E se invece di Celentano parlassimo dei fans di Leonardo da Vinci?

Aspettando stasera il botto finale di Adriano Celentano, che peraltro minaccia di essere buonissimo (pare abbia ammmesso, con un prete incontrato per strada, di aver esagerato), proviamo a parlare d’altro che di Sanremo, a sottrarci per un po’ al dibattito di fuoco che impazza da giorni sul Molleggiato «cretino di talento» e sulla farfallina tatuata di Belén.

Di questa settimana di chiacchiere mi colpisce ad esempio, molto più del finto scandalo sulle prevedibili uscite di Adriano (egli stesso, d’altronde, le definì «125 milionidi caz…ate» in uno show profetico su Raiuno) un evento mai accaduto prima nel campo dell’arte: l’arrivo nei cinema di mezza Europa, e quindi a disposizione di tutti, di una mostra evento che altrimenti sarebbe rimasta – per costi, distanza e fragilità delle opere – un evento unico riservato a pochi fortunati.
È successo, in altre parole, che l’esposizione più grande mai dedicata a Leonardo da Vinci, allestita alla National Gallery di Londra e presa d’assalto dal pubblico, sia stata trasformata in un percorso virtuale  ripreso in un documentario di cento minuti e proiettato nelle sale digitali in contemporanea, giovedì scorso, a quegli spettatori italiani e francesi, tedeschi e norvegesi – e non sono stati pochi – che non s’interessano del Festival. Ma vallo a spiegare a chi ancora si ostina a pensare, dalle nostre parti, che «con l’arte non si mangia».

Quanto agli stereotipi maschilisti riproposti dall’esibizione dell’inguine nudo di Belén, e alla conseguente indignazione, anche qui: niente di nuovo. Sono almeno vent’anni che il corpo delle donne viene «usato» in tv nel più mortificante dei modi, secondo canoni della tv commerciale prontamenti applicati a quello che un tempo si chiamava servizio pubblico. E benissimo si fa a condannare ogni volta, si capisce, la volgarità, la caduta di tono, l’ammiccamento greve, la miopia offensiva di un tale atteggiamento. Ma sarebbe bello che accanto alla condanna di pronto intervento di un certo immaginario femminile ci fosse pari sensibilità sulla tutela del lavoro delle donne, sul loro diritto alla maternità, a un compenso dignitoso e paritario, a una pensione equa. Se non ora, quando?

 

di Titta Fiore – ilmattino.it

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