Il killer da 130 omicidi che andava a messa tutte le sere

 

La cattura di Domencio Mancuso
La cattura di Domencio Mancuso

Per la sua cattura a Castelvecchio, una frazione di Imperia, ha esultato il capo della polizia colombiana, generale Rodolfo Palomino: «Questo arresto – ha detto – dimostra come i criminali non possano trovare un solo angolo del mondo dove nascondersi».
Domenico Mancuso Hojos, 49 anni, da due viveva nel residence «Il Sogno» mimetizzato nella piccola comunità locale. «Non siamo rimasti solo basiti, siamo sconvolti», ha detto il parroco della chiesa frequentata da Mancuso, don Guido. Quel colombiano taciturno, quasi sempre solo (aveva ricevuto la visita di un connazionale sacerdote, poi della moglie con due bimbi), che si accompagnava a un cugino figlio del boss Salvatore Mancuso detto El Mono (la Scimmia), era infatti «devotissimo». Si presentava alla messa serale ogni santo giorno della settimana e la domenica «non mancava mai di fare la Comunione» dice il parroco.

Secondo la giustizia colombiana, che ha spiccato un mandato di cattura internazionale, l’uomo è un narcotrafficante responsabile direttamente o indirettamente di 130 omicidi. Droga, riciclaggio, armi e soprattutto comando delle organizzazioni paramilitari che fra gli anni Novanta e il 2000 si macchiarono in Colombia di atroci massacri, uno dei più efferati – di questo è ritenuto responsabile Mancuso – fu la strage di Gabarra nel 1999, con ottanta morti ammazzati. Due giorni sono bastati agli uomini del Gico e della Guardia di Finanza per essere sicuri dell’identificazione di Mancuso che aveva ottenuto dal Comune di Imperia una regolare carta di identità con il suo vero nome ed era titolare di un altrettanto regolare contratto di comodato ad uso gratuito dell’appartamento. Proprietario un imperiese da qualche anno trasferitosi a Bogotà e ufficialmente residente all’estero.
Gli uomini del Gico e dell’Interpol con uno stratagemma hanno indotto il boss a uscire di casa nel pomeriggio (imprudente introdursi nell’appartamento al buio) mentre un elicottero ha seguito le fasi del trasferimento nel carcere di Marassi. Lui, l’uomo che secondo la polizia colombiana è un feroce criminale, leader del Bloque Catatumbo e dell’Auc, Autodefensas Unidas de Colombia, formazioni paramilitari legate alla criminalità più feroce, non era armato e non ha opposto resistenza. Si è dimostrato stupito e ha chiesto se era accusato di aver «fatto qualcosa di male in Italia»; quando gli agenti gli hanno spiegato che eseguivano un mandato di arresto internazionale non ha più parlato. Né ha voluto spiegare come si manteneva da due anni permettendosi viaggi settimanali a Montecarlo dove, forse (il generale Palomino ne è convinto), pianificava i suoi affari.

Gli abitanti di Castelvecchio ancora non si spiegano questa doppia vita: «Mancuso è andato in pellegrinaggio a Pietrelcina – ha detto il parroco al sito Riviera24 – perché è devotissimo di Padre Pio e mi ha portato in regalo una statuetta del Santo che tengo in parrocchia. Cosa posso fare? Non posso spaccare una statuetta perché l’ha comprata un criminale. Mancuso era sempre disponibile anche a portare la statua della Madonna alle processioni mariane e al lavaggio dei piedi il Venerdì santo, umilissimo». Al collo, al momento dell’arresto, sulla t-shirt bianca aderente al torace muscoloso spiccava un cordoncino con la croce.

di Erika Della casa, corriere.it

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