Papa: si’ a preti orientali sposati anche fuori da loro territori. Ora Papa riaccolga i preti sposati cattolici romani

(AGI) – CdV, 27 feb. – Per garantire realmente il diritto degli immigrati all’assistenza religiosa, Papa Francesco ha deciso di favorire la presenza del clero uxorato orientale in tutti i territori dove risiedono comunita’ appartenenti ai riti che prevedono la possibilita’ di ordinare sacerdoti gli uomini sposati. E questo anche se, si legge sull’Osservatore Romano, “in alcune conferenze episcopali ancora oggi prevale il desiderio di vedere i nuovi migranti orientali spiritualmente serviti dal clero esclusivamente celibe”.
Il giornale vaticano pubblica in merito un lungo articolo a firma del segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, l’arcivescovo gesuita Cyril Vasil, che commenta e spiega la dirompente decisione di Francesco che ha reso non vincolante il parere dei vescovi latini riguardo alla presenza dei sacerdoti sposati orientali nelle loro diocesi. Vasil segnala pero’ che diversi vescovi latini sono d’accordo a consentire l’attivita’ pastorale dei preti orientali sposati, tanto che in paesi come l’Italia, dove e’ massiccia la presenza di immigrati arrivati dall’Ucraina e dalla Romania, alcuni vescovi diocesani “si rivolgono ripetutamente alla Congregazione per le Chiese orientali per chiedere la regolarizzazione della presenza dei singoli presbiteri uxorati che con successo, sacrificio e stima del popolo di Dio, lavorano nelle loro diocesi in favore dei fedeli delle loro Chiese e del proprio rito”. Nel nostro Paese, finora, la Conferenza Episcopale si e’ attenuta in modo rigido alle norme precedenti negando la possibilita’ ai vescovi orientali di inviare sacerdoti sposati al seguito degli immigrati per garantire loro l’assistenza religiosa. Le direttive vaticane del 1980 stabilivano infatti che i presbiteri delle Chiese orientali cattoliche, che esercitavano o avrebbero voluto esercitare la cura pastorale dei loro fedeli orientali fuori dei territori tradizionali, erano vincolati all’obbligo del celibato come per i chierici latini. “Sporadici casi di eventuale richiesta di dispensa erano sottoposti alla Sede apostolica”, rivela nell’articolo l’arcivescovo gesuita, chiarendo la portata storica della nuove norme – approvate da Francesco lo scorso giugno – che regolano la vita delle comunita’ orientali cattoliche su territoiri dove non erano tradizionalmente presenti. Secondo monsignor Vasil, la precedente normativa, e le conseguenti limitazioni stabilite dai vescovi dei paesi d’immigrazione, erano state motivate anche dalla difficolta’ di “spiegare ai fedeli latini che il celibato obbligatorio dei presbiteri vige solo nella Chiesa latina”. Vi era inoltre, ammette l’arcivesocov gesuita, “la preoccupazione e presunzione che la presenza del clero cattolico orientale uxorato sarebbe stata nociva al rispetto che i fedeli laici nutrono per il clero cattolico e che questa, inoltre, avrebbe messo in pericolo il celibato dei presbiteri latini”. Cioe’, spiega il segretario della Congregazione delle Chiese Orientali, “i motivi che hanno causato la nascita della norma restrittiva sembrano essere di natura pratica e pastorale piuttosto che teologica ed ecclesiologica”. Motivi oggi non piu’ validi in quanto, come ricorda Vasil, “attualmente nell’occidente latino esercitano il servizio pastorale decine di sacerdoti provenienti dall’anglicanesimo e ordinati nella Chiesa latina, nonostante il loro stato coniugale”. “Questo fenomeno – scrive – non sembra che perturbi minimamente i fedeli o il clero celibe”. “Ma soprattutto, sottolinea l’articolo, “oggi esistono circoscrizioni ecclesiastiche orientali praticamente in tutti i continenti, e percio’ la situazione dei cattolici orientali e’ del tutto differente da quella che esisteva negli Stati Uniti d’America verso la fine dell’Ottocento, quando nacque la legislazione restrittiva per il clero orientale uxorato, o negli anni settanta del secolo scorso, quando la Chiesa latina doveva affrontare la crisi dell’identita’ sacerdotale e le contestazioni al celibato. E negli ultimi decenni e’ cambiata anche l’opinione generale dell’episcopato latino a proposito della possibilita’ e/o opportunita’ della presenza del clero orientale uxorato nei Paesi occidentali” tanto che in diversi paesi e’ stato espresso il nulla osta al ripristino della tradizionale prassi orientale. Secondo il segretario della Congregazione delle Chiese Orientali, “il cambiamento della normativa restrittiva circa il servizio pastorale del clero orientale cattolico uxorato fuori dei territori orientali tradizionali costituisce un eloquente segno della fiducia che nutre il Papa, supremo legislatore, nei confronti della gerarchia orientale cattolica e del riconfermato rispetto nei confronti della diversita’ disciplinare che vige fra le varie Chiese sui iuris orientali e la Chiesa latina”. Ma, conclude il gesuita con una bella dose di prudenza, “di fronte a questo tanto atteso gesto di fiducia si deve sottolineare che una responsabile applicazione di tale facolta’ non deve costituire, neppure minimamente, pregiudizio nei confronti del clero celibatario, orientale o latino, ne’ tanto meno una occasione per rivendicazioni o speculazioni indebite riguardo alla prassi latina sul celibato e nei confronti dell’alta stima che gode il celibato sacerdotale anche nelle Chiese orientali cattoliche”. (AGI) .

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