dovrebbero passare dai circa 1,6 milioni censiti nel 2010 a quota 3,1 milioni per il 2030.

Questo articolo è un estratto del numero di pagina99 in edicola dal 28 maggio.

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