Il card. Walter Kasper, su posizioni possibiliste circa la comunione ai divorziati-risposati

37827 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Il sunto del dibattito che è scaturito dalla Relatio post disceptationem (v. notizia precedente), se afferma che la relazione del card. Péter Erdö «è stata apprezzata nella sua capacità di “fotografare” bene gli interventi che si sono susseguiti in Aula», testimonia poi dei “paletti” che sono stati alzati a difesa del “recinto” ecclesiale e che il resoconto definisce come «riflessioni aggiuntive» «suggerite». Ed esemplifica: «Fermo restando che la Chiesa deve accogliere chi si trova in difficoltà, sarebbe bene parlare più diffusamente anche delle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono»; nonché «inserire un riferimento più specifico alla famiglia come “Chiesa domestica” ed alla parrocchia come “famiglia di famiglie”, così come alla Sacra Famiglia, modello di riferimento essenziale». Che è «necessario approfondire e chiarire il tema della “gradualità”», che altrimenti «può essere all’origine di una serie di confusioni»: «Per quanto riguarda l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, ad esempio, è stato detto che è difficile accogliere delle eccezioni senza che in realtà diventino una regola comune». E ancora: «la parola “peccato”», ops!, «non è quasi presente nella Relatio. Come pure è stato ricordato il tono profetico delle parole di Gesù, per evitare il rischio di conformarsi alla mentalità del mondo presente».

In relazione agli omosessuali, poi, sì avere un atteggiamento di accoglienza, «ma con la giusta prudenza, affinché non si crei l’impressione di una valutazione positiva di tale orientamento da parte della Chiesa». E «la stessa attenzione – riferisce il “rapporto” sinodale – è stata auspicata nei riguardi delle convivenze».

Andiamoci piano anche con lo «snellimento delle procedure per le cause di nullità matrimoniale»: «Qualche perplessità è stata sollevata riguardo alla proposta di affidare maggiori competenze al vescovo diocesano, gravandone eccessivamente le spalle».

Ancora voci contro, fuori e dentro l’Aula

A dar voce fuori dall’Aula sinodale ai vescovi “riottosi” sono subito intervenuti il card. Camillo Ruini e il card. George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia (nonché uno dei nove cardinali che “consigliano” papa Francesco). Ruini invita ad «essere molto prudenti nel modificare, riguardo al matrimonio e alla famiglia, le posizioni che il Magistero propone da gran tempo e in maniera tanto autorevole», pena «pesanti conseguenze sulla credibilità della Chiesa. Ciò non significa che ogni possibilità di sviluppo sia preclusa. Una strada che appare percorribile è quella della revisione dei processi di nullità del matrimonio: si tratta infatti di norme di diritto ecclesiale, e non divino». «È molto importante però che qualsiasi cambiamento di procedura non diventi un pretesto per concedere in maniera surrettizia quelli che in realtà sarebbero divorzi: un’ipocrisia di questo genere sarebbe un gravissimo danno per tutta la Chiesa» (www.chiesa.espressonline.it).

Pell ha definito «tendenziosa e incompleta» la Relatio di Erdö e ha detto che «i tre quarti dei membri sinodali hanno manifestato problemi con il testo». «La questione della comunione ai divorziati-risposati è solo la punta dell’iceberg». «In cerca di misericordia, qualcuno vuole spingere l’insegnamento cattolico su matrimonio, divorzio, unioni civili, omosessualità in direzione di una radicale liberalizzazione, i cui frutti vediamo nelle altre tradizioni cristiane» (The Tablet, 15/10).

Stesse posizioni espresse, il giorno prima della Relatio post disceptationem, dal card. Raymond Leo Burke. Su Il Foglio (14/12) ha affermato che «un numero consistente di vescovi non accetta le idee di apertura», aggiungendo che «pochi lo sanno», perché l’informazione sui lavori del Sinodo «viene manipolata in modo da dare rilievo solo a una tesi invece che riportare fedelmente le varie posizioni esposte». La manipolazione è d’altronde resa possibile dal sistema informativo organizzato dalla Segreteria del Sinodo. A lamentarsi del quale, molto esplicitamente (come Adista stessa ha fatto sul numero di Notizie 36/14), è stato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Gerhard Ludwig Müller (la Repubblica, 14/10), forte oppositore di qualsiasi innovazione dottrinale. «Trovo che sia una vera contraddizione – ha detto a un gruppo di giornalisti all’uscita dall’Aula dove aveva appena ascoltato la Relatio – il fatto che fuori dal Sinodo i vescovi possano dare libere interviste, mentre i loro interventi in Aula non sono pubblici. Si è voluta così rompere una tradizione della Chiesa. Non importa se alcuni non sono d’accordo con questa mia opinione. Io dico ciò che voglio, ma soprattutto ciò che devo dire come prefetto della CdF. Inoltre, non ho fatto altro che dare voce alle proteste di molti fedeli che mi hanno scritto da vari Paesi e che hanno diritto di conoscere il pensiero dei vescovi. Perché si è dovuto cambiare?».

A difesa del nuovo che avanza

Due giorni dopo, il card. Erdö, dai microfoni della Radio Vaticana (15/10), ha dovuto difendere il “suo” lavoro (non solo suo: lo stesso Erdö ha dichiarato che è un testo cui hanno collaborato in vari. Pare anzi che molta parte sia stata scritta dal segretario speciale del Sinodo, mons. Bruno Forte). «La sfida più grande – ha detto subito – è stata quando un pensiero veniva fuori in 30-40 interventi, perché ciascuno ha formulato sì lo stesso pensiero, ma in un modo diverso: quale terminologia preferire? Quale accento mettere? Come esprimere stilisticamente il fatto che quella cosa sia venuta fuori in quattro interventi e quell’altra in 40? A volte si poteva dire “molti propongono” o “alcuni dicono”, ma questo non sempre era stilisticamente possibile». «Certamente – ha ammesso – ognuno potrà dire che qualche punto di vista o qualche elemento manchi ancora: ma è proprio per questo che i gruppi linguistici, i Circoli Minori stanno ora lavorando per preparare le loro proposte testuali da cambiare, da aggiungere, da perfezionare… Quindi questo testo rappresenta una fase intermedia del lavoro sinodale, non è il frutto dell’intero Sinodo. Speriamo, dopo le discussioni di questa settimana, di arrivare ad una Relazione finale che possa essere accettata dalla grande maggioranza». Ha poi osservato: «Penso che l’interesse dei mass media mondiali sia così grande che, forse, hanno visto in alcuni capoversi più di quanto sia stato realmente detto. Per questo penso che durante questa settimana si possa arrivare anche ad una maggiore chiarezza, che non lasci alcun equivoco nei singoli capitoli».

Tanto più, ha insistito, che la «funzione di questa Assise sinodale non è quella di dare risposte concrete, ma di presentare le questioni e di raccogliere argomenti e proposte. Ma non ancora risposte». Parlare di «fazioni e gruppi anche contrastanti fra di loro, come si usa in politica», è cosa sbagliata?, chiede il giornalista. « Punti di vista diversi ci sono. Perché no? Possono esserci. Anche perché senza questo, non ci sarebbe dialogo. Però – aggiunge cercando di abbassare i toni della polemica – di fazioni, nel senso di partiti politici che combattono per il potere, non vedo alcuna traccia».

Assai ottimista sul fatto che i lavori di questo Sinodo porteranno a dei cambiamenti è il segretario speciale, mons. Forte. «Per tre motivi fondamentali», ha spiegato a la Repubblica (13/10): «Il primo è che credo nello Spirito Santo. Il secondo è che ho molta fiducia nella testimonianza del papa. E terzo perché come teologo e pensatore italiano e per giunta napoletano so che i corsi e ricorsi storici hanno sempre caratterizzato, come diceva Giambattista Vico, il cammino degli uomini. E che quindi, per dirla con una battuta di Eduardo De Filippo, “ha da passà ‘a nuttata”. Anche i momenti più difficili possono essere superati».

Il card. Walter Kasper, su posizioni possibiliste circa la comunione ai divorziati-risposati, ha rilasciato un’intervista all’agenzia Zenit (15/10) in cui si dichiara piuttosto ottimista in quanto «nella prima fase del Sinodo» ha visto «una crescente maggioranza a favore di un’apertura [sull’ammissione all’eucarestia]. Non ci sono state votazioni, ma presto un voto ci sarà». Con ciò «nessuno sta mettendo in questione l’indissolubilità del matrimonio», ha avvertito, «ma se si guarda alla Parola di Gesù bisogna dire che ci sono differenti vangeli sinottici in differenti luoghi, in differenti contesti. È differente nel contesto giudeo-cristiano e nel contesto ellenistico. Marco e Matteo sono differenti. Era già un problema all’epoca degli apostoli. La parola di Gesù è chiara, ma come applicarla in situazioni differenti, complesse?». Insomma, «l’insegnamento non cambia, ma può essere reso più profondo, può essere differente. In fin dei conti, c’è una certa crescita nella comprensione del Vangelo e della dottrina, uno sviluppo».

Circoli minori. Intanto un applauso

Nei giorni in cui scriviamo, sono al lavoro i cosiddetti Circoli minori, dove i vescovi sono raggruppati soprattutto per affinità linguistiche (v. anche notizia seguente). I loro contributi, vista la Relatio post disceptationem, confluiranno nel “documento del Sinodo” (la Relatio Synodi che verrà, dopo puntuale votazione, consegnata al papa) per la cui estensione è prevista una nutrita squadra di ecclesiastici. Tanto più nutrita in quanto il papa vi ha voluto aggiungere prima sei personalità, e il giorno dopo altre due: il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, card. Gianfranco Ravasi; il card. Donald William Wuerl (Washington); mons. Victor Manuel Fernández (arcivescovo titolare di Tiburnia);  mons. Carlos Aguiar Retes (México); mons. Peter Kang U-il (Sud Corea); p. Adolfo Nicolás Pachón, preposito generale dei gesuiti; e, infine, mons. Denis Hart (Melbourne) e l’arcivescovo sudafricano di Durban, card Wilfrid Fox Napier. Il motivo di tale decisione secondo Kasper (v. Zenit) starebbe nel fatto che ci sono «diversi problemi, continenti e culture. L’Africa è completamente diversa dall’Occidente, come anche i Paesi asiatici e musulmani e soprattutto sul tema dei gay. Non si può parlare di questo con gli africani, né con Paesi musulmani. È un tema tabù». Una decisione all’unanimità intanto i Circoli l’hanno già presa: la pubblicazione integrale dei testi prodotti, in aperta contestazione con il niet del card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo. Per «trasparenza», hanno detto. Finalmente, aggiungiamo.

Mentre andavamo in stampa sul sito dell’agenzia tedesca Kath.net è stata diffusa la smentita di Kasper, il quale afferma di non aver mai detto quelle parole e di non aver rilasciato alcuna intervista a Zenit. Sul suo blog però Edward Pentin, autore dell’intervista incriminata, ne ha pubblicato l’audio. (eletta cucuzza)sacerdoti.gesu1

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