IL DOCUFILM L’Albania fascista (e comunista) di “Alfredo C.”

«La cinematografia è l’arma più forte» dichiarava Mussolini. E lo sapeva bene anche tale Alfredo Cecchetti, cineoperatore del regime fascista che lo diventò “per caso” del regime comunista in Albania dopo l’8 settembre 1943. Per dirla alla Sordi è la «storia di un italiano», quella raccontata ne La macchina delle immagini di Alfredo C. del regista Roland Sejko (vincitore del David di Donatello per Anja – La nave). Il regista, nato e cresciuto in Albania, oggi cittadino italiano e direttore della redazione editoriale dell’Archivio Storico Luce, ha presentato nella sezione Orizzonti Extra il docufilm che rievoca una pagina dimenticata della storia: quella dell’occupazione dell’Albania da parte dell’Italia fascista. Nel 1939 sbarcarono 180mila soldati, poi migliaia di operai, coloni e tecnici italiani, mentre l’Italia assumeva il monopolio di strade e pozzi di petrolio. Nel novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. A fine 1945 in Albania si trovano trattenuti 27.000 italiani tra reduci e civili che debbono lavorare per il nuovo regime. Verranno rimpatriati a scaglioni a partire dal 1946 sino agli inizi degli anni ’50, qualcuno addirittura nel ’91 mentre di altri non si sa più nulla. In questa moltitudine c’è anche un operatore cinematografico. Alfredo C. ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la oliata macchina del regime in Italia. Poi nel ’39 è stato inviato a documentare l’occupazione italiana in Albania e dal ’44 deve invece riprendere i successi del regime comunista. A tenere unite e commentare le preziose immagini di repertorio è Alfredo (ben interpretato da Pietro De Silva), chiuso nel magazzino circondato da migliaia di pellicole che rivede su una vecchia moviola. Il docufilm mette a confronto immagini dell’Istituto Luce, molte delle quali inedite e di diversi autori, riprese perfette e retoriche di parate e folle oceaniche, oltreché di Mussolini in tutte le sue vesti, da Duce battagliero a pettoruto contadino. Poi ritroviamo Alfredo in Albania, e qui le riprese sono tutte sue, a filmare parate di bambini col braccino levato, ma anche i nostri soldati sulle pendici del Monte Golico, che ci costò 20mila caduti all’inizio della guerra di Grecia. Con l’Armistizio anche il cineoperatore si ritrova bloccato, come migliaia di italiani. All’arrivo della liberazione è l’unico cineoperatore in Albania, arruolato seduta stante dal regime comunista. Ora nei suoi filmati le parate inneggiano ai ritratti di Stalin e di Lenin e la folla osanna il Comandante Hoxha ‘benedicente’ il popolo. Da dittatore a dittatore. Poi iniziano gli arresti e i processi agli italiani, volti smagriti e impauriti, e la cinepresa inquadra impiccagioni e fucilazioni. «La storia degli italiani trattenuti in Albania è quasi dimenticata – spiega il regista –. Durante le lunghe ricerche negli archivi cartacei italiani e albanesi, in un documento di rimpatrio nell’Archivio Centrale dell’Albania ho notato un nome che conoscevo: era quello dell’operatore dell’Istituto Luce in Albania, Alfredo Cecchetti. Ora il suo nome, lo trovavo in un documento indirizzato al Minculpop del Governo Democratico dell’Albania». Una accorata richiesta di rimpatrio: «Il sottoscritto Alfredo Cecchetti, operatore foto- cinematografico presso codesto Ministero, chiede di essere rilevato dal suo compito per poter rimpatriare in Italia per ragioni familiari». Dichiarava tra l’altro di avere svolto bene il suo compito come operatore e di avere dato «istruzioni che possiamo chiamare anche lezioni» al compagno Mak, pseudonimo di Mandi Koçi, il primo operatore cinematografico albanese, che firmerà dagli anni 40 quasi tutti i documentari di propaganda albanesi. La storia dell’operatore di due regimi era perfetta per Sejko come chiave di lettura per dare un fil rouge al ricchissimo il materiale proveniente dall’Archivio Storico Luce, dall’archivio del film d’Albania e di altri archivi da Londra a Mosca. Di Alfredo Cecchetti si perdono le tracce dopo il suo rientro in Italia intorno al 1950. Resta una piccola grande lezione da questo film dove Sejko ci mette in guardia contro le tecniche persuasive sempre vive del populismo e del nazionalismo.

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Pietro De Silva è il cineoperatore del regime Alfredo Cecchetti nel film di Sejko

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