Pessimi segnali in vista del nuovo vertice europeo

L’Europa non è vittima della speculazione finanziaria ma di sé stessa. Ovvero delle politiche e delle regole che attualmente la governano. Angela è furba e se la prende con la crisi della politica che è come sparare sulla Croce Rossa. Dice che il mondo della politica ha perso credibilità. Ma si dimentica di aggiungere che ciò non dipende dalle smargiassate del suo “nemico” deposto Berlusconi, ma dalle scelte che vengono operate in sede europea e poi imposte ai governi nazionali, privati così di ogni pur minima autonomia. Dice che la Bce si occupa della stabilità finanziaria della Ue, ma mente, perché l’unica cosa di cui la Banca centrale realmente si occupa è la stabilità monetaria, ovvero della lotta all’inflazione in un continente minacciato dalla recessione e dalla deflazione. Ma non è sola.

Il suo rifiuto a prendere in considerazione la proposta di introdurre gli Eurobond fa pendant con le dichiarazioni di Draghi sul ruolo della Bce. Il nuovo Governatore ha testualmente dichiarato che “la Bce può fare il prestatore in ultima istanza per le banche solventi perché questo è previsto dal suo statuto”. Bella forza! Che prestatore in ultima istanza è mai, se non interviene proprio laddove si palesa il rischio della insolvenza! Non solo, ma il problema oggi sono gli Stati, non solo e non più le banche. Sono i primi a rischio di default. E’ ad essi che una banca centrale dovrebbe pensare in primo luogo. Invece il “nostro” Governatore si trincera dietro lo statuto. Strano mondo davvero. La democrazia viene del tutto sospesa. Lo stato d’eccezione diventa regola generale. Solo lo statuto della Bce rimane inalterato e inviolabile. Le dichiarazioni di Draghi appaiono a Scalfari insufficienti ma comunque una bombola d’ossigeno per l’ammalato. A me sembrano piuttosto morfina per un malato terminale.

Tale rischia di diventare l’Europa, se sarà questa la linea a prevalere nel prossimo Consiglio europeo dell’8 e 9 dicembre. Si tratta in pratica di un’ultima chiamata. I segnali del disastro ci sono tutti. Nessun paese sfugge alla stretta. Neppure la Germania dell’incosciente Merkel, visto il flop della vendita all’ultima asta dei bund. Segno che gli investitori dei paesi emergenti si stanno allontanando e stanno riducendo le loro riserve in euro e in titoli di stato europei (diminuite dal 29% al 17% tra il 2008 e il 2011). Ovvero non si scommette più sulla solidità della Ue e della sua moneta. Nel frattempo la stretta creditizia è ormai una triste realtà nel sistema bancario europeo e le norme varate dall’Eba (l’organo di vigilanza europeo sul sistema bancario) sono fatte apposta per difendere chi ha in pancia più titoli tossici, ovvero , guarda caso, le banche tedesche e francesi.
Avanza una ipotesi, visto il diniego di Draghi di fare funzionare la Bce effettivamente come prestatore in ultima istanza, capace cioè di ritirare dal mercato secondario i titoli di stato dei paesi in difficoltà in quantità potenzialmente illimitata. E’ quella di aggirare lo statuto che impedisce alla Bce di prestare agli stati, ma permette di farlo nei confronti di istituzioni finanziarie. In altre parole si sta profilando l’ipotesi che la Bce presti al Fondo monetario internazionale e che questo corra in soccorso delle esauste casse degli stati europei. Forse è meglio che la morte certa, ma siamo a un passo, perché in questo modo si certificherebbe la mancanza di autonomia della Ue.

D’altro canto, l’ipotesi di risolvere tutto con il Fondo salva stati è irrealistica, per quanto si voglia allargarne la dotazione finanziaria. Questa sarebbe comunque limitata e gli stessi mille miliardi di cui si parla del tutto insufficienti a garantire contro il default contemporaneo dei paesi mediterranei. D’altro canto le emissioni del fondo hanno visto aumentare il loro spread rispetto ai bund tedeschi. Ovvero gli investitori non si fidano neppure del Fondo. Se ne comprende la ragione, dal momento che esso è finanziato dagli stati in ragione della loro supposta forza economica. L’Italia sta al terzo posto. E’ come un cane che si morde la coda. Al mutamento di ruolo della Bce, che dovrebbe occuparsi effettivamente – il che non è, a differenza di quanto afferma la Merkel – della stabilità finanziaria dell’Europa e non solo di quella monetaria, non c’è alternativa.
Tranne il fallimento degli stati a catena. Una prospettiva che sarebbe esiziale soprattutto per le classi più deboli. Sarebbe difficile pensare dentro il precipitare della situazione di attuare un default selettivo, che tagli le unghie ai grandi investitori e alle banche e salvaguardi il risparmio delle famiglie. Di fronte o addirittura dentro al disastro la legge del più forte è ancora più spietata. Una simile soluzione richiederebbe la calma di tavoli negoziali guidati da buon senso e spirito di equità. Esattamente tutto quello che manca.

Se fallisce l’Italia, e con essa gli altri Piigs, fallisce l’Europa. Al disastro di un’Europa economica non sopravviene di per sé un’Europa politica, ma la interruzione traumatica di un progetto di unità, accompagnata dal fatto che i paesi più deboli lo saranno molto di più di quanto già non lo fossero al momento della costruzione della zona euro. A rigore di logica il big bang europeo non dovrebbe convenire neppure alla Germania, perché la rivalutazione del marco taglierebbe le ali alle esportazioni di quel paese anche in Europa, che resta il suo mercato di riferimento. Ma solo la vertigine del burrone può forse scuotere i governanti tedeschi e europei. Ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi.
Alfonso Gianni / paneacqua.eu
Traghettilines BOMPIANI 1+1 Abbonanti ad un 2024 di divertimento - Mirabilandia Pittarello - Saldi fino al -70% Frigo vuoto e voglia di vino? Te lo consegniamo in 30 minuti alla temperatura perfetta! Duowatt - Banner generici con logo Tekworld.it Bus Terravision Aeroporto Milano Malpensa Plus Hostels Transavia 2021 Radical Storage Bus notturno Fiumicino Aruba Fibra veloce Hosting Aruba - Scopri di più