Storie di accoglienza e assistenza sanitaria di donne che hanno subito violenza

Massimo Michele Greco (a cura di), LETTERE DAL SILENZIO. Storie di accoglienza e assistenza sanitaria di donne che hanno subito violenza, Franco Angeli ed, Milano 2011.

Lettere dal silenzio. Storie di accoglienza e assistenza sanitaria di donne che…

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Lettere dal silenzio. Storie di accoglienza e assistenza sanitaria di donne che hanno subito violenza Titolo Lettere dal silenzio. Storie di accoglienza e assistenza sanitaria di donne che hanno subito violenza
Prezzo € 20,00

La prefazione di Duccio Demetrio ci fa capire subito che siamo nel campo del racconto di vita, dell’autobiografia, che aiuta a “guardare in volto” l’esperienza, “sottraendo il male alla sua beffarda banalità”. Ma scopo del libro non è semplicemente quello di dar voce al racconto di esperienze dolorose o deludenti subite da alcune donne, quanto piuttosto quello di “sollecitare, in chi si prende cura di donne che hanno subito un qualche tipo di violenza di genere, una competenza interpretativa e, in senso più ampio, narrativa, ossia una capacità di riconoscere, assorbire, interpretare e lasciarsi muovere dalla storia della persona in stato di bisogno” (p. 18).

E’ un invito all’autocoscienza rivolto al personale medico e infermieristico, alla maggior parte del quale le donne che scrivono rimproverano indifferenza, incapacità di relazione, a volte omertà e connivenza. Ma sanno anche manifestare tutta la loro riconoscenza per medici/e e infermieri/e capaci di essere “un raggio di luce in un momento molto incerto e delicato” (p. 176).

La domanda-chiave mi sembra quella di pag. 181: “Ti dicono di andare a spogliarti, nemmeno parlano con te, non sanno come ti senti, se sei in ansia. (…) E’ vero che non tutti i medici sono uguali, ma perché è necessario andare cercando quello giusto? [grassetto mio]”.

Ecco: il libro, scritto a più mani, si pone l’obiettivo dichiarato di sollecitare una diversa qualità della formazione professionale del personale sanitario, spostando il “fuoco” dalla persona “paziente” alla “relazione di cura”. “La nostra determinazione di curanti nel voler realizzare per i/le pazienti ‘ciò che pensiamo sia bene per lui/lei’ a volte può essere molto violenta, o per lo meno indifferente ai loro bisogni. (…) [Occorre la] capacità di creare una relazione in cui insieme, tramite una negoziazione continua, collaboriamo con il nostro sapere a trovare soluzioni di volta in volta adatte alla specifica persona” (p. 24).

Per le persone che hanno subito esperienze traumatiche è decisivo sentirsi ascoltate e prese in cura a partire dalla “dimensione narrativa del vissuto” (p. 128). Altro che “si spogli, prego!”.

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