CASERTA: ISTITUTO SOSTENTAMENTO DEL CLERO BATTE SOPRINTENDENZA. SPECULAZIONE EDILIZIA IN ARRIVO?

Sembrava sventato il rischio che il Macrico, un’area verde di 33 ettari situata nel centro della città di proprietà dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero (Idsc) di Caserta, venisse sepolta da una colata di cemento. Invece, con l’annullamento da parte del Tribunale amministrativo regionale della Campania del vincolo della Soprintendenza dei beni architettonici e paesaggistici, che aveva di fatto reso inutilizzabile l’area per futuri progetti di edificabilità, la questione si riapre. Esulta l’Idsc – che ha promosso il ricorso al Tar –, si allarmano i cittadini casertani e gli ambientalisti riuniti nel comitato Macrico Verde – che temono la cementificazione selvaggia –, rimane a guardare l’amministrazione comunale che però, nelle prossime settimane, dovrà necessariamente prendere una posizione.

La vicenda inizia oltre 15 anni fa. L’area in questione è l’ex-Macrico (Magazzino centrale ricambi mezzi corazzati): 324.533 metri quadrati – tre quarti dei quali coperti da alberi e prati – situati nel centro di Caserta. Di proprietà della Chiesa fin dal XVII secolo, nell’Ottocento l’area venne ceduta in affitto ai Borboni che la usarono come Campo di Marte, per le esercitazioni militari; nel dopoguerra, passò alle Forze armate italiane che la trasformarono in magazzino e caserma, costruendo capannoni in lamiera e amianto ed edifici in muratura per un totale di 500mila metri cubi, occupando circa un quarto della superficie. Negli anni ‘80, la curia di Caserta avviò una causa per ottenere la restituzione dell’area che fu vinta nel 1994. Il Macrico tornò così ad essere a disposizione della diocesi e, per legge concordataria, essendo un «beneficio ecclesiastico», ne divenne proprietario l’Idsc, articolazione periferica dell’Istituto centrale per il sostentamento del clero, con personalità giuridica autonoma, indipendente quindi, dal vescovo della diocesi, al quale deve chiedere l’autorizzazione solo per cifre superiori ai 250mila euro.

Un primo tentativo di vendita venne bloccato nel 2000 dall’allora vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro che, durante il Te Deum di fine anno, pronunciò parole molto dure, arrivando perfino a minacciare le dimissioni, contro un’operazione che rischiava di trasformarsi in una gigantesca speculazione (v. Adista n. 9/01). E proprio sull’onda di quel Te Deum si costituì un comitato Area ex Macrico (oggi comitato Macrico Verde) che, negli anni, si è sempre battuto per salvare il terreno dai numerosi tentativi di vendita ai costruttori – un affare per l’Idsc da almeno 35 milioni di euro – e per farne uno spazio pubblico verde a disposizione di tutta la città (v. Adista nn. 9, 11, 13, 15, 43, 51, 63, 73 e 87/07; 65/08). Fino a quando riuscì ad ottenere che la Soprintendenza ponesse il vincolo, chiudendo così la questione.

L’Istituto sostentamento del clero però, subito dopo il pensionamento di mons. Nogaro nell’aprile 2009 – il più forte oppositore interno alla vendita del Macrico – e la sua sostituzione con mons. Pietro Farina (v. Adista nn. 49 e 79/09), ha fatto ricorso al Tar. Che pochi giorni fa ha sentenziato: il vincolo è illegittimo perché viziato da «eccesso di potere» da parte delle Soprintendenza che ha agito per motivazioni di carattere urbanistico e non di salvaguardia del bene.

La faccenda, quindi, si riapre, perché l’Idsc potrebbe cedere l’area al miglior offerente. E del resto il fatto che abbia fatto ricorso al Tar testimonia, al di là di ogni ragionevole dubbio, la volontà di avere le mani libere per poter vendere l’area a prezzo pieno. Già si parla di una sorta di triangolazione: il terreno verrebbe ceduto a privati, che ne lascerebbero una parte per la costruzione del nuovo stadio di Caserta, ricevendo in cambio l’area dove sorge l’attuale stadio da abbattere e dove si potrebbe edificare ex novo.

A meno che – chiede Sergio Tanzarella, del comitato Macrico Verde, in una lettera al sindaco di Caserta Pio Del Gaudio – il Comune non qualifichi il Macrico come zona F2, ovvero non edificabile e destinata ad interesse generale. Sarebbe «una decisione molto semplice, senza costi, che ha però ad un tempo il potere di abbattere sia il valore economico dell’area sia le mire di quei costruttori sanguisughe che tanto danno hanno procurato alla città», scrive Tanzarella. L’Istituto sostentamento per il clero «non potrà che rallegrarsi della scelta poiché, sebbene non possa per suo statuto fare donazioni, è certo un’istituzione che moralmente non dovrebbe incoraggiare speculazioni edilizie e ha sicuramente a cuore il bene dei cittadini. Lo stesso vescovo di Caserta, mons. Farina, saluterà certamente con grande entusiasmo la decisione del Consiglio comunale, con una perdita economica per l’Istituto, ma con un notevole guadagno morale in un tempo di immoralità diffuse. Non sarebbe infatti credibile predicare il principio del bene comune e non tradurlo nelle scelte concrete della Chiesa di Caserta». (luca kocci)

adista notizie 3 Marzo 2012

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