Suore in politica. Per amore di Cristo

38153 MADRID-ADISTA. Un dato è emerso con chiarezza dai risultati delle elezioni comunali e regionali (o autonomiste) spagnole del 24 maggio scorso: la sconfitta del bipartitismo. Basta comparare la somma dei voti dei due partiti – il socialista Psoe e il popolare Pp, che si sono più o meno alternati al governo negli ultimi 35 anni – ottenuti nelle analoghe elezioni del 2011, 65,3%, con quella di oggi: 52%. Non sono al collasso le due formazioni “storiche”, ma il loro dimagrimento, nelle varie (ma non tutte) autonomie dove gli spagnoli si sono espressi, è stato notevole e tutto a vantaggio delle formazioni giovani: Podemos, collocabile a sinistra, e la centrista e “renziana” Ciudadanos (C’s, che si è presentata a livello nazionale, a differenza di Podemos, ed è diventata il terzo partito per voti ricevuti). Che adesso gli stanno col fiato sul collo e che sono indispensabili per governare praticamente in tutte le autonomie di cui si è rinnovato il Consiglio regionale (Podemos in supporto del Psoe, C’s del Pp), e dove i due vecchi partiti detengono comunque la pur malridotta maggioranza dei seggi. Il tutto mentre le elezioni legislative sono a un passo, dovendosi svolgere entro il 20 dicembre prossimo.

A livello municipale il travaso di consensi dalle formazioni classiche – e non solo la socialista e la popolare – a quelle più recenti è stata significativa: rispetto alle comunali del 2011, il Pp ha perso 2.418.371 voti e il Psoe 671.491. Izquierda Unida ha totalizzato un -379.449; Unión Progreso y Democracia, -231.907; il catalano Convergéncia i Unió, -110.296; il basco Euskal Herria Bildu, -4.409. Sicché hanno avuto un gran successo, per fare qualche esempio, a Madrid, l’alleanza fra Podemos e Ganemos denominata “Ahora Madrid” (20 seggi, uno meno del Pp); a Barcellona, “Barcelona en Comú” (11 seggi, uno più di Convergéncia i Unió che ha governato fino ad oggi); a Valencia “Compromis”, formazione di valenciani progressisti (9 seggi, uno meno del Pp); a La Coruña “Marea Atlántica” in cui è confluita anche Podemos (10 seggi, quanti il Pp). In questi come in altri municipi, saranno le allenze a determinare il colore del governo, sicuramente nel segno della novità.
Suore in politica. Per amore di Cristo

Singolare quanto il responso delle urne e quanto mai rumorosa in questa campagna elettorale è stata la presenza militante, tutta catalana, di due suore: Lucía Caram, domenicana contemplativa del convento di Santa Clara de Manresa, di origine argentina, che ha sostenuto il partito indipendentista Convergéncia i Unió, con numerosi interventi sui media cartacei e televisivi; e Teresa Forcades, benedettina, di vocazione adulta, laureata in medicina e sempre pronta a sfidare «i potenti di questo mondo», che si è spesa per Barcelona en Comú. Suor Teresa intende anche presentarsi alle elezioni autonomiste della Catalogna che dovrebbero tenersi il 27 settembre prossimo con la piattaforma, confluita per il 24 maggio in Barcelona en Comú, denominata “Procés Constituent”, cui la suora ha dato vita unendo forze di sinistra antiche e nuove (v. Adista Notizie nn. 69 e 86/11; 17 e 30/13). Per questo impegno suor Teresa è disposta ad esclaustrarsi per un anno, in obbedienza al Diritto Canonico che al comma 2 del can. 287 detta che i chierici «non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella guida di associazioni sindacali, a meno che, a giudizio dell’autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune». Obbedienza parziale, perché le esclaustrazioni sono concesse raramente e per motivi gravi, non per necessità tipo quelle avanzate da suor Forcades.

Suor Caram, dal canto suo, è stata richiamata prima dalla nunziatura apostolica, che l’ha invitata al silenzio, poi a rapporto in Vaticano, dove ha conferito con il segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata, mons. José Rodríguez Carballo, che le ha rimproverato una presenza mediatica e un’attività politica incompatibili con i principi della vita monastica. Per nulla intimorita, suor Lucía ha deciso di spiegarsi direttamente con papa Francesco. Gli ha inviato una lettera in cui descrive in termini impietosi la situazione in Spagna: «Oggi, qui, sono violati in modo sistematico i diritti umani e le libertà delle persone. Abbiamo un governo [a guida di Mariano Rajoy, del Partito Popolare] che disattende le giuste rivendicazioni dei cittadini, dei lavoratori e delle famiglie, sempre più poveri ed umiliati» e che gode di «una maggioranza assoluta che lo converte in un intoccabile, malgrado i continui, crescenti e scandalosi casi di frode, imbroglio e corruzione grazie al potere conquistato. In questo habitat di ingiustizia – spiega – è un imperativo della fede quello che ci obbliga a prendere partito e a denunciare, anche a costo di essere perseguitati e minacciati».

Suor Caram informa anche Francesco che in questi anni ha creato insieme ad altri e portato avanti una «comunità di vita» che ha accolto i più colpiti e i migranti, ha creato «un banco alimentare, un albergo-residenza per i senza tetto, docce, imprese di inserimento». «Prendo partito per i più poveri», afferma, «cerco consenso e patti, alleanza con tutti i settori della società. E mi vogliono zittire perché dicono che questo è fare politica, quando la mia unica politica è quella del Vangelo e la mia unica militanza è quella della fede che si impegna fino a dare la vita». «Mi duole», aggiunge, che l’«invito al silenzio mi sia giunto dalla Nunziatura per il mio lavoro con i più poveri perché la loro voce risuoni in questo deserto di democrazia sequestrata e senza etica». Suor Lucía conclude esprimendo il desiderio di incontrare il papa, argentino come lei: «Come argentina, come seguace di Gesù, come consacrata al servizio del Vangelo, mi sento in profonda comunione con Lei e vorrei poterle dare un abbraccio fraterno, latore della confortante forza dello Spirito che ci muove e ci libera». (eletta cucuzza)

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