Se i preti di strada parlano di Benedetto XVI, dimenticanze e falsi elogi. Comunque ha avuto coraggio a dimettersi e da teologo era favorevole ai preti sposati

Ratzinger, i preti di strada sul papa emerito “incapace di relazionarsi con la gente”. Zanotelli: “Gesto più bello? Le dimissioni”

Il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati fondato nel 2003  interviene sulle dichiarazioni di alcuni preti cosiddetti “di strada” (ma che di “strada” vera hanno spesso pochissimo): Papa Ratzinger di fatto ha compiuto con le dimissioni una sorta di denuncia di molti uomini di Chiesa e delle loro prassi di comportamento lontane dagli ideali evangelici.

Da giovane teologo progressista, nel 1970 il futuro Benedetto XVI scrisse una lettera ai vescovi tedeschi per cambiare la legge sul celibato. La missiva è rimasta segreta per decenni. Ratzinger diceva sì ai preti sposati

Quando Ratzinger contestava il celibato obbligatorio dei preti.  Le tesi dell’allora cardinale Ratzinger vennero diffuse dal nostro blog dei sacerdoti sposati e riprese dal Vaticanista Andrea Tornielli.  Non è un abbaglio, ma una verità, ancora poco nota che racconta al meglio le tre vite di Benedetto XVI: il giovane teologo progressista, il custode dell’ortodossia cattolica poi Pontefice fustigatore del relativismo e infine il Papa emerito dalla autoimposta clausura.  Si tratta di una lettera del 1970, firmata da nove teologi, fra i quali il futuro successore di Pietro, ai tempi 42enne..

Nella missiva i consulenti dell’episcopato tedesco avanzavano ai vescovi l’idea di una revisione del divieto di matrimonio. “Pieni di timor di Dio – si legge nel testo rimasto segreto per decenni – , poniamo la questione della situazione d’emergenza della Chiesa. I nostri ragionamenti riguardano la necessità urgente di una riflessione e di un approccio differenziato sulla legge del celibato della Chiesa. Siamo convinti che ciò sia necessario al più alto livello ecclesiastico”. A chi avrebbe potuto avanzare dubbi sull’opportunità di un simile approfondimento, l’allora docente dell’università di Ratisbona, Rahner, Kasper e Lehmann (per citare gli altri principali firmatari) replicavano richiamando l’attenzione sui seminari vuoti, la solitudine dei preti e sulla perdita di riconoscimento del proprio ruolo in una società sessualizzata. La lettera cadde nel vuoto, gli anni passarono, Ratzinger, complice il radicalismo crescente della sinistra cattolica, cambierà alcune posizioni. Come sul celibato (anche se nel 2009 da Papa riammise i pastori anglicani uxorati in rotta con Canterbury) che, il papa emerito affermava essere “indispensabile” nel sacerdozio. La tesi solleva qualche interrogativo, se posta a confronto col decreto conciliare Presbyterorum ordinis (1965). Un testo in cui si sostiene come “la perfetta e perpetua continenza (per la Chiesa il sesso è ammesso solo nelle nozze, ndr)… non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio”. Un documento che Ratzinger, perito al Vaticano II, contribuì a sviluppare (tratto da quotidiano.net).

Di seguito alcune tesi su Ratzinger di preti di strada di oggi criticate dai preti sposati italiani:

“Il gesto più bello di Papa Benedetto, per il quale resterà nella storia, sono le sue dimissioni”, ma “è stato un pontefice intransigente, incapace di relazionarsi con la gente”. Il giorno dopo la morte di Joseph Ratzinger, 95 anni, non tutta la Chiesa ha parole solo di elogio. C’è anche chi, come il comboniano padre Alex Zanotelli o il fondatore di “Exodus” don Antonio Mazzi, lo ricordano con parresia. E se don Maurizio Patriciello, parroco sotto scorta al Parco Verde a Caivano, parla del Papa emerito come “di un umile servitore della Chiesa che ci ha insegnato tanto di là di quello che abbiamo compreso”, padre Zanotelli non scorda luci e ombre del Santo Padre tedesco: “Era un intellettuale ed è rimasto tale fino alla fine, sempre. Ho parlato con tanti preti tedeschi che mi hanno confidato la sua incapacità a relazionarsi con la gente”.
Il missionario che ora vive al quartiere “Sanità” di Napoli non dimentica nemmeno le ferree posizioni dello scomparso Capo della Chiesa: “Ha fatto soffrire tanti teologi. Uno per tutti: Jacques Dupuis che ha scritto “Non sono un eretico” sul pluralismo religioso”. Le sue posizioni, a cavallo dell’anno 2000, gli costarono le critiche e l’indagine della Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dall’allora cardinale Ratzinger: “Dupuis è morto piangendo. Benedetto XVI è stato integro ma duro. Ciò che ha sostenuto il teologo gesuita ora è stato sdoganato da Papa Francesco”. L’unico elogio dell’ex direttore di “Nigrizia” per il successore di Giovanni Paolo II è per aver lasciato la cattedra di San Pietro: “E’ stato coerente non solo perché non ce la faceva più, ma perché per la prima volta dopo centinaia di anni un Papa si faceva da parte. Non è stato un passaggio facile per lui”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è don Mazzi, 93 anni, quasi coetaneo del pontefice scomparso. Ma la sua è una vita dedicata ai tossicodipendenti: “E’ stato una figura affascinante per i teologi, per i biblisti, ma mi sento più vicino a Francesco che ho incontrato la scorsa settimana”. Il prete veronese non vuole essere critico ma lo definisce “molto tedesco, molto teologico, oserei dire dall’altra parte rispetto all’attuale pastore della Chiesa”. Don Mazzi non l’ha mai incontrato personalmente ma ama riprendere il caso delle sue dimissioni: “E’ stata un’azione straordinaria, una scelta molto meditata e conoscendo la storia della Chiesa non ha fatto di testa sua, ma ha preso la decisione migliore”.
Ad avere un ricordo personale di Benedetto XVI è, invece, don Maurizio Patriciello: “L’ho visto con i giornalisti di Avvenire. E’ indimenticabile la sua mano tenera, bianchissima. Solo la storia farà comprendere la grandezza di questo Papa che è arrivato dopo Karol Wojtyła che era molto mediatico. Ha lasciato il pontificato con coraggio, senza farsi influenzare da nessuno. Chi, dei nostri cattolicissimi fratelli, lo ha criticato, ha polemizzato su di lui, non l’ha capito e nemmeno io li comprendo”. Il sacerdote anti camorra fa memoria delle parole che Ratzinger, da cardinale, pronunciò alla Via Crucis celebrata al posto di Giovanni Paolo II, già molto ammalato: “Parlò di sporcizia nella Chiesa, a proposito della pedofilia” (Il Fatto Quotidiano).


per maggiori informazioni scrovere a sacerdotisposati@gmail.com

per la pubblicazione dell’artico si prega vivamente di indicare la fonte

Coronavirus: da Zanotelli a Ciotti, da Rigoldi a Mazzi. Le parole dei preti “vip” nella Pasqua. Per il Movimento Internazionale dei sacerdoti sposati meglio il silenzio

Riflessioni e auguri dei sacerdoti “di frontiera”. Il priore di Bose Enzo Bianchi: “Questa situazione di emergenza è anche un’opportunità per imparare qualcosa da quello che viviamo”. Il fondatore di Libera: “Ascoltare il grido dei “crocifissi” di oggi: i poveri, gli esclusi, i fragili, i senza casa e senza patria”. Il prete anticamorra don Patricello: “La pietà che desideriamo che venga usata nei nostri confronti, la dobbiamo avere per i più bisognosi, per i più poveri”. Il cappellano del carcere Beccaria: “Questo Paese è un po’ come gli adolescenti ha bisogno di padri”….

Il Testo è tratto da un articolo de Il Fatto Quotidiano https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/04/12/coronavirus-da-zanotelli-a-ciotti-da-rigoldi-a-mazzi-le-parole-dei-preti-degli-ultimi-nella-pasqua-dei-lutti-siamo-soli-e-angosciati-ma-e-loccasione-di-essere-custodi-degli-altri/5767802/

Coronavirus: da Zanotelli a Ciotti, da Rigoldi a Mazzi. Le parole dei preti degli ultimi nella Pasqua dei lutti: “Siamo soli e angosciati, ma è l’occasione di essere custodi degli altri”

“Vuote parole, secondo la redazione del nostro blog fondato nel 2003 da don Giuseppe Serrone, meglio avrebbero fatto a stare in silenzio in questo momento particolare. Spesso nei media vengono riportate dichiarazioni di preti che cercano molte vole in parte cercano la loro gloria piuttosto che eleborare una riflessione coerente al momento particolare che stiamo vivendo. Lo scenario certo non è dei migliori: lotta a contendersi lo spazio sui media”.

Interessante invece l’articolo apparso su settimananews con un articolo di Piotr Zygulski “La Chiesa che cambia”:

Il nesso liturgia-vita

Un altro, già menzionato, riguarda la sacramentalizzazione della fede che spesso confligge con un’esperienza viva della Parola. Già durante le vacanze estive in svariate parrocchie si viveva una sorta di “chiusura della baracca”, come se anche la Chiesa andasse in ferie. Sia allora, ma più che mai adesso, è bene che questo difficile “tempo vuoto” che ci costringe a sperimentare la mancanza venga vissuto non nello svago né nella noia in attesa che passi presto, ma nella pienezza del Vangelo, alla luce del quale abbiamo tutto l’essenziale per lavorare su noi stessi, come ha suggerito Gero Marino, vescovo di Savona-Noli.

È quindi – osserva Rocco Gumina – un tempo per ritessere le fila tra liturgia e vita, nella quale i credenti celebrano in modo straordinario la liturgia della vita osservando le disposizioni dell’autorità pubblica e contribuendo a salvare vite umane; prendendo sul serio la nostra cittadinanza nella comunità politica che ci ospita, si ha che l’esito di questa è legato a doppio filo con la nostra vera Patria.

La responsabilizzazione del laicato è quindi molto di più che attribuire un ruolo a una catechista, perché riguarda in generale l’impegno di tutti al bene comune, cioè a vivere intensamente la vocazione battesimale, che è sacerdotale (offrire ogni cosa a Dio), profetica (testimoniare in ogni contesto) e regale (far regnare l’amore in ogni relazione). Resta parimenti viva l’esigenza di ripensare la figura e il ruolo del prete, soprattutto a causa delle messe in “assenza di popolo”; ma il Popolo può mai essere davvero assente? Tali messe, impropriamente dette “in privato”, non devono mai diventare “private”, nel senso di esclusive per una cerchia di pochi eletti, fossero anche il prete e il suo cameraman di fiducia.

Il rischio di una riproposizione del modello tridentino, segnalato dalla teologa Segoloni Ruta, non è da sottovalutare: alcune celebrazioni anziché riunire la comunità la dividono; non era forse meglio insegnare a pregare in famiglia e digiunare tutti?

Il momento costringe anche i pastori a una certa distanza fisica; non è allora solo questione di ripensare la liturgia, ma anche la pastorale, per una conversione ad una maggiore prossimità al gregge affidato, condividendo l’uguaglianza del battesimo e delle preoccupazioni in un momento difficile, anziché usare i mezzi di comunicazione per riaffermare l’unidirezionalità del rapporto clericale tra chi, celebrando, comanda e chi, invece, è un mero destinatario delle indicazioni da espletare o della fama dei suoi followers.

Don Mazzi favorevole ai preti sposati

In un’intervista a corriere.it di Candida Morvillo dichiara la propria possibile non contrarietà ai preti sposati

È favorevole anche ai preti sposati?
«Non capisco perché no».

fonte: http://www.corriere.it/cronache/18_aprile_09/don-mazzi-il-vaticano-svuoterei-corona-preti-sposati-30d7a6ce-3b5d-11e8-a583-1c5ca1ebe852.shtml