Corano, islam e Gesù

di: Giovanni Giavini

Penso che ormai molti sappiano che Maometto, il Corano e vari musulmani antichi e moderni, pur negando che Gesù sia vero Figlio di Dio (Dio che essi chiamano Allàh), ne hanno però una grande stima: e questo già sia nel Corano (sec. VII) sia in tradizioni successive.

Due sono i punti di speciale interesse: la morte di Gesù in croce, che essi negano (in croce sarebbe salito un suo sosia), e la sua nascita da Maria vergine. Su questo punto essi insistono molto, anche per difendere Maria dalle accuse di prostituzione e di adulterio (Maria si sarebbe unita con un soldato romano di nome Pandera o Pantera) nate tra i giudei.

Insieme con la nascita dalla vergine purissima essi svilupparono una cospicua serie di racconti sui primi anni di Gesù, partendo anche dagli accenni già rintracciabili nel Corano.

Fermiamoci per ora su qualche loro pagina riguardante appunto quei primi anni. Le attingo da una loro storia (o storiella), dal titolo I profeti e i re di un certo Tabari, vissuto tra l’838 e il 932.

Nascita e primi anni di Gesù

Su questo argomento i testi islamici abbondano, con tanti dettagli e specialmente insistono sulla nascita verginale di Gesù da Maria. Notiamo che una simile insistenza, completata con quella sulla perpetua verginità di Maria, si trova anche in antichi Padri della Chiesa, come sant’Ambrogio, in molte pagine devozionali e in Lutero stesso, il grande eretico riformatore; la teologia cattolica più sana non ha tale insistenza.

Ora leggiamo qualche pagina di Tabari.

Himran fu il padre di Maria. Alla sua morte, la madre decise di consacrarla a Dio, a servizio del tempio, sotto l’autorità di Zaccaria, e Maria viveva in una cella in cui nessuno poteva entrare se non Zaccaria. Himran aveva un nipote di nome Giuseppe, anch’egli consacrato al Signore. A tredici anni imparò l’arte del falegname, preparò gli arredi del tempio e Zaccaria gli permise di entrare nella cella di Maria per quanto le era necessario. Un giorno giunse da lei l’angelo Gabriele.

Maria sospettava di lui e l’angelo comprese la sua paura e le disse: Io sono il messaggero del tuo Signore venuto per donarti un figlio purissimo: Dio l’ha creato nel tuo grembo. Maria capì che chi le parlava non era un uomo, si fece tranquilla e disse: Come potrò avere una figlio se nessun uomo mi ha mai toccata e non sono una peccatrice? Gabriele soggiunse: Dio ha detto: Voglio creare questo bimbo senza l’intervento di un padre e ne farò un profeta, l’ho chiamato Gesù e Cristo; quando sarà nato, anche tu lo chiamerai così.

Gabriele, confortato il cuore di Maria, alitò su di lei, per volontà di Dio. Da quell’alito puro Maria concepì Gesù e diede lodi a Dio.

I giudei, invece, dicono che Gabriele non intervenne e che Giuseppe il falegname ebbe rapporti carnali con lei, per cui Gesù era un figlio illegittimo. Dio purificò Maria da tale accusa e ne testimoniò l’innocenza; invece i giudei, con tale affermazione, divennero miscredenti…

Anche Gesù dovette fuggire, perché Dio ha distinto i suoi profeti facendo loro subire fuga e allontanamento dalla patria, come fu per Abramo, per Mosè e come fu per il nostro profeta Maometto che fuggì a Medina per timore dei miscredenti coreisciti della Mecca. Maria portò Gesù in Egitto e là lo fece vivere per trent’anni…

Ora narriamo i motivi della fuga… In Palestina c’era un re nominato da Augusto. Quel re si chiamava Erode. Trattò con bontà i figli di Israele, il tempio e i servi del tempio ed ebbe un atteggiamento di riguardo per Zaccaria.

Gesù venne al mondo senza essere generato da un padre. Erode ne udì parlare e ne fu molto sorpreso. Passarono 10 giorni e giunsero a Gerusalemme dalla Siria alcuni per vedere Gesù. Avevano infatti saputo che era nato un bambino non generato da un padre. Erano astrologhi sapientissimi nella scienza degli astri e nei libri di astrologia avevano letto che in quei giorni sarebbe nato un bambino non generato da un padre.

Giunsero dunque per vedere Gesù e la madre e portarono doni per offrirli a loro. Arrivarono a Gerusalemme, Erode fu informato che quegli uomini erano arrivati portando in dono oro, incenso e mirra. Li fece chiamare e chiese: Per quale motivo siete venuti in questa città? Risposero: Qui è nato un bambino non generato da un padre; ne abbiamo letto la notizia negli astri e siamo venuti per vedere il bambino e la madre e offrire loro questi doni… Secondo altre tradizioni, quegli uomini erano stati mandati da un re di Siria (o di Persia)…

Erode chiese il significato dei doni. Risposero: L’oro è la materia più preziosa del mondo e quel bambino è al di sopra di tutte le creature del mondo. La mirra è un rimedio che guarisce ogni genere di ferite, e quel bambino guarirà ferite, malattie e infermità con la sua preghiera verso Dio. L’incenso è un aroma il cui odore e fumo si innalza nell’aria; il profumo dell’incenso sale al cielo e questa qualità non è di nessun altro profumo. E quando quel bambino sarà in grado, Dio lo innalzerà al cielo. Queste tre materie sono dunque i suoi simboli.

Il re Erode provò invidia per Gesù e, partiti quegli uomini, decise di ucciderlo. Maria ne fu informata da un angelo o per ispirazione divina, montò su un asino, strinse Gesù al petto e chiese a Giuseppe, il cugino falegname, di partire con lei. Lasciò la Palestina, passò il confine della Siria e andò in Egitto, in un villaggio di quel paese. Lì allevò Gesù con grandi cure. Si narra che lei e Giuseppe facessero gli spigolatori. Maria non lasciava Gesù a nessuno e talvolta spigolava avendo Gesù sulla schiena. Vivevano in un villaggio su un’alta collina, bello e con molte fonti.

I primi miracoli di Gesù

Maria educò Gesù fino a quando raggiunse i dodici anni. In quel villaggio c’era un fattore che beneficava i poveri e li ospitava a mensa e di notte. Anche Maria e Gesù ci andavano spesso e il fattore li trattava con riguardo, dicendo: Sono una donna straniera e un orfanello.

Un giorno il tesoro del fattore fu rubato e egli ne fu turbato, come anche Maria e Gesù. Gesù gli disse: Fa venire tutti i poveri che questa notte sono stati ospitati in casa tua. Il fattore lo fece. Tra loro c’era un cieco, che, a parte quella infermità, stava bene in salute, e uno zoppo, anche lui robusto e sano. Gesù ordinò allo zoppo di sedersi sulle spalle del cieco e lo zoppo obbedì. Poi disse al cieco di alzarsi, ma il cieco rispose: Sono troppo debole per alzarmi. Ma Gesù lo fece alzare e gli chiese: Come hai potuto farlo ieri sera? Ieri sera tu hai fatto così: questo zoppo ha legato una corda fra le sue spalle e ne ha posto un capo fra le tue mani e tu l’hai trascinato al luogo del tesoro dove hai preso il denaro e tutt’e due siete poi tornati!

Confessarono ambedue, resero il denaro al fattore, che gioì e ne offrì una parte a Maria. Questa non voleva accettarlo e lui disse: Dallo a tuo figlio. Ma nemmeno Gesù lo voleva. Allora il fattore disse: Restate tutt’e due in casa mia e non andate altrove. Maria acconsentì e Gesù ebbe l’incarico di tesoriere.

Il fattore vide quest’altro miracolo di Gesù. Il fattore, per celebrare il matrimonio di suo figlio, aveva organizzato un gran banchetto, con un gran numero di persone. A quel tempo bere il vino era permesso, soltanto più tardi Dio l’ha proibito, nel Libro.

Dopo le nozze, il fattore ricevette gli ospiti e, a un certo punto, il vino mancò. Il fattore se ne rattristò. Gesù se ne accorse, entrò in casa dove c’erano dodici brocche, toccò con la mano ogni brocca e si riempirono di vino. Gesù ogni giorno compiva un nuovo miracolo finché ebbe raggiunto i trent’anni e svolse la missione di profeta, unito a dodici discepoli.

Un giorno costoro dissero: O figlio di Maria, può il tuo Signore far discendere su di noi una mensa dal cielo? Gesù pregò il suo Dio e dal cielo scese una tovaglia. Gesù la toccò e in essa c’erano dodici pani bianchi, un gran pesce fritto, sale e ortaggi. Tutti sedettero e si saziarono. A sera la tavola tornò in cielo. Era di domenica! La tavola tornò il giorno dopo e ancora un altro giorno, poi non più. Fra coloro che presero parte ai pasti c’erano degli increduli che dissero: È una magia, dura tre giorni non di più. Giunse la notte e gli increduli si addormentarono. Il giorno dopo si alzarono trasformati in porci, del tutto trasfigurati…

A chi cercava di esortare gli increduli a conversione veniva detto: Perché voi ammonite un popolo che Dio sta per distruggere e castigare con violento castigo? Risposta: Qualunque sapiente ha l’obbligo di esortare, finché può, chi commette peccato. I credenti e le credenti sono l’un l’altro amici e fratelli, invitano ad atti lodevoli e sconsigliano atti biasimevoli. Fra tutte le pratiche religiose, dopo la preghiera, il digiuno e l’elemosina, non ce n’è di migliore di quella dell’esortare a fare il bene e a fuggire il male… Il Libro dell’antico Tabari continua poi a parlare della diffusione della religione cristiana nel mondo e anche, oltre che di miracoli, delle eresie dei cristiani, soprattutto a riguardo della persona di Gesù, dai cristiani creduto crocifisso e divino come Dio.

Un confronto con i Vangeli

È evidente che le storielle dell’islamico Tabari dipendono, oltre che dal Corano, anche dai 4 Vangeli canonici e più ancora dai numerosi Vangeli apocrifi. Perciò, chiunque può notare somiglianze col cristianesimo, ma anche grosse differenze. La preoccupazione islamica di annullare sia la storia della crocifissione di Gesù sia il suo valore di redenzione, e la sua divinità, li porta a esaltare la sua nascita verginale da Maria e i suoi miracoli, narrati più che per metterne in risalto la loro funzione misericordiosa e salvifica, quella di glorificazione di Gesù e di Maria.

È anche quasi del tutto taciuto l’insegnamento di Gesù, specialmente il Discorso della montagna. La morale islamica è quasi attinta solo dall’Antico Testamento molto citato nel Corano, e poco attinta dai Vangeli. Altre differenze, come quelle rituali ed etiche, si possono dire secondarie, anche se pesanti.

Dio è spesso chiamato nel Corano «il clemente e misericordioso». Anche noi lo possiamo chiamare così, ma per noi è soprattutto nell’amore di Cristo per tutti gli uomini che Lo crediamo rivelato. Con queste attenzioni alle nostre somiglianze e differenze e sulla “via” della carità evangelica e francescana possiamo continuare il dialogo con i musulmani già avviato da tempo.

settimananews

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