Il vescovo: «Chiedo perdono alle vittime e a San Giuliano»

Nella lettera alla Diocesi per la Quaresima: «Grava sul mio animo la tristezza di non essere riuscito a far pervenire con chiarezza a queste famiglie la mia sollecitudine»
Monsignor Coletti parla per la prima volta dopo la decisione del Papa di ridurre allo stato laicale Marco Mangiacasale

«Sento fortemente in me il desiderio di rivolgere una parola alla comunità parrocchiale di San Giuliano in Como, e a tutte le persone che hanno in vario modo sofferto per la vicenda che ha portato il Santo Padre, a conclusione dell’indagine canonica diocesana, a dimettere il sacerdote Marco Mangiacasale dallo stato clericale. Rinnoviamo alle giovani vittime e alle loro famiglie la domanda umile e accorata di perdono per tutto il male che hanno dovuto subire nella speranza che si possa partire da qui per intraprendere il cammino della riconciliazione. Grava sul mio animo la tristezza di non essere riuscito a far pervenire con chiarezza a queste famiglie la mia sollecitudine, intenzione che, pure, era nel mio cuore, e per la quale ho lungamente riflettuto e pregato».
A scrivere questo lungo passaggio, contenuto nel messaggio di Quaresima rivolto ai fedeli della Diocesi di Como e intitolato “Riconciliazione, giustizia e misericordia”, è il vescovo monsignor Diego Coletti. Che, per la prima volta da quando è esplosa la notizia della dimissione dallo stato clericale dell’ex parroco di San Giuliano (condannato in due gradi di giudizio a tre anni e mezzo di pena per la violenza sessuale su cinque ragazzine minorenni dell’oratorio) prende carta e penna per parlare della vicenda. La Diocesi per la verità si era già espressa sul sito Internet in una lettera firmata da monsignor Angelo Riva che aveva però suscitato molte polemiche, tra cui anche quella del parroco di San Giuliano, don Roberto Pandolfi, che aveva preso la parola chiedendo le dimissioni del vicario episcopale nonché direttore de “Il Settimanale”.
Una posizione forte, giustificata dal fatto che nella lettera si parlava dell’imputato, Marco Mangiacasale («la Chiesa di Como sa di volergli bene e di dovergli porgere il balsamo della misericordia», poi definito anche «un buon prete») ma non delle vittime. «Tacere mi sarebbe sembrato vile, poco caritatevole e contrario al Vangelo», aveva scritto don Roberto prima di chiedere le dimissione di monsignor Angelo Riva.
Una vicenda che aveva portato alla ribalta, in modo lampante, anche la spaccatura in seno alla Chiesa comasca, o meglio tra i fedeli e i frequentatori di quelli che don Roberto chiamava i «palazzi felpati». Ora, dopo giorni di silenzio “assordante” (anche in seguito a una malattia che aveva reso impossibile la visita pastorale del vescovo proprio a San Giuliano), la guida della Diocesi prende per la prima volta la parola dopo la decisione di Papa Francesco di togliere il “don” a Marco Mangiacasale.
«Il perdono del Signore, che la comunità cristiana continuamente invoca, possa riportare in tutti la serenità e la gioia del Vangelo – scrive monsignor Coletti – così da aiutarci a riannodare i fili spezzati del dialogo, dell’incontro, dell’umana condivisione, della comprensione reciproca». E ancora: «Per la parrocchia di San Giuliano, che sappiamo essere addolorata e disorientata – scrive il vescovo – possa questa Quaresima costituire una fonte di luce e di consolazione, dove poter sperimentare la tenerezza di Dio e la riconciliazione fraterna che da essa deriva». Non manca un ultimo accenno all’ex don Marco: «Nulla può attutire la gravità delle sue azioni – è la chiosa – Egli, però, rimane per tutti un fratello nella fede, da sostenere e accompagnare nel suo desiderio di redenzione».

Mauro Peverelli – corrieredicomo

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