Reato di favoreggiamento per il prete che consigli di non denunciare un pedofilo

di Eugenio Gargiulo
Rischia la condanna per favoreggiamento il parroco che induce la madre di una ragazzina undicenne a non sporgere denuncia per le molestie a cui un terzo aveva sottoposto la figlia dicendogli “dì a tua figlia che la denuncia è contro la chiesa”.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, V sez. penale, con la sentenza del 10 aprile n.. 574/2013
Pertanto, il sacerdote che consiglia alla madre di una vittima di pedofilia di non denunciare un confratello commette il reato di favoreggiamento personale aggravato.(art. 378 cod. pen.)
La particolare influenza che un sacerdote può esercitare su di un fedele comporta infatti che il suggerimento rappresenti non soltanto un innocuo consiglio, ma un reale impedimento alla giustizia.Così gli Ermellini del Palazzaccio hanno condannato un sacerdote dopo aver consigliato una signora di non denunciare gli atti di pedofilia compiuti da un altro prete sulla figlia. In particolare, il sacerdote aveva avvertito la fedele che denunciare tali fatti era un atto contrario alla Chiesa.
Il reato di favoreggiamento richiede che l’autore del crimine sia aiutato a sottrarsi alle indagini. L’aiuto può consistere anche nella pressione esercitata su di una persona che abbia la possibilità di denunciare la violenza subita, anche se le indagini sono già avviate o addirittura concluse. Questa pressione è particolarmente forte e può costituire violenza morale quando è esercitata da una personalità dotata di riconosciuto prestigio o autorità, come accade per un sacerdote nei confronti di un fedele.
Il reato è inoltre aggravato poiché l’autore ha strumentalizzato il legame di fiducia e di autorità che lo lega al fedele, violando così i propri doveri di ministro di culto.
Secondo i giudici l’imputato ha abusato della qualità rivestita, violando i doveri connessi al suo ministero pastorale, “allorquando ha strumentalizzato il legame spirituale di colei che gli si era rivolto in quel grave frangente ponendo, senz’altro e radicalmente, in conflitto la denuncia con la stessa istituzione e confessione religiose. In tal modo, conculcando la libera determinazione della madre così pressata ad omettere la denuncia ed a condizionare nello stesso senso la piccola vittima”.
Inoltre la Suprema Corte ha chiarito che “per condotta di favoreggiamento personale deve intendersi non solo quella diretta a deviare le indagini già in atto, ma anche quella diretta ad evitare che l’autorità proceda ad accertamenti in ordine al reato e alla scoperta dell’autore di esso. Risulta, quindi, errato anche il secondo argomento della sentenza sulla assenza di obiettiva valenza elusiva della perseguita omissione della denuncia, tenuto conto che per l’integrazione della fattispecie non è necessaria la dimostrazione dell’effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, occorrendo solo la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia”.

Avv. Eugenio Gargiulo – oggi.it

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