Socci scomunica il Papa

«Vogliono vedere sino a che punto può arrivare» viene spiegato nel film ‘Private Parts’ modellato sul conduttore radiofonico statunitense Howard Allan Stern per chiarire il successo della sua assoluta scorrettezza. Il nostro Howard Stern per orgogliosa elezione è in primo luogoGiuseppe Cruciani, che lo rivendica a tal punto da mettere quel passaggio audio come ricorrente apertura della sua quotidiana trasmissione radiofonica ‘La Zanzara’ su ‘Radio24’. Ma a Cruciani che si destreggia tra eccessi sessuali e passioni stercorarie fa da speculare contraltare l’altra faccia della rincorsa all’eccesso, il cattolicissimo per autodefinizione Antonio Socci. Totalmente privo di remore nella sua fissazione antifrancescana, nel senso di Jorge Mario Bergoglio-Papa Francesco, lui pure raggiunge ormai vette di delirio masturbatorio. E si vede che i preti non gli devono avere ben spiegato che se abusare della pratica potrebbe forse essere dannoso per la vista, certamente lo è per il pensiero quando ci si avviluppa unicamente al rapporto con se stessi.

Il Papa che vuole mettersi al posto di Dio’ titola il suo consueto intervento domenicale del 20 marzo 2016 sul quotidiano ‘Libero’. «Si fonderà una ‘nuova Chiesa’ basata sul verbo cattoprogressista di Bergoglio e di Walter Kasper, anziché sul Vangelo di Cristo?». Dopo un così delicato esordio si passa alla rilevazione degli intenti del perfido gesuita: «(…) se è evidente il proposito di Bergoglio di ribaltare la Chiesa Cattolica, è anche vero che lui sa di dover agire con astuzia e gradualità, in modo di non cadere nella fattispecie del ‘papa eretico’, che pure è previsto dal diritto canonico, con tutto ciò che ne conseguirebbe». Cioè, evidentemente, quanto già oggi nella teologia socciana è assodato: Papa Francesco èeretico. Prosegue titolando di ‘Apostasia’: «Ovviamente la dottrina della Chiesa dice l’opposto» e «La teoria morale di Bergoglio (…) non ha niente di cattolico ed è esplicitamente condannata dal Concilio di Trento (…)». Alé. Passando poi a trattare della ‘Vittoria di Kasper sulla Chiesa’, preconizza lo scontro finale: «Se uscirà un documento siffatto si aprono dunque scenari drammatici nella Chiesa» riferendosi all’imminente pubblicazione dell’Esortazione papale post Sinodo sulla famiglia.

La conclusione di questo ‘capitolo’ è affidata da Socci all’imperdibile opinione delVenerabile piemontese Pio Brunone Lanteri, vissuto tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, che sosteneva «il Santo Padre (…) è vicario di Dio, ma non è Dio, né può distruggere l’opera di Dio» come evidentemente a parer di Socci sta oggi facendo. Lo stigma finale è poi mutuato dal Cardinale svizzero Charles Journet, defunto una quarantina di anni fa e quindi anche lui momentaneamente impossibilitato a dissociarsi: «Quanto all’assioma ‘dove è il papa lì è la Chiesa’, vale quando il papa si comporta come papa e capo della Chiesa; nel caso contrario né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa». E così Bergoglio è sistemato, con l’annuncio della sua ormai pressoché certa dichiarazione di eresia da parte del Supremo Tribunale dell’Inquisizione composto e presieduto dal Socci medesimo. E queste sono solo alcune delle ricorrenti intemerate espressione della fissazione ossessiva di Socci per la denuncia del ‘traditore’ Bergoglio.

Questa ultima, ma certo non ultima, uscita viene infatti dopo averci già offerto sullo stesso quotidiano il 13 marzo precedente un sagace ‘Lutero in affitto’. Gustoso calembour, assai poco gustoso contenuto di cui offriamo qualche assaggio. «A tre anni dall’elezione di papa Bergoglio, sia i suoi sfegatati sostenitori, sia i suoi critici, sono d’accordo su un punto: egli rappresenta una rottura nella millenaria storia della Chiesa. Su questo c’è unanimità.(…) il Papa è servo della verità rivelata, non padrone. Non può mutarla o disporne a suo arbitrio, altrimenti decade dal papato. O sarebbe l’apostasia e la fine stessa della Chiesa Cattolica. È proprio in mezzo a questo vertiginoso guado – fra una rottura radicale, che pare continuamente vagheggiata, e la paura di compiere lo strappo ufficiale – che sembra trovarsi oggi il pontificato di Bergoglio». Tratteggiando anche «La sua ambiguità, da Giano bifronte (…)». E ancora. «Si è scelto di picconare gradualmente e quotidianamente l’edificio sacro, anziché abbatterlo di colpo. Tuttavia i danni sono già enormi. (…) Fra gli applausi dei nemici di Cristo (…). Così ora la situazione sembra precipitare ogni giorno di più». Un ‘delirio in progress’, ma col fascino di farti venire voglia di seguirlo proprio per vedere dove ancora possa arrivare. Giusto per cogliere fior da fiore in una produzione a tal proposito assidua il 27 settembre 2015 aveva già avanzato, sempre su ‘Libero’, il drammatico interrogativo ‘Per chi lavora il vescovo argentino?’. «(…)  papa Bergoglio è instancabile, un vero ciclone. Ma il suo travolgente viaggio americano ha fatto sorgere in alcuni cattolici una domanda: quali obiettivi persegue? Per chi lavora?  È improbabile che lavori per il Dio dei cattolici (…). Del resto chi finora ha cercato nei suoi discorsi americani il nome di Gesù Cristo l’ha trovato raramente e spesso in citazioni formali e marginali. Un ecclesiastico ironico sostiene che Bergoglio non lavora ‘a maggior gloria di Dio’, ma ‘a maggior gloria di io’». 

Così tra fuochi d’artificio vari e ricerca di ‘nuovi livelli’ prosegue l’escalation di Socci. I suoi ‘compari d’avversione’ nei confronti di Francesco seguono a ruota, ma un po’ in affanno a confronto di tale fuoriclasse. Aspettiamo però fiduciosi le prossime mosse dei sempre vivaci Giuliano Ferrara e Sandro Magister, che pure dell’opposizione al sacerdote venuto dai confini del mondo hanno fatto un elemento distintivo. Mentre sullo sfondo, minaccioso ed autorevole, si staglia il silenzio sul tema del più credibile di tutti. Vittorio Messori tace, di fatto, sull’argomento dall’esplosivo articolo ‘I dubbi sulla svolta di Papa Francesco’ nel ‘Corriere della Sera’ del 24 dicembre 2014. Astensione significativamente condita solo da due interventi su testate a diffusione di nicchia: ‘Una mattina nell’eremo del Papa emerito’ su ‘La nuova Bussola Quotidiana’ del 16 settembre 2015 e l’intervista titolata ‘Per Vittorio Messori ‘certe parole del Papa’ possono essere fraintese da persone non vicine alla Chiesa’ su ‘La Fede Quotidiana’ del 27 novembre 2015. Un silenzio che parla.

(lindro.it)

in basso il testo di Socci tratto da liberoquotidiano

L’Esortazione post sinodale, appena firmata da papa Bergoglio (ma non ancora resa nota), sarà dunque una rivoluzione nella Chiesa? Si fonderà così una «nuova Chiesa» basata sul verbo cattoprogressista di papa Bergoglio e di Walter Kasper, anziché sul Vangelo di Cristo?

In effetti in queste ore il cardinale Kasper, il grande avversario di Joseph Ratzinger, annuncia una vera e propria «rivoluzione». Kasper è colui che Bergoglio utilizzò nel febbraio 2014, al Concistoro, per lanciare la «bomba» della comunione ai divorziati risposati: non che a Bergoglio importi dei divorziati che vogliono fare la comunione, ma costoro sono stati usati come forza d’urto per terremotare la dottrina cattolica dei sacramenti.

Lunedì scorso, in un incontro a Lucca, alla vigilia della firma dell’Esortazione, Kasper già non sapeva trattenersi: «Sarà il primo passo di una riforma che farà voltare pagina alla Chiesa dopo 1700 anni».  Il testo dell’Esortazione sarà reso noto a metà aprile, ma Kasper – che lo conosce – già proclama la propria vittoria: «Il documento segnerà l’inizio della più grande rivoluzione nella Chiesa da 1500 anni a questa parte».

Anche Vatican Insider ha titolato sul documento citando le parole di Kasper: «Sarà rivoluzionario». In effetti – con gli amici – Bergoglio ama civettare dicendo «sono un rivoluzionario» (come ha rivelato Scalfari su Repubblica il 24 dicembre scorso).  Tuttavia se è evidente il proposito di Bergoglio di ribaltare la Chiesa Cattolica, è anche vero che lui sa di dover agire con astuzia e gradualità, in modo da non cadere nella fattispecie del «papa eretico», che pure è prevista dal diritto canonico, con tutto ciò che ne conseguirebbe. Infatti Bergoglio ama rappresentarsi così: «Posso dire che sono un po’ furbo, so muovermi». E questo spiega ciò che si è letto ieri in un’altra anticipazione uscita su Repubblica a firma Alberto Melloni.

Dal suo articolo apprendiamo – come del resto era prevedibile – che nell’Esortazione non ci sarà un cambiamento formale della dottrina, perché il Papa non può certo dire esplicitamente che vanno cestinati il Vangelo e il magistero bimillenario della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio e sull’accesso all’eucarestia. Si delegittimerebbe da solo.

Dunque cosa dice l’Esortazione, secondo Melloni? Tutto verrebbe fatto passare sotto la forma – apparentemente innocua – della pastorale e della «piena partecipazione» alla vita della Chiesa dei divorziati risposati. Melloni parte dall’assunto (fantasioso) che «quasi tutti i parroci» danno già la comunione ai divorziati risposati e quindi si tratterebbe «solo» di «legittimare una prassi e non fondarla teologicamente. Nella “misericordia”, appunto».

In realtà con tale prassi – di fatto – si legittimerebbe anche una teologia non cattolica dell’eucarestia, del matrimonio e della confessione senza dirlo esplicitamente, quindi senza mettere nero su bianco affermazioni eretiche. Secondo Melloni, Bergoglio agirebbe «chiamando a responsabilità i vescovi a cui restituisce i poteri effettivi». Lo ha fatto con il Motu proprio sulle «nullità matrimoniali». Forse lo farà anche incaricando i vescovi di legittimare l’accesso all’eucarestia di alcuni divorziati risposati senza più l’impegno a vivere «come fratello e sorella» che era chiesto finora dalla Chiesa?

Così papa Bergoglio delegherebbe i vescovi ad autorizzare (senza in realtà averne alcun potere) una nuova prassi sacramentale che di fatto – tacitamente – legittimerebbe a cascata le seconde (o anche terze) nozze e stravolgerebbe i sacramenti dell’eucarestia e della confessione. E soprattutto dispenserebbe dall’osservanza dei Comandamenti, potere che nessuno ha sulla terra.

Ben difficilmente tutto questo potrebbe essere accettato dalla Chiesa. Anzitutto perché non è affatto vero che oggi è normale, per i divorziati risposati, fare la comunione: tutti sanno che la Sacra Scrittura (quindi la Chiesa) non lo ammette se non a patto di una convivenza non matrimoniale. I vescovi che in passato hanno contravvenuto lo hanno fatto con una grave disobbedienza (e sappiamo che il cardinal Bergoglio, a Buenos Aires, era fra questi).

In secondo luogo non è possibile separare dottrina e prassi perché se si legittima una prassi opposta a quella cattolica nell’amministrare i sacramenti, automaticamente si afferma una dottrina eterodossa. È vero che strane teorie sui sacramenti già sono state esplicitamente formulate da Bergoglio, ma senza essere formalizzate in testi magisteriali.

A novembre, parlando ai luterani di Roma, sostenne che sull’Eucarestia protestanti e cattolici sono divisi solo da diverse «interpretazioni», aggiungendo che però «la vita è più grande delle spiegazioni e interpretazioni» (declassando così il dogma cattolico a «opinione» parificata a quella protestante). Poi, l’11 febbraio scorso, parlando al clero romano, Bergoglio se ne uscì con una singolare idea del sacramento della confessione, secondo cui anche se uno non confessa certi peccati dovrebbe essere assolto perché «ha parlato con il gesto di venire» al confessionale.

Ovviamente la dottrina della Chiesa dice l’opposto. Ma Bergoglio è andato oltre ed ha affermato che i confessori non devono esigere nemmeno il «proposito» di non peccare più (come prescrive la Chiesa), perché – secondo lui – anche qui basterebbe il gesto di andare al confessionale. Infine Bergoglio ha aggiunto un esempio che fa pensare proprio al caso del divorziato risposato: «E se una persona dice: “Io non posso promettere questo”, perché è in una situazione irreversibile, c’è un principio morale: ad impossibilia nemo tenetur, nessuno è tenuto a fare cose impossibili».

Forse queste sono le «nuove» confessioni e assoluzioni, targate Bergoglio, per i divorziati risposati, ma come si può pensare che siano sacramenti validi? La teoria morale di Bergoglio per cui ad impossibilia nemo tenetur non ha nulla di cattolico ed è esplicitamente condannata come dal Concilio di Trento: «Se qualcuno dice che anche per l’uomo giusificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili a osservarsi, sia anàtema».

Se quella anticipata da Melloni è davvero la via sottoscritta da Bergoglio, si tratta esattamente della proposta del cardinal Kasper nella sua relazione al Concistoro del febbraio 2014. Solo che a quel Concistoro la linea Kasper, che aveva l’entusiastico appoggio di Bergoglio, fu bocciata dal 75 per cento dei cardinali. E poi è stata di nuovo bocciata dai due Sinodi del 2014 e del 2015. Dunque il papa, in barba alla tanto osannata (a parole) sinodalità, avrebbe messo la firma su quella stessa teoria kasperiana che è stata bocciata tre volte dai cardinali e dai vescovi (oltre a risultare bocciata da tutto il magistero precedente e soprattutto dalla Sacra Scrittura).

Se uscirà un documento siffatto si aprono dunque scenari drammatici nella Chiesa. Proprio in queste ore del resto, è uscito in Spagna un libro-intervista del cardinale Gerard Muller dove il prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede afferma che non è possibile dare la comunione ai divorziati risposati e ciò è «dovuto al carattere di diritto divino della indissolubilità del matrimonio». Erroneamente si crede che il Papa possa cambiare la verità rivelata, ma egli non ne è padrone, bensì servo. Il venerabile Pio Brunone Lanteri, che pure era un grande difensore del papato, diceva apertamente: «Mi si dirà che il Santo Padre può tutto, quodcumque solveris, quodcumque ligaveris etc. è vero, ma non può niente contro la divina costituzione della Chiesa; è vicario di Dio, ma non è Dio, né può distruggere l’opera di Dio».

Un altro grande uomo di Chiesa, il cardinal Journet, affermava, ricordando la dottrina di sempre: «Quanto all’assioma “dove è il papa, lì è la Chiesa”, vale quando il papa si comporta come papa e capo della Chiesa; nel caso contrario, né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa».

di Antonio Socci

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