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Rivolto agli under 35, il concorso promosso dalla Pontificia Accademia di Teologia in accordo con il Dicastero per la Cultura e l’Educazione, che intende valorizzare le ricerche e le opere in dialogo con il Motu Proprio “Ad Theologiam Promovendam”
Vatican News
È stato pubblicato il bando del Premio delle Pontificie Accademie 2025, promosso dalla Pontificia Accademia di Teologia in accordo con il Dicastero per la Cultura e l’Educazione. L’iniziativa, prevista dal Regolamento delle Pontificie Accademie, culminerà nell’assegnazione del riconoscimento nel corso dell’annuale Seduta Pubblica.
A chi è riservato il concorso
Il concorso è riservato a giovani studiosi che non abbiano compiuto 35 anni al 1° settembre 2025, la cui attività di ricerca contribuisca in modo rilevante allo studio e alla diffusione del pensiero teologico. Le opere presentate dovranno essere redatte in italiano, francese, spagnolo o inglese e affrontare un tema di teologia in prospettiva storica e/o sistematica, in collegamento con il Motu Proprio di papa Francesco Ad Theologiam Promovendam, promulgato il 1° novembre 2023, che invita a un rinnovamento della riflessione teologica in dialogo con il mondo contemporaneo. Sono ammessi al concorso lavori inediti, tesi di dottorato difese tra il 1° gennaio 2022 e il 15 settembre 2025, nonché opere già pubblicate a partire dal 1° gennaio 2022. Le candidature dovranno essere corredate dal curriculum vitae degli autori e inviate entro e non oltre il 1° febbraio 2026.
Il premio
La documentazione richiesta dovrà essere trasmessa in versione digitale al Consiglio dell’Accademia e, parallelamente, in forma cartacea tramite posta ordinaria, specificando sul plico la dicitura “Premio delle Pontificie Accademie 2025”, all’indirizzo del Presidente della Pontificia Accademia di Teologia, S.E. mons. Antonio Staglianò, a Roma. Per i lavori giudicati migliori sono previsti premi per il primo e il secondo classificato. Ulteriori informazioni sulle modalità di partecipazione e sui criteri di valutazione sono disponibili nel bando completo pubblicato sui siti ufficiali della Pontificia Accademia di Teologia e del Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Il bando è stato reso pubblico il 16 dicembre 2025, mentre la data del documento ufficiale è il 19 novembre 2025, segnando l’avvio formale dell’edizione 2025 del Premio, che si inserisce nel solco delle iniziative vaticane volte a sostenere e valorizzare la ricerca teologica delle nuove generazioni .
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Secondo i dati del World Inequality Report 2026, l’1% della popolazione mondiale detiene più ricchezza del 90% più povero. Intanto la Banca Mondiale riferisce che nel mondo cresce la popolazione in povertà estrema, passata nel 2024 dal 10,0% al 10,3%
Beatrice Guarrera – Città del Vaticano – Vatican News
Nel 2025 a livello globale è cresciuta la ricchezza dei multimilionari e allo stesso tempo sono aumentate la povertà e la disuguaglianza. È quanto emerge dal World Inequality Report 2026, un’analisi multidimensionale diffusa nei giorni scorsi e realizzata grazie al contributo di oltre 200 ricercatori. I dati raccontano i risvolti di quella finanza “idolatrata al sanguinoso prezzo” della vita umana e del creato, di cui ha parlato Papa Leone XIV nella catechesi di oggi, mercoledì 17 dicembre.
Secondo il Report, in quasi tutte le regioni del mondo, l’1% più ricco detiene da solo più ricchezza del 90% più povero messo insieme. Persiste a livello globale, dunque, una disuguaglianza profondamente marcata, se si pensa che lo 0,001% ancora più ricco – meno di 60.000 multimilionari – possiede una ricchezza tre volte superiore a quella dell’intera metà più povera dell’umanità messa insieme. Il rapporto evidenzia, inoltre, che la ricchezza dei multimilionari è cresciuta mediamente dell’8% annuo dagli anni ’90, quasi il doppio rispetto al ritmo del resto della popolazione. Eppure, mentre Nord America e Oceania mantengono livelli medi di benessere economico oltre tre volte superiori alla media globale, gran parte dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e dell’America Latina si muovono su livelli molto inferiori, mentre Europa ed Est Asia si collocano su standard intermedi. Secondo la ricerca, le economie più fragili sono penalizzate anche da un flusso finanziario iniquo: circa l’1% del Pil globale viene trasferito ogni anno dai Paesi a basso reddito verso quelli ricchi sotto forma di interessi e rendite.

Letture del Giorno
Dal libro del profeta Geremìa
Ger 23,5-8
«Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –
nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto,
che regnerà da vero re e sarà saggio
ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi giorni Giuda sarà salvato
e Israele vivrà tranquillo,
e lo chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia.
Pertanto, ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali non si dirà più: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire gli Israeliti dalla terra d’Egitto!”, ma piuttosto: “Per la vita del Signore che ha fatto uscire e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!”; costoro dimoreranno nella propria terra».
Vangelo del Giorno
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,18-24
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele»,
che significa «Dio con noi».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Famiglia Cristiana
Giuseppe, l’uomo della notte, del silenzio e dei sogni
l Vangelo dell’ultima domenica di Avvento ci conduce nella casa silenziosa di Giuseppe. Qui, prima ancora del Natale, tutto si muove attorno a un turbamento profondo. Il sogno di Giuseppe, infatti, nasce come rovesciamento di un incubo. La realtà gli era appena crollata addosso: Maria, la sua promessa sposa, è incinta. Matteo dice che lo è «per opera dello Spirito Santo», ma questo annuncio teologico non attenua lo smarrimento di un giovane uomo che non aveva mai visto – né nella Scrittura né nella storia – un concepimento così. Giuseppe si trova stretto tra due decisioni dolorose: denunciare pubblicamente Maria, esponendola all’accusa di adulterio, oppure sciogliere il legame in segreto.
Per capire la drammaticità del momento basta ricordare che, nel mondo ebraico, il matrimonio era valido già dal primo accordo tra i due, anche se gli sposi non vivevano ancora insieme. È proprio in questo periodo che Maria risulta incinta: una gravidanza così era punita dalla legge come adulterio.
Matteo definisce Giuseppe “giusto”. Non perché esegua meccanicamente il codice, ma perché sa ascoltare anche la legge del cuore. La sua giustizia è fatta di misericordia, di discernimento, di una tenerezza forte e silenziosa. È giusto perché non si lascia imprigionare dalla durezza della norma e, prima di tutto, vuole proteggere Maria. Decide di sciogliere il vincolo in segreto: preferisce pagare un prezzo personale piuttosto che esporre l’amata alla vergogna e alla morte.
In questo atteggiamento si rivela la grandezza di Giuseppe. Egli insegna che la vera giustizia non è cieca applicazione della legge, ma capacità di leggere le persone prima dei codici. C’è la legge scritta sulla carta e c’è quella impressa nella coscienza: quando le due entrano in conflitto, occorre scegliere la via che salva. Ed è proprio qui che Dio interviene. Un angelo, nel sogno, gli dice: «Non temere di prendere con te Maria». Il sogno non è evasione dalla realtà, ma conferma luminosa del bene che Giuseppe aveva già intuito. L’incubo si capovolge: ciò che sembrava una minaccia diventa una vocazione. Giuseppe accoglie, non senza timore, un compito inedito e più grande di lui. La sua obbedienza – semplice, ferma, nascosta – apre la strada all’incarnazione.
C’è un tratto profondamente umano in questa pagina. Anche noi custodiamo un sogno di vita affettiva piena, perché nasciamo nella relazione e viviamo di relazioni. Per questo l’incubo del tradimento, dell’incomprensione, della solitudine, è uno dei più dolorosi che la vita possa riservare. Quando l’amore viene ferito – tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra amici –, il cuore sanguina a lungo.
Ma Giuseppe ricorda che nessuna ferita affettiva è irreparabile. Che il sogno non va accantonato, ma purificato. Che Dio può trasformare ciò che appare come una fine in un inizio nuovo. È lo stile di Dio: entrare nelle nostre fratture per farne culla di una vita nuova.
Arrivati all’ultima tappa dell’Avvento, il Vangelo ci invita a riconoscere che la preparazione al Natale non consiste solo in riti o in attese spirituali generiche, ma nella disponibilità ad accogliere il modo sorprendente con cui Dio entra nelle nostre storie. Come Giuseppe.

Il 14 dicembre 2025 si è svolta nel villaggio vallesano una marcia di sostegno alle vittime del prete H. B., ex parroco di Fully. È emerso che il sacerdote, accusato di ripetuti abusi sessuali, ha svolto un ruolo fondamentale nell’insediamento della Fraternità San Pio X (FSSPX) a Écône.
L’abate H. B., deceduto nel 1983, è stato parroco di Fully, sopra Martigny, per 48 anni. In questo periodo avrebbe abusato sessualmente di adulti e bambini. Le accuse provengono da testimonianze raccolte dal quotidiano vallesano Le Nouvelliste e da una verifica indipendente commissionata dalla diocesi di Sion, pubblicata nel 2024.
La diocesi di Sion, in collaborazione con il gruppo SAPEC (Sostegno alle persone vittime di abusi in un rapporto di autorità religiosa), ha organizzato il 14 dicembre una marcia che «intende esprimere il riconoscimento dei torti commessi e delle sofferenze di tutte le vittime di abusi, con una richiesta di perdono in uno spirito di sincero pentimento». Molte persone continuano a soffrire per i crimini commessi dall’abate H. B. nella diocesi di Sion e in particolare a Fully.
Una decina di fonti, una vittima diretta, discendenti delle vittime e testimoni dell’epoca incontrati da Le Nouvelliste tracciano il ritratto di un parroco onnipotente. Viene descritto a turno come «un delinquente», «un pervertito davanti al quale ci si genufletteva», «il sesto consigliere di Stato» o «sicuramente uno dei più grandi predatori dell’epoca».
Il giornale vallesano sottolinea anche gli stretti legami che esistevano tra monsignor Marcel Lefebvre, fondatore della Fraternità sacerdotale San Pio X (FSSPX), e il parroco di Fully. La FSSPX si è insediata a Écône, non lontano da Fully, a partire dal 1970 come seminario e centro di formazione sacerdotale tradizionale, con l’accordo delle autorità ecclesiastiche locali. Écône diventa la casa madre della Fraternità. Quest’ultima viene separata da Roma nel 1988, dopo che Mons. Lefebvre ha ordinato dei vescovi di propria autorità contro il volere del Papa.
H. B. e Mons. Lefebvre si erano conosciuti sui banchi del Seminario francese di Roma. In seguito, il parroco di Fully fece da intermediario affinché Mons. Lefebvre potesse acquistare la tenuta di Écône, dove ospitare i suoi seminaristi. Un fatto riportato in un’opera di Isabelle Raboud, ma anche dalla stessa FSSPX. Sul sito del distretto svizzero della Fraternità si legge infatti: «(…) Il signor Lovey [si tratta di Roger Lovey, un laico che aveva acquistato, insieme ad altri, la tenuta di Écône, per destinarla a un’opera religiosa] conosce Mons. Marcel Lefebvre (1905-1991) presso il reverendo parroco di Fully, H. B. (1903-1983), che era stato suo compagno di studi al seminario francese di Roma». (cath.ch/nouvelliste/arch/rz/traduzione e adattamento redazionecatt)
Raphaël Zbinden/traduzione e adattamento redazionecatt
Nel gennaio 2024, le informazioni raccolte nell’ambito dell’audit indipendente condotto dall’agenzia Vicario Consulting sulla gestione dei casi di abuso sessuale hanno riportato testimonianze concomitanti e inquietanti relative ad abusi sessuali perpetrati da un ex parroco di Fully. La diocesi di Sion ha quindi invitato chiunque potesse avere informazioni su «un parroco di una parrocchia della parte francofona della diocesi, rimasto in carica in quella parrocchia per 48 anni e deceduto nel 1983, (che) avrebbe abusato di diverse persone, adulti e bambini», a farsi avanti. Le testimonianze raccolte dal quotidiano Le Nouvelliste su questo parroco sono eloquenti. Una decina di fonti – una vittima diretta, discendenti delle vittime e testimoni dell’epoca – tracciano il ritratto di un uomo onnipotente (a cui si deve la chiesa della parrocchia), descritto come «un delinquente», «un pervertito davanti al quale ci si inginocchiava», «il sesto consigliere di Stato» o «sicuramente uno dei più grandi predatori dell’epoca». Il giornale vallesano ne deduce che «per quasi mezzo secolo, fino alla fine degli anni Settanta, l’uomo ha abusato sessualmente di adulti e bambini, sfruttando la sua autorità e la sua posizione per dominare la vita sociale, politica, spirituale, associativa, scolastica e persino sessuale e intima dei parrocchiani di Fully». Al suo attivo: stupri, matrimoni combinati di ragazze che avrebbe messo incinte, bambini di famiglie recalcitranti «vietati all’istruzione», internamenti forzati di parrocchiani, pressioni sulle autorità comunali… L’elenco dei suoi misfatti riportato dal quotidiano Le Nouvelliste è lungo. E questo senza che sia mai stata presentata alcuna denuncia penale contro di lui, come ha confermato il Ministero pubblico. Ciò che sorprende alcuni è anche la durata del suo ministero nella stessa parrocchia: 48 anni, un periodo che gli ha dato il tempo di tessere la sua tela.
(lb/traduzione e adattamento redazionecatt)
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Monsignor Marek Solczynski torna ai giorni del primo viaggio apostolico di Leone XIV: è stato un incontro di fede che favorirà senz’altro il percorso verso l’unità dei cristiani, grazie alle autorità turche per la loro collaborazione
Christine Seuss – Città del Vaticano
Vatican News
Penso che i “momenti vissuti insieme potranno senz’altro favorire un percorso ecumenico verso la meta comune”. Il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Marek Solczynski, conserva con nitidezza quanto di importante e profondo ha prodotto il viaggio apostolico di Leone XIV in Turchia, tra la fine di novembre scorso e i primi di dicembre. Dal punto di vista ecumenico lo definisce “un evento d’importanza storica”, soprattutto per la visita a Iznik, l’antica Nicea, a 1700 anni di distanza dal Concilio allora celebrato da una Chiesa ancora indivisa.
Eccellenza, quale messaggio scaturisce da questa visita?
Innanzitutto Papa Leone ha onorato il desiderio del suo predecessore Papa Francesco che aveva incluso nel programma dell’Anno Giubilare, come unico viaggio all’estero, la sua visita ad Iznik, l’antica Nicea. E tale desiderio ha subito trovato un’eco positiva presso le autorità turche che hanno sin dall’inizio favorito questo viaggio. Dopo la sua elezione anche Papa Leone ha immediatamente incluso la visita ad Iznik tra i propri impegni. E di nuovo, è stato lo stesso presidente della Repubblica che ha caldeggiato la venuta del Papa. Ovviamente, giacché si sarebbe trattato della prima visita in Turchia del nuovo Pontefice, anche la formula del viaggio è stata armonizzata ed estesa nella durata. Pertanto, il primo messaggio che potrebbe scaturire è l’incontro di sensibilità, professioni di fede e apertura collaborativa tesa ad integrare i valori comuni quali, prima di tutto la pace nella regione e nel mondo.
Primo motivo del viaggio del Papa era proprio una importante commemorazione ecumenica, i 1700 anni del Primo Concilio di Nicea. Durante il soggiorno del Pontefice, hanno avuto luogo anche importanti colloqui tra varie confessioni. Quali sviluppi ci possiamo aspettare?
Quello ad Iznik è stato davvero un evento d’importanza storica che, come tutti lo auspichiamo, avrà delle ricadute molto positive nel cammino verso l’unità dei cristiani. A dire il vero, l’aspetto ecumenico ha rivestito una parte molto importante nel viaggio. Dopo Iznik infatti, il Papa ha incontrato i leader cristiani venuti da ogni parte del mondo per manifestare l’adesione delle proprie comunità al simbolo della fede nicena che, come sappiamo, unisce il mondo cristiano. Non per ultimo, il Papa ha concluso la sua visita al Fanar, nel quartiere greco di Istanbul, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. partecipando assieme a Bartolomeo I alla Divina Liturgia, nella cattedrale di San Giorgio. Penso che tali momenti vissuti insieme potranno senz’altro favorire un percorso ecumenico verso la meta comune.
La vita religiosa, in uno stato laico per definizione, non è sempre semplice. Come ha vissuto l’organizzazione con le autorità turche?
Mi dicono che, per la prima volta nella storia delle visite papali in Turchia, si è riusciti a coinvolgere molto più direttamente le diverse autorità nell’organizzazione logistica e mediatica del viaggio. Non è un segreto che ciò è stato possibile, soprattutto, grazie alla manifestata volontà del presidente della Repubblica turca di favorire i percorsi del Papa. Così, e questa è una novità, per la prima volta la televisione nazionale TRT ha prodotto e distribuito il segnale globale dell’intero evento: dall’atterraggio ad Ankara alla partenza da Istanbul. Le agenzie turche d’informazione, poi, erano massicciamente presenti non solo per la parte protocollare del viaggio, ma anche per la parte eminentemente pastorale della visita. E per questa esemplare collaborazione desidero ringraziare nuovamente la Turchia.
In più occasioni, durante i nostri colloqui con loro, religiosi e vescovi hanno sottolineato l’urgenza di un riconoscimento esplicito della Chiesa cattolica come persona giuridica. Lei pensa che con questo viaggio sia stato fatto un passo in avanti su questa strada?
Decisamente sì. Quando rivedevo le splendide immagini riprese dal drone che sorvolava le rive del lago di Nicea, ho pensato tra me che anche a Iznik i media turchi hanno accettato di riprendere in mano la storia, per capire qualcosa dell’importanza data dai cristiani a questo sito archeologico e, perché no, anche a queste terre anatoliche. E forse hanno scoperto che Nicea è anche parte della loro storia, non solo di quella dei cristiani. Tutto ciò mi fa sperare che la narrazione sulla presenza cristiana potrebbe cambiare.
Che cosa l’ha sorpresa maggiormente durante la visita? Ci vuole descrivere una reazione da parte dei fedeli che l’hanno sorpresa oppure un cambio di programma improvviso che magari l’ha colpita particolarmente?
Le sorprese sono state molte, ma quella più grande è stata la Messa nella Volkswagen Arena di Istanbul, trasmessa in diretta da TRT World. Per la prima volta un Papa, visitando la Turchia, ha officiato la liturgia eucaristica al di fuori di un edificio di culto cattolico. E anche per la prima volta è stata data al mondo un’immagine pubblica dei cristiani turchi. È stato un evento semplice, orante, privo di spettacolarizzazione. Già nelle sonorità dei canti, nel salmo, si sono incrociati il mondo orientale, l’aramaico, l’armeno e quello occidentale. L’impatto è stato positivo perché anche i non cristiani turchi hanno potuto riconoscervi qualcosa della ricchezza della loro terra. Gli stessi ringraziamenti finali, rivolti anche alla presidenza della Repubblica per il supporto logistico-organizzativo, hanno colpito il pubblico turco. E questo non è stato un omaggio interessato a una captatio benevolentiae, ma il riconoscimento di un aiuto reale perché questo evento non sarebbe stato materialmente possibile senza il sostegno fattivo delle autorità politiche.
Cosa si augura per i prossimi anni per i fedeli cattolici e cristiani in Turchia?
Una prima riflessione spontanea è che occorrerebbe andare oltre il ripiegamento delle comunità basate sulle identità etniche e rituali. Questo perché ciò che ci unisce è il Mistero pasquale, come abbiamo vissuto durante la Messa papale. Oggi la Chiesa cattolica in Turchia sta diventando sempre più “turca”: la stessa lingua turca diventa maggioritaria nelle nostre assemblee. E i nostri fedeli sono cittadini di Turchia, spesso anche turchi. Anzi, oggi tutti gli ordinari sono cittadini turchi. Anche i fedeli si sentiranno cittadini e cristiani senza essere costretti a scegliere.
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