Albania Incontro a Scutari sul dialogo tra cristiani e musulmani. Senza pregiudizi
L’Osservatore Romano
Occorre «guardare l’islam e i musulmani al di là degli stereotipi, nonché dei pregiudizi, dell’immagine sbagliata a opera di alcuni mezzi di comunicazione, come del comportamento fanatico e violento di una minoranza di musulmani». È quanto sottolinea il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, in un messaggio inviato ai partecipanti all’incontro dei delegati nazionali delle Conferenze episcopali europee per il dialogo con l’islam che si è concluso oggi a Scutari, in Albania.
Tre giorni di confronto, promossi dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa per testimoniare, attraverso la riflessione teologica-spirituale e soprattutto lo scambio di esperienze, il lavoro intrapreso dalla Chiesa cattolica nel dialogo con i credenti di altre tradizioni religiose. «Per evitare pregiudizi, la conoscenza dell’altro è fondamentale», ha sintetizzato l’arcivescovo di Shkodrë-Pult, Angelo Massafra, spiegando come l’Albania, paese a maggioranza musulmana, possa dare un contributo alla crescita dell’Europa.
Nel suo messaggio il cardinale Tauran ribadisce come «una posizione chiara da parte delle autorità religiose musulmane, nonché da ogni singolo musulmano circa la questione della violenza commessa in nome della religione, è necessaria per scongiurare una ingiusta equiparazione tra islam e violenza. Nell’islam ci sono infatti risorse religiose morali e spirituali, numerose delle quali condivise da cristiani ed ebrei». Per il porporato, cristiani e musulmani devono «promuovere il rispetto reciproco, l’obiettività nel parlare e nello scrivere sull’altra religione, la benevolenza, la compassione e la misericordia così centrale nella tradizione islamica e per altro tanto cara a Papa Francesco». Inoltre, viene aggiunto, «è necessario un nuovo sforzo da ambedue le parti per scongiurare il “discorso dell’odio” che è all’origine di sospetti reciproci, discriminazioni, esclusione, marginalizzazione e risentimenti». Il messaggio si conclude con un pensiero di gratitudine per l’Albania, paese, scrive Tauran, che «potrebbe essere citato come un esempio di rapporti rispettosi e fruttuosi tra cristiani, musulmani sunniti come pure bektashi. La persecuzione religiosa sofferta da tutti i credenti di questo paese sotto il regime ateo ha accomunato e avvicinato tutti».
Una visione sostanzialmente condivisa anche dall’imam sunnita Lauren Luli, vicepresidente della comunità musulmana in Albania, che nel corso dell’incontro, come riferisce l’agenzia Sir, ha delineato i profili fondamentali del credente musulmano e le modalità attraverso le quali vive la sua relazione con Dio. L’imam ha parlato del credente come di colui che crede in Allah, che fa risplendere la sua fede nelle opere buone. «Se così non fosse — ha insistito — sarebbe come una lampada accesa in mezzo a un deserto con il rischio che i venti la spengano». Luli ha poi sottolineato come il credente è colui che si allontana da tutti i peccati e, tra le pratiche contrarie al Corano, ha citato l’odio che «non solo danneggia l’individuo ma anche l’intera società». Al contrario, «la morale alta del credente irradia la semplicità, la fedeltà, la sincerità, l’amore, la pazienza, l’allontanamento dalle cose inutili, la solidarietà, il rispetto dei genitori e il rispetto del diverso. Il credente deve rispettare anche chi non la pensa come lui». A tal proposito l’imam ha espresso gratitudine per quanti nel passato hanno lavorato per la tolleranza e la coesistenza.
L’Osservatore Romano, 9-10 febbraio 2018