La rabbia e l’indignazione. Il 41enne Diego Esposito (nome di fantasia) legge e rilegge il comunicato stampa della Curia e non riesce a credere ai suoi occhi

Le parole dure pronunciate con la voce rotta dal pianto, di chi si sente «ancora una volta ferito, umiliato, screditato».

Signor Esposito, cosa c’è scritto di così terribile in questo documento?
«Prima di tutto il mio vero nome. Sono disgustato dal modo in cui mi trattano, peggio di un delinquente. I miei avvocati, stanno provvedendo a una denuncia per grave violazione della privacy. Mi hanno detto che è un reato penale la divulgazione delle generalità di vittime di reati sessuali e la legge parla chiaro. Ma non è l’unica violazione».
Che altro contesta alla Curia?
«Le bugie scritte. Affermano che mi sono rifiutato di sottoporsi a una perizia psichiatrica: è una menzogna perché l’ho fatta a maggio scorso, in presenza del mio psichiatra Alfonso Rossi. Nelle settimane precedenti avevo rifiutato la perizia a modo loro, ma l’ho fatta».
E come è stato?
«Si è trattato di un interrogatorio, una tortura. Tre ore e mezza documentate da un video, da cui lo psichiatra Rossi mi ha sottratto per il mio bene psicologico, definendo e verbalizzando i periti della Curia come personaggi da Gestapo il cui comportamento non è stato conforme ai protocolli utilizzati per casi simili. Ha anche affermato che non sono state adottate le dovute cautele e il loro comportamento era ostile nei miei confronti».
Cosa le hanno chiesto?
«Perché un bambino era andato da solo a casa del parroco. Hanno fatto di tutto per farmi sentire in colpa, come se avessi invogliato il parroco agli atti di violenza sessuale. Violenza che ho cancellato dalla mia memoria per quasi 20 anni, come ho capito poi in seguito alle cure, per non soffrire e non fare del male a me stesso. Di don Silverio Mura mi fidavo, era il mio professore di Religione. Il perito della Curia mi ha sottoposto a domande destrutturanti, tali da farmi regredire: lo psichiatra Rossi ha definito il mio stato dopo la perizia peggiore alla prima visita con il paziente avvenuta 7 anni fa».
E dopo cosa è accaduto?
«Ho avuto un crollo. Per colpa loro da ormai tanti mesi ho perso il lavoro e sono stato molto male, sono riaffiorati in me i desideri di farla finita. Rossi ha quindi ritenuto di cancellare per questi gravi motivi altri incontri con il perito e mi ha fatto ricoverare in clinica».
E oggi come sta?
«Meglio, non penso al suicidio ma ho molta rabbia dentro. Non capisco perché si stiano accanendo contro di me. Dal 2010, anno della mia prima denuncia, al 2014 non hanno allontanato don Mura dalla diocesi e dalla scuola di Ponticelli dove insegnava Religione e mi adescò. Ha potuto continuare ad abusare di bambini innocenti per quattro anni, e le denunce che sono state fatte dopo l’articolo del Mattino del gennaio scorso, in cui ho raccontato la mia storia, parlano chiaro: ha continuato indisturbato a Pollena Trocchia, Cicciano, Ponticelli… Ora lo nascondono a Villa Sacro Cuore a Città di Castello, in quella che ufficialmente dalla chiesa è stata adibita a casa di accoglienza per sacerdoti con problemi di pedofilia. Tenerlo lì è smentire quanto detto nel comunicato stampa».
Nel documento della curia si fa cenno a un testimone.
«Una persona che fu palpeggiata in mia presenza da don Silverio Mura. La stessa che di recente ho scoperto che si prende cura della sua abitazione personale. Quanto è attendibile questa persona?»
Si professa sempre cattolico praticante?
«Sì, sono sempre credente e praticante. So che ci sono preti cattivi ma anche tanti preti buoni. Cresco i miei figli insieme a mia moglie, seguendo i precetti della chiesa. Credo invece di essermi trovato in mezzo a una guerra tra poteri forti, tra Sepe e Papa. Ma la verità emergerà. Vado avanti e presto gli avvocati partiranno civilmente: c’è una responsabilità risarcitoria da Curia, don Silverio Mura e anche dal vescovo ausiliare Lucio Lemmo e l’arcivescovo Crescenzio Sepe che dal 2010 al 2014 non hanno mosso un dito. Noi abbiamo prove scientifiche, testimoniali e documentali, loro cosa hanno?».

Il Mattino.it

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