Preti sposati / Contro il clericalismo, ripensare la diversità dei ministeri e delle funzioni

Per il Movimento Internazionale dei Sacerdoti Sposati fondato nel 2003 da don Serrone, spazio nella Chiesa ai preti sposati per combattere il clericalismo (ndr).

La Croix

(Isabelle de Gaulmynin)  Un convegno alla facoltà teologica di Strasburgo ha permesso di aprire alcune piste per riequilibrare i poteri tra preti e laici.
Il clericalismo, ecco il nemico!”. Mantra dei repubblicani anticlericali della fine del XIX secolo, l’espressione è curiosamente diventata, all’inizio di questo XXI secolo, lo slogan favorito dei cattolici per designare ciò che non funziona nella Chiesa. Ecco quindi l’interesse per il convegno organizzato alla fine di aprile dalla facoltà teologica cattolica di Strasburgo, intitolato opportunamente “La tentazione del clericalismo”, che ha riunito una serie di discipline per definire il clericalismo e cominciare ad offrire un inizio di risposta a questo problema.
Ma che cos’è il clericalismo? I canonisti parlano di uno squilibrio nel rapporto tra il prete e il laico, di una “visione elitaria ed esclusiva” della vocazione del prete, per riprendere l’espressione di papa Francesco, che vede in questo una delle cause della “cultura dell’abuso” che ha incancrenito le strutture ecclesiali. In un’epoca in cui tutte le istituzioni sono oggetto di una grave crisi di fiducia, il rischio sarebbe tuttavia quello di veder nascere tra i cattolici un “anticlericalismo interno” che rimetterebbe in discussione ogni forma di gerarchia, in una sorta di “populismo di Chiesa” che sopprimerebbe i corpi intermedi.
L’intervento di storici come Nicole Lemaître è stato da questo punto di vista rassicurante: ha permesso di constatare che il clericalismo attuale è innanzitutto una costruzione storica, dovuta in gran parte al concilio di Trento. A partire dal XVII secolo, si è operata una “radicalizzazione cattolica” che ha concentrato tutte le funzioni sacre sul prete ordinato, a partire dall’Eucaristia e dalla confessione.
Il primo modo di lottare contro il clericalismo si trova senza dubbio in una migliore conoscenza del diritto canonico, il cui scopo è proprio quello di sanzionare le derive. Come ha notato il canonista Alphonse Borras, “il primo riflesso del vescovo è cercare un avvocato della società civile, dimenticando di rivolgersi verso le proprie autorità giudiziarie”. L’accento messo sulla misericordia ha fatto dimenticare ciò che il diritto canonico può avere di punitivo. Mancano anche luoghi di regolamentazione nelle strutture ecclesiali, che permetterebbero di segnalare le disfunzioni gravi.
Un’altra pista, più teologica, l’apprendimento della libertà spirituale, e il giusto esercizio del loro “potere spirituale” da parte dei preti. Mons. Eric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims, ha sviluppato una riflessione sulla figura del “pastore”. “C’è un solo pastore, è Cristo”. Ha fustigato i preti che si prendono loro per pastori. Questo richiede anche la vigilanza delle “pecore”, cioè dei fedeli, che non devono rimanere in un atteggiamento sottomesso o idolatrico.
Ma se la concezione attuale del prete-chierico è in gran parte dovuta alla storia, è senza dubbio possibile ripensarne la definizione. Il canonista Thibault Joubert insiste sull’importanza assunta dalla figura del prete a scapito di quella del vescovo e degli altri ministeri che possono essere esercitati da laici: “Abbiamo avuto una teologia del sacramento dell’ordine concentrata sul sacerdozio. Sussiste oggi una tensione tra due teologie del ministero: la prima concentrata sulla figura sacerdotale del prete, l’altra che parte da una pluralità organica dei ministeri sotto la presidenza del vescovo”. In qualche modo, la concentrazione progressiva sul prete dei compiti un tempo suddivisi in una grande varietà di funzioni sacre è stata deleteria per la diversità dei ruoli nel cattolicesimo. Un difetto di pluralismo che ha alimentato gli abusi di potere che conosciamo.

La Croix, 29 aprile 2019

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