In filigrana, ancora una volta, emergono due concezioni ecclesiologiche contrapposte: meglio puntare al sensus fidei della comunità di credenti

Iacopo Scaramuzzi – 14 aprile 2012

Non c’è bisogno di attendere le cerimonie che, il prossimo 11 ottobre, marcheranno il cinquantenario della sua apertura per capire che il Concilio vaticano II (1962-1965) è ancora attuale. E lacerante. Sottotraccia, ma neppure tanto, le istanze, i nodi e le contrapposizioni che attraversarono l’ultima assemblea episcopale mondiale della storia della Chiesa cattolica, voluta da Giovanni XXIII e gestita da Paolo VI, affiorano nei confronti, e negli scontri, che caratterizzano le cronache ecclesiali di questi giorni, in Italia come negli Stati Uniti, a Roma come nel nord Europa.

I Lefebvriani, innanzitutto. Lunedì prossimo, giorno dell’85esimo compleanno di papa Benedetto XVI, scade l’ultimatum (“Ce n’est pas un ultimatum, c’est un delai”, precisano i tradizionalisti scismatici) che gli uomini del pontefice hanno imposto a Econe, quartier generale dei seguaci del defunto arcivescovo Marcel Lefebvre, per stabilire se, a conclusione della strategia messa in atto da Joseph Ratzinger per suturare lo scisma, la fraternità sacerdotale ora guidata da mons. Bernard Fellay, rientrerà nella piena comunione con la Chiesa cattolica romana o ne rimarrà fuori. Le scommesse sono aperte, tra gli osservatori di cose vaticane, e non sembra improbabile che i Lefebvriani si spacchino, alcuni dentro e alcuni fuori. Quel che più conta, al di là della esigua consistenza numerica di questo gruppo tradizionalista, è in che misura la Santa Sede accetterà, o rigetterà, la radicale contestazione del Concilio vaticano II (ecumenismo, libertà religiosa, collegialità dei vescovi, ruolo dei laici) sostenuta dagli epigoni di Lefebvre – e guardata con forte simpatia e altrettanto forte antipatia dai diversi settori della Chiesa.

Una lite è intanto scoppiata, su internet, nella galassia cattolica italiana. Quando il priore del monastero di Bose, Enzo Bianchi, ha pubblicato attorno a Pasqua un articolo sulle tentazioni di Gesù e un secondo articolo sul controverso teologo Hans Kueng. Nel giro di pochi giorni Bianchi è stato duramente criticato da don Antonio Livi e Pietro de Marco, convintamente difeso dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio e da Massimo Faggioli, contestato da Sandro Magister, che nel suo blog ripercorre con completezza il battibecco teologico. Apparentemente minore, ma in realtà rivelatore di quale ardore suscitino tuttora i conflitti irrisolti del frangente conciliare.

Mentre dall’Austria all’Irlanda, dal Belgio alla Germania, si ingrossa la fronda di preti cattolici che, sulla scia dello scandalo della pedofilia, chiedono a Roma, con esplicito riferimento ad un conciliarismo a loro avviso incompiuto, riforme dottrinali profonde, che vanno dall’abolizione del celibato obbligatorio al sacerdozio femminile, dalla comunione ai divorziati risposati al ruolo sacramentale dei laici, oltreatlantico il presidente Usa Barack Obama ha innescato, con la riforma sanitaria, uno scontro all’arma bianca nel mondo cattolico. Da ultimo, dopo Pasqua i vescovi degli Stati Uniti hanno pubblicato un memorandum per la difesa della libertà religiosa teso a serrare le fila dei fedeli e contestare fino in fondo la norma relativa alla copertura assicurativa della contraccezione. Una posizione hard liner portata avanti dall’esuberante cardinale di New York Timothy M. Dolan (più popolare, fanno notare dalla conferenza episcopale statunitense, di Lady Gaga), e contestata apertamente dalla rivista dei gesuiti America.

In filigrana, ancora una volta, emergono due concezioni ecclesiologiche contrapposte – una che ricorda la discendenza gerarchica del magistero, l’altra che punta al sensus fidei della comunità di credenti – che già si scontrarono nelle discussioni del Concilio vaticano II. Tornato imperiosamente d’attualità, anche a prescindere dalle cerimonie del prossimo 11 ottobre. Quasi che il pontificato lungo, maestoso, sfavillante di Giovanni Paolo II abbia costituito in realtà una parentesi nella bimillenaria storia della Chiesa cattolica. Quasi che Benedetto XVI, teologo e guardiano della fede, pur puntando a consolidare l’unità ecclesiale, abbia però messo il dito nella piaga di divergenze inconciliabili e mai sopite. Riaprendo il dibattito sui fondamentali della fede.

linkiesta.it/blogs

14 Aprile 2012 ore 20:25

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