Un inedito e profetico Guccini: “Allora il mondo finirà”

BOLOGNA. Si intitola “Allora il mondo finirà”, sembra scritta ieri e invece è una canzone mai sentita del 1967 di Francesco Guccini che la Universal ha ripescato dagli archivi Emi e inserito in un box (“Se io avessi previsto tutto questo”) che sarà in vendita dal 27 novembre con l’opera omnia del maestrone: 10  o 4 cd, a seconda della versione, con molte chicche per gli appassionati, registrazioni live mai pubblicate e due brani inediti. Uno è appunto “Allora il mondo finirà”, inciso al Folk Studio di Roma, anche se Guccini – che ha presentato stamattina all’Osteria del Moretto il “cofanone” e il suo nuovo libro “Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto” appena edito da Mondadori) – non ama sottolinearne l’attualità tristemente rimarcata dai fatti di Parigi.

“Il tema è lo stesso di canzoni come “Noi non ci saremo” o “Il vecchio e il bambino” – dice il cantautore ormai ritiratosi dalle scene -: la paura della guerra atomica e degli scenari post atomici. Quindi c’entra poco con quanto accaduto di recente. Avevo completamente dimenticato questa canzone che era stata incisa per il mio primo album, ma poi non inserita. Adesso questo timore non suscita più la stessa apprensione, le paure sono altre, ma allora, penso ad esempio alla crisi dei missili di Cuba, era molto concreto”.

Eppure il testo ha tragiche assonanze col presente: Fermati uomo prima che un altro pazzo come te spinga un bottone e l’esplosione uccida tutto quel che c’è. “Se proprio vogliamo trovare una mia canzone di attualità, trovo che “Libera nos Domine” del 1978 in cui, alla fine, canto Da te, dalle tue immagini e dalla tua paura dai preti d’ogni credo, da ogni loro impostura da inferni e paradisi, da una vita futura da utopie per lenire questa morte sicura da crociati e crociate, da ogni sacra scrittura da fedeli invasati d’ogni tipo e natura… libera nos, Domine!. Parla di chi ha un’ideologia religiosa così feroce che non accetta dialogo e dubbio. Ed è disposto, come abbiamo visto, a farsi saltare in aria”.

La pubblicazione di questa opera omnia ha consentito al 75enne Guccini, ancora in forma, di ripercorrere con gusto tutta la sua carriera iniziata per caso, soffermandosi su molti aneddoti, fino alla decisione di ritirarsi nel 2012: “Ho scelto di smettere perché le canzoni non mi venivano più fuori con la stessa facilità dei primi anni, quando bastava un fatto o un personaggio a ispirarmi e certo non ero di quelli che dovevano stare un mese in isolamento per produrre qualcosa. La Locomotiva la scrissi in mezz’ora, venne fuori davvero come un treno. Ultimamente mi costava invece molta fatica, tant’è che tra gli ultimi due album erano passati cinque anni. Non ne ho più voglia, quello che avevo da dire l’ho già detto, non suono più la chitarra, non so nemmeno se ne sono ancora capace, ammesso che lo sia mai strato. Non ascolto più musica. Tanto sento in giro solo canzoni inutili, fatte tanto per fare, quelle che una volta chiamavamo un disco per l’estate. Capossela mi pare molto bravo, è uno che
s’è inventato uno stile. Ma per il resto gli altri sono copie, sono arrivati tardi. Il più è stato detto. A una generazione di autori non è detto che ne segua un’altra. I talent show fabbricano illusioni: se uno non funziona, lo buttano via. Ai miei tempi le case discografiche se avevano fiducia in qualcuno ci puntavano anche se i primi dischi non vendevano. Ma è cambiato tutto, io sono uno che dice ancora giradischi…”.

bologna.repubblica.it

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