Dopo Bruxelles: ponti, non barriere

L’obiettivo dell’ultimo attentato rivendicato dall’Isis, se ancora vi fossero dei sospetti in merito, è oltremodo chiaro: l’Europa come simbolo di una convivenza civile improntata alla laicità ed al pluralismo culturale e religioso che essa promuove e tutela. La strategia atta a minare questo progetto è altrettanto esplicita: ingenerare un panico endemico mediante la minaccia di un’insicurezza pervasiva, diretta a diffondere e ad esasperare l’inquietudine legata alla frequentazione quotidiana di spazi pubblici.

Questa sorta di agorafobia indotta vuole portare l’Europa ad una forma di isteria collettiva che ha buone probabilità di prendere corpo a motivo del fatto che attacchi come quello odierno non possono essere evitati mediante il necessario ma insufficiente deterrente dell’intensificazione dei controlli. Il rischio è che il panico seminato porti non soltanto ad un inutile asserragliamento, ma, quel che è peggio, ad una diffidenza generalizzata nei riguardi dei cittadini di religione islamica.

Allo scopo di evitare tali atteggiamenti, che non farebbero altro che inasprire una tensione già in atto, vorrei sottolineare due aspetti. In primo luogo, il fatto che in questo quadro la fede islamica viene indebitamente strumentalizzata e palesemente snaturata: di questo dobbiamo essere consapevoli ed evitare di cadere nella trappola di chi vorrebbe conferire a questo conflitto un carattere religioso che, in verità, gli è estraneo. L’attacco è politico, come politici, oltre che sociali, sono gli obiettivi di destabilizzazione che esso persegue: l’elemento religioso è funzionale a tali scopi, ma non riveste in sé e per sé un ruolo di primo piano.

In seconda istanza, non va dimenticato che il vulnus che tali attacchi arrecano è inferto in primo luogo a quell’islam moderato ed aperto alla laicità che, agli occhi dell’Isis, rappresenta l’altro grande nemico da debellare. Questo è l’islam a cui fanno riferimento, tra gli altri, milioni di cittadini europei di fede musulmana, ai quali dobbiamo manifestare la nostra solidarietà e non il nostro sospetto, per continuare a tessere insieme le trame di un’Europa che intende percorrere i sentieri di una convivenza feconda e pacifica tra le religioni e le culture, promuovendo un’identità aperta e costantemente in fieri che rifiuta l’innalzamento di barriere ed incentiva la costruzione di ponti. Diversamente, l’Isis avrà raggiunto il suo obiettivo, che è quello di innescare un conflitto culturale e religioso in seno all’Europa, nella cui spirale senza ritorno spetta a noi non lasciarci risucchiare.

Alessandro Esposito, pastore valdese in Argentina

in MicroMega

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