Concistoro 28 novembre, spinta del Papa per il “partito” italiano

Città del Vaticano, 26 ott. (askanews) – Con il concistoro annunciato per il prossimo 28 novembre, che vedrà ben sei italiani ricevere la berretta cardinalizia su tredici, Papa Francesco ha dato un significativo sostegno alla componente italiana del “collegio elettorale” che sceglierà il suo successore.

Il numero totale di cardinali elettori, ossia con meno di 80 anni di età, raggiungerà inizialmente quota 128 (scenderà nel giro di un annetto a 121 perché sette porporati raggiungeranno in dodici mesi la fatidica soglia degli 80 anni) e di questi 23 saranno italiani.

Il Papa ha annunciato ieri, a fine Angelus, la convocazione di un concistoro a inizio Avvento per la “creazione” di tredici nuovi cardinali, nove elettori e quattro ultraottantenni.

Gli italiani che riceveranno la porpora sono sei: Marcello Semeraro, appena nominato alla testa della congregazione delle Cause dei santi al posto del cardinal Giovanni Becciu; Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena; fra Mauro Gambetti, Custode del Sacro convento di Assisi; altri tre hanno più di ottant’anni: Silvano M. Tomasi, nunzio apostolicoin pensione; fra Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia; mosnignor Enrico Feroci, ex direttore della Caritas romana e ora parroco a Santa Maria del Divino Amore.

Da notare che ben tre di loro – Gambetti, Cantalamessa, Feroci – non sono vescovi: è una scelta piuttosto rara, che mostra l’intenzione di Francesco di andare oltre gli steccati della tradizione, e che, prevedibilmente, comporterà – come già avvenuto all’ultimo concistoro per il gesuita Michael Czerny – alla consacrazione episcopale subito prima del 28 novembre.

Oltre all’infornata di italiani, gli altri sette cardinali elettori nominati dal Papa provengono da Malta (Grech), Rwanda (Mbanda), Stati Uniti d’America (Gregory), Cile (Aòs), Filippine (Advincula), Brunei (Sim), un ultraottantenne proviene dal Messico (Arizmendi).

Dal 29 novembre in poi, in un eventuale Conclave siederebbero 75 cardinali nominati da Francesco, 40 da Benedetto XVI e 16 da Giovanni Paolo II. Per essere eletto Papa, nelle prime votazioni, è necessario ottenere almeno i due terzi dei voti, pari a 86.

A livello di Continenti, la geografia del Collegio cardinalizio votante sarà: Africa, 17; Asia, 16; America latina, 24; America del Nord 13; Oceania, 4; Europa, 54.

L’elezione di un Pontefice, beninteso, è frutto di un’alchimia che si viene a creare al momento in cui il Pontefice regnante muore o si dimette. Eventualità che sembra attualmente di là da venire, non solo perché Francesco, 83 anni, gode di buona salute, ma tanto più perché è vivo anche il predecessore, il dimissionario Benedetto XVI, 93 anni, che rinunciò al pontificato nel 2013.

Quel che però va notato è che non può più essere escluso, come era chiaro otto anni fa a tutti tranne a qualche candidato velleitario, che il prossimo Papa sia italiano. Improbabile per certi versi – da Giovanni Paolo II in poi il papato è uscito dall’Italia per approdare in paesi ben più rappresentativi della popolazione cattolica mondiale – ma da non escludere a priori. Di certo, con le sue scelte cardinalizie il Pontefice argentino di origine italiana sembra indicare che gli italiani avranno un ruolo di primo piano nella scelta di un Pontefice che dovrà gestire una situazione complessa e tenere in equilibrio sensibilità, culture, modelli ecclesiologici disparati come quelli che coesistono in Santa Romana Chiesa.

Se nel corso dei sei concistori presieduti dall’inizio del pontificato Jorge Mario Bergoglio ha infatti privilegiato un certo tipo di profilo pastorale, ed ha premiato non di rado paesi “periferici”, diocesi secondarie, personalità defilate, non ha mai maltrattato l’Italia. O meglio: ha trascurato tradizionali sedi cardinalizie – Venezia, Torino, per dire, rimangono, per la prima volta da secoli, con un arcivescovo che non è cardinale – ed ha premiato sedi secondarie – per dire, Perugia, sede dell’attuale presidente Cei Gualtiero Bassetti, e Agrigento, il cui vescovo, Francesco Montenegro, è tra l’altro il pastore dell’isola di Lampedusa – sconvolgendo, per così dire, la geografia ecclesiale italiana. Relativamente pochi curiali hanno ricevuto la porpora. E anche con l’annuncio di domenica si conferma questa intenzione di ridisegnare gli equilibri futuri della Chiesa italiana: diventano “principi della Chiesa”, in modo inconsueto, il vescovo di Siena, il custode del convento di Assisi (città il cui vescovo non è cardinale), un semplice parroco romano e un nunzio in pensione.

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