Alla ricerca del “Tao della liberazione”. Una rivoluzione della coscienza verso la “Grande Svolta”

di Claudia Fanti

Adista Documenti n° 13 del 5/4/2014

DOC-2609. ROMA-ADISTA. Una ricerca appassionata «della saggezza necessaria per compiere profonde trasformazioni nel mondo», realizzata attraverso una rilettura della Teologia della Liberazione a partire dalle frontiere più avanzate della scienza e dai valori della tradizione taoista: è tutto questo Il Tao della liberazione, scritto nel 2009 dal teologo brasiliano Leonardo Boff e dal cosmologo canadese Mark Hathaway e oggi pubblicato in italiano dalla casa editrice Fazi (Roma, 2014, pp. 686, euro 22), nella collana di libera ricerca spirituale “Campo dei Fiori”. 

Una ricerca sintetizzata al meglio dal titolo del libro (vincitore negli Stati Uniti, nel 2011, del premio Nautilus Gold Medal in Scienza e Cosmologia): se con l’antica parola cinese Tao – che vuol dire «via, cammino verso l’armonia, la pace e le giuste relazioni» – gli autori indicano «la saggezza che risiede nel cuore stesso dell’universo e che racchiude l’essenza della sua finalità e della sua direzione», con il termine “liberazione” esprimono invece quel processo orientato a «porre rimedio al terribile danno che abbiamo inflitto l’uno all’altro e al nostro pianeta», in direzione di un mondo «in cui tutti gli esseri umani possano vivere con dignità e in armonia con la grande comunità che compone Gaia, la Terra vivente», all’interno di un universo in cammino, anch’esso, verso la realizzazione delle proprie potenzialità.

È una ricerca che non può che partire dal riconoscimento della portata e della gravità dell’attuale crisi: condensando tutta la storia dell’universo in un unico secolo, se la Terra nasce nell’anno 70, la vita tre anni dopo, i mammiferi a metà dell’anno 98 e l’homo sapiens 12 ore fa, è solo negli ultimi 12 secondi che il ritmo dello sfruttamento e della devastazione ecologica accelera drasticamente, producendo la distruzione di quasi metà delle grandi foreste della Terra (ogni anno si disbosca un’area pari all’estensione del Bangladesh), l’emissione nell’atmosfera di quantità immense di anidride carbonica  e di altri gas serra (che porteranno forse, entro la fine del prossimo secolo, ad un aumento della temperatura di 3-4 gradi centigradi), la perdita spaventosa di fertilità del suolo (il 65% della terra un tempo arabile ormai non lo è più), l’immissione nell’aria, nel suolo e nell’acqua di decine di migliaia di nuove sostanze chimiche, l’estinzione di centinaia di migliaia di specie vegetali e animali, l’azzeramento, insomma, di un lavoro «che la rete biotica ha svolto in centinaia di milioni di anni» (e il tutto a beneficio di una fascia molto piccola dell’umanità).

In questo quadro, due sole sono le alternative: scegliere di non intraprendere alcuna vera trasformazione, perpetuando l’attuale sistema globale di dominio e scivolando così «in un futuro di infelicità, povertà e degrado ecologico ancora peggiori», oppure «metterci alla ricerca del Tao della liberazione», operando una «rivoluzione della coscienza», una re-invenzione di noi stessi in quanto specie, in direzione di «una nuova civiltà planetaria in cui la bellezza, la dignità, la diversità e il rispetto assoluto per la vita siano al centro di tutto: un’autentica Grande Svolta». Ma com’è nata, si chiedono gli autori, la psicosi di cui soffriamo oggi? E come sfuggire alla rete di «dipendenze, negazione e oppressione interiorizzata» che, paralizzandoci, ci distoglie dall’impegno di costruire comunità al servizio della vita? Se «i legacci che ci stringono sembrano indistruttibili», in realtà – scrivono Boff e Hathaway – «la vacua cosmologia del consumismo non può spegnere del tutto la nostra sete di comunione, di creatività e di bellezza», perché «in cuor nostro sappiamo che qualcosa è sbagliato, che in qualche maniera siamo incompleti». Si tratta allora di promuovere lo sviluppo dell’identificazione con gli altri, migliorando la capacità di provare empatia e compassione e in tal modo espandendo il nostro senso del sé verso «cerchi dell’essere sempre più ampli fino a includere la grande comunità della Terra». Fino, cioè, a comprendere che «non siamo semplicemente sulla Terra», ma che «noi siamo la Terra stessa che in questa fase della sua evoluzione ha cominciato a sentire, pensare, amare, venerare e avere cura».

Ma perché ciò sia possibile, «abbiamo anche bisogno – come evidenzia nell’introduzione Fritjof Capra (il celebre autore del libro Il Tao della fisica) – di una nuova comprensione della realtà e di una nuova concezione del posto che l’umanità occupa all’interno del cosmo»: quella che gli autori definiscono come «cosmologia della liberazione» (intendendo per cosmologia una visione del mondo condivisa che dia significato alla nostra esistenza), in contrapposizione a quella «cosmologia della dominazione» che ha in larga parte autorizzato «la sottomissione della Terra», sostituendo a una visione del cosmo come «dimora vivente ricca di mistero» quella di un universo «come un’immensa macchina composta di semplici “mattoni” che funzionano in modo deterministico», un universo morto, fatto di materia inanimata, che è dunque possibile sfruttare senza rimorsi nel nome dello sviluppo economico e sociale.

Ci ha pensato poi la ricerca scientifica contemporanea, a cui gli autori dedicano diversi capitoli del libro, a smantellare tale visione, rivelando la natura profondamente olistica e relazionale del cosmo, inteso piuttosto come una rete di relazioni in cui «ogni parte riceve il suo significato e la sua esistenza solo dal posto che occupa all’interno del tutto» e in cui «tutte le comunità si sono evolute come se fossero un grande organismo». Un cosmo, cioè, come «un’entità vivente con la sua libertà e le sue dinamiche creative» («Ecco tutta la storia in un rigo», ha scritto il cosmologo Brian Swimme: «Si prende l’idrogeno e lo si lascia tranquillo, e lui si tramuta in roseti, giraffe ed esseri umani»), così come una sorta di superorganismo vivente si rivela la Terra, essendo «molto solide» le prove dell’attività autoregolatrice dell’ecosfera (tant’è che, sostiene James Lovelock, senza la vita, l’atmosfera terrestre assomiglierebbe moltissimo a quella di Marte o di Venere). È la teoria di Gaia, la cui versione “forte” sostiene «che gli organismi viventi, operando insieme, in qualche modo di fatto regolano o controllano il loro ambiente per conservare, o forse anche per ottimizzare, le condizioni necessarie alla vita».

È come, insomma, se l’evoluzione, secondo l’idea di Teilhard de Chardin, fosse «plasmata in modo da convergere verso uno stadio superiore e finale ancora-da-raggiungere, chiamato “punto Omega”», che, se non è possibile dire con esattezza a cosa somiglierà, sembra però implicare «livelli di complessità, di interrelazioni, di diversità e di autocoscienza sempre maggiori». Di modo che, sottolineano gli autori, è possibile affermare che il cosmo «si trova ancora in un processo di genesi» e che dunque «ciascun essere e ciascuna entità sono pieni di potenzialità non ancora realizzate». Un processo in cui Dio, il Punto Omega, si rivela come «il grande Attrattore di tutte le energie e di tutte le forme della materia», affinché queste «arrivino al culmine ultimo in cui la promessa si realizza e in cui ciò che ora è virtuale diventa un’incantevole concretizzazione».

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