Clamoroso in Vaticano. Il cardinale Angelo Bagnasco sarebbe pronto a lasciare l’incarico di presidente della Cei

L’ arcivescovo di Genova resterà tuttavia in carica per un anno in modo da rendere più morbida la transizione. Papa Francesco ritiene un’anomalia, quella italiana, in cui il presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) viene designato col suo vice dal Pontefice e non eletto dagli altri vescovi. Francesco desidera anche conferenze episcopali regionali affinché la Chiesa, più snella, sia maggiormente vicina ai fedeli. Ma lascia ai vescovi la decisione di avallare o meno la sua proposta. Il cardinale Bagnasco, in teoria, una volta approvato il nuovo statuto, potrebbe tornare ad essere eletto presidente della Cei.

Agli occhi del Conclave – secondo quanto riporta il Corriere della Sera – la crisi che ha portato alle dimissioni di Benedetto XVI è nata da conflitti “romani» nei quali le responsabilità si sono mescolate e confuse. La conseguenza sarà quella di riscrivere la geografia e le coordinate del potere ecclesiastico in Italia. Per gli episcopati mondiali, il ruolo controverso di Bertone non ha evitato di mettere in discussione anche il vertice della Cei, con il quale il “primo ministro” si era scontrato a lungo. Il loro sordo conflitto ha finito per appannare l’intero “partito italiano”, approdato al Conclave tanto numeroso quanto diviso e guardato con ostilità. Francesco ha ribadito che i rapporti con la politica italiana spettano alla Cei, chiudendo una lunga e logorante disputa con la Segreteria di Stato. Ma gli ultimi giorni avrebbero confermato anche la volontà del Papa di riformare in profondità la Conferenza guidata da Bagnasco.Nel documento approvato il 25 settembre non si trova traccia della possibilità di un passo indietro del vertice della Cei. L’unico riferimento, assai vago, è quello alla “piena e cordiale disponibilità” a fare proprie le indicazioni date da Bergoglio in alcuni colloqui avuti con Bagnasco: alcuni noti, altri rimasti segreti come quello del 21 settembre scorso. Sono state udienze non rituali, nelle quali, spiegano in Vaticano, l’agenda del capo dei vescovi italiani si è dovuta adattare a quella del Pontefice. Francesco ha fatto capire chiaramente che ha captato uno scontento diffuso; e che spetta agli stessi vescovi dire se qualcosa non va nel modo di lavorare dei vertici della Cei. Nel Consiglio finito il 25 settembre ci sarebbe stata una discussione sull’opportunità o meno di fare un riferimento esplicito all’offerta di dimissioni: sebbene il pontefice non le abbia chieste né voglia provocarle.

Anzi, a chi lo incontra Francesco assicura di non avere nessuna fretta: il suo unico obiettivo è che la Chiesa italiana cambi registro e cultura. Significa fermare un’elefantiasi che ha reso l’episcopato burocratico e autoreferenziale, malato in alcuni casi di carrierismo e incline a ostentare un’immagine di potere in contraddizione con la frugalità di Casa Santa Marta, la residenza papale in Vaticano.

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