Giorgia Meloni ha atteggiamenti irrispettosi verso il pluralismo dell’informazione e la libertà di stampa

Solo pochi giorni fa abbiamo difeso la premier Meloni su questo sito per gli attacchi che aveva ricevuto a mezzo stampa per aver portato la sua bambina con sé al G20 di Bali. In quel caso la prima ministra faceva bene a invocare una maggiore correttezza da parte dei giornalisti, un maggiore rispetto. Ma la stessa correttezza e lo stesso rispetto Giorgia Meloni dovrebbe manifestare verso la stampa. E invece non sembra averne per nulla l’intenzione. Durante la conferenza stampa di ieri, 22 novembre, per la presentazione della manovra da 35 miliardi del governo ha troncato le domande e si è lasciata andare a giudizi gratuiti (e inaccettabili) sulla nostra categoria professionale, accusando i giornalisti di essere stati troppo “assertivi” e poco “coraggiosi” verso chi l’ha preceduta. Di fronte alla richiesta di chiarimento si è trincerata dietro un “Lo so io che voglio dire”, espressione pure questa poco riguardosa. Mentre, secondo i alcuni presenti, lasciando trafelata la sala, avrebbe adoperato nei confronti di chi protestava, anche un termine colorito dal gergo romanesco che tanto le sta a cuore (“rosiconi”).

I Cdr di Repubblica e di La Stampa hanno emesso un comunicato congiunto di sdegno al quale è facile immaginare seguiranno degli altri, perché è sacrosanto indignarsi di fronte a un simile atteggiamento. Si possono non condividere le idee espresse da chi scrive, si può replicare anche in modo perentorio o addirittura adire le vie legali quando ci si sente offesi o diffamati (mezzo al quale la Meloni indulge spesso e forse volentieri), ma non si può offendere chi esercita la nostra professione con tanta leggerezza. Perché il pluralismo nell’informazione è garanzia di democraticità, di libertà e l’informazione stessa è un servizio importante reso alla comunità. Perché, piaccia o no alla premier, tutti noi dedichiamo impegno al nostro lavoro, almeno quanto lei.

Nel loro documento i Cdr dei due grandi quotidiani «stigmatizzano le modalità con cui Giorgia Meloni, premier italiana, ha fin qui gestito gli incontri dedicati con la stampa per rispondere alle domande sull’attività di governo. E considerano inaccettabile quanto avvenuto ieri al termine dell’incontro con i giornalisti per la presentazione della Legge di Bilancio. Troncare le conferenze stampa limitando le domande dei cronisti è una modalità che non si addice alle democrazie occidentali. Ma, soprattutto, arrivare a insinuare, dopo le sollecitazioni dei due cronisti di Stampa e Repubblica, che i giornalisti siano stati pavidi con i suoi predecessori è non solo denigratorio nei confronti di professionisti che stanno svolgendo il loro lavoro, ma indice di una malcelata volontà di indirizzare l’informazione e l’opinione pubblica di questo Paese. Il presidente del Consiglio è ovviamente libera di rispondere o non rispondere alle domande e decidere anche il tempo che vuole dedicare a questa attività. Non le compete dare giudizi sulle domande che riceve, né dare patenti di subalternità o meno. Il confronto è alla base delle democrazie ed è a questo principio che continueremo ad attenerci».

Come dare torto ai colleghi?

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