Papa Bergoglio: “Cristo vuole uscire dalla Chiesa”

Papa Bergoglio: Cristo vuole uscire dalla Chiesa
“Durante il suo intervento alle congregazioni generali che hanno preceduto il conclave, il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha parlato con insistenza della necessità che la Chiesa “esca fuori” da se stessa. Egli ha detto che la Chiesa è malata, che deve prendersi cura di se stessa. Il suo breve discorso ha colpito tutti. Ha detto testualmente: “Ho l’impressione che Gesù è stato rinchiuso all’interno della Chiesa e che bussa perché vuole uscire, vuole andare via”.

Bergoglio ha chiesto ai vescovi di essere veramente pastori e non degli amministratori. Del resto, è ciò che egli ha fatto a Buenos Aires rifiutando, ad esempio, di andare ad abitare nella residenza vescovile. Così ora che è Papa con la decisione di abitare nel convitto di Santa Marta. Egli ha bisogno di vedere gente e incontrare semplicemente la gente per parlare con loro nei corridoi, durante i pasti … La parola “fuori”, si sa, è importante. Possiamo dire che questa è la parola che meglio definisce la missione di Gesù, egli è uscito fuori in qualche modo da se stesso per andare in periferia, dove l’uomo vive perso e in difficoltà”.

Così l’arcivescovo di Lione, il cardinale Philippe Xavier Ignace Barbarin – in tempo di sede vacante arrivava in Vaticano in bicicletta –, rivela come già nelle riunioni pre-conclave Bergoglio abbia usato parole dure per descrivere la situazione della Chiesa. “Cristo è rinchiuso in prigione”, ha detto il futuro Papa durante le Congregazioni generali. Parole che hanno convinto i cardinali a sceglierlo perché, dice Barbarin, “quel discorso ha colpito tutti”.

È stato il discorso durante le congregazioni a convincere i cardinali a votare Bergoglio oppure il suo nome era nella mente dei cardinali già da prima?
“Il nome del cardinale Bergoglio circolava molto fra i cardinali. Tutti però siamo rimasti colpiti durante le congregazione generali dal suo discorso. Parlava della necessità di guardare altrove. Ha raccontato dell’America Latina, dove il 40 per cento della popolazione è cattolica. Egli è stato in grado di governare la provincia gesuita affidatagli durante il difficile periodo della dittatura militare. Ben presto si è trovato a capo dell’arcidiocesi di Buenos Aires, dove ha mostrato un grande zelo missionario, in un vero spirito di povertà e di vicinanza verso tutte le persone che gli erano state affidate. Ci è apparso come un uomo di grande autorità che sa come impostare il proprio cammino e prendere le decisioni giuste. Già in questi mesi vediamo come tutte queste qualità siano state messe in campo. Soprattutto colpisce la semplicità e la chiarezza delle sue omelie, e insieme il grande programma lanciato per la riforma della curia romana. Questa è la riforma che la Chiesa si aspetta e di cui essa ha grande bisogno”.

È urgente questa riforma secondo lei?
“La riforma deve certamente avvenire. Il Consiglio dei cardinali saprà come fare. Ha l’obiettivo di riorganizzare la Chiesa, servendo le chiese locali e collaborando collegialmente con i vescovi del mondo. Possiamo dire della curia ciò che il Papa ha detto della Chiesa: “È buono e sano se essa si occupa prima di se stessa che degli altri””.

Cosa pensa delle riforma dello Ior? È giusto che il Vaticano abbia una banca?
“La questione non è se ci deve essere una banca in Vaticano o meno. È ovvio che il Vaticano ha bisogno di soldi, come ogni diocesi o istituzione della Chiesa. Ma piuttosto la questione è se e come il denaro entra in Vaticano, se tutto è trasparente o meno, verificabile, come le spese sono organizzate”.

In questi giorni un sito web cileno ha riportato le parole che il Papa avrebbe detto a dei religiosi sudamericani circa l’esistenza di una “lobby gay” in Vaticano. Esiste davvero secondo lei questa lobby? Perché il Papa ne ha parlato?
“Ovviamente, su questo argomento non so nulla. Quel che è certo è che tutti gli uomini sono peccatori, e quindi anche in Vaticano ci sono uomini che sbagliano. Sarebbe sciocco dire: “Non credete, in Vaticano è impossibile!”. Ma io non voglio amplificare voci e dicerie. Se il Papa ha qualcosa di chiaro da dire in proposito, lo sapremo. E se si decide di agire, lo farà senz’altro”.

Ratzinger nella Via Crucis del 2005 al Colosseo parlò della “sporcizia” presente nella Chiesa. Ancora Francesco parla spesso dei “mali” interni alla Chiesa. A cosa si riferiscono?
“Sì, è una triste realtà. La Chiesa, da semplice fedele al vertice della gerarchia è danneggiata e talvolta screditata dai peccati e dagli scandali di coloro che la compongono. Questa è una grande ferita interiore. Naturalmente, siamo tutti peccatori, ma se uno non lascia Cristo fuori di questo peccato, se lui non si assoggetterà alla misericordia di Dio, il danno potrà essere grande, e soprattutto se la persona che pecca si trova in una posizione di notevole responsabilità. Certo, nella storia, abbiamo visto molti Papi non essere di esempio ma crediamo che, nonostante i tanti peccati, la Chiesa goda del sostegno costante dello Spirito Santo. Egli ha parole di vita eterna”.

Spesso la Chiesa è chiamata a rapportarsi con i problemi anche più scomodi della gente. Sempre più fedeli vicino situazioni difficili. Le famiglie spesso si sfasciano. Sono tanti i divorziati risposati che non possono accedere alla comunione. Come si comporta con questi problemi a Lione? Quali soluzioni?
“Sì, la sofferenza è sempre più pesante, in generale, sia nella Chiesa di Lione che altrove. Si ha l’impressione che non solo le famiglie, ma l’intera società stia arrivando ad annullarsi, e ci si chiede con una certa ansia dove si andrà in futuro. È in atto una decostruzione quasi desiderata, programmata per staccare le radici ai giovani e qualche volta anche alle famiglie.Ma ognuno ha un suo posto nella Chiesa. Benedetto XVI lo ha ripetuto spesso. Il Signore ha scelto come uno dei pilastri della sua Chiesa un rinnegato, Pietro, che aveva vilmente abbandonato al momento della passione, e un “parassita!” della Chiesa, come Paolo, ed entrambi sono diventati pilastri della costruzione. Così egli saprà utilizzare tutti noi, qualunque siano le nostre debolezze e peccati. Dobbiamo spostare gradualmente (questa è la legge della gradualità, in modo spesso spiegato da Giovanni Paolo II) su un percorso dove la misericordia e l’attenzione per ogni persona sono illimitate. E dove la Parola di Dio è accolta come una verità la luce e in assoluto, anche se ci porta attraverso momenti di sofferenza e angoscia, certamente porta ad un cammino di felicità”.

di Paolo Rodari – espresso.repubblica.it
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