Coro Ratisbona, lettera del vescovo: “Posso solo chiedere umilmente perdono per gli abusi”

«Tutto ciò mi addolora profondamente e mi riempie di vergogna. Posso solo chiedere umilmente perdono, e a nome dei colpevoli, per la maggior parte deceduti, chiedo di accogliere questa richiesta di perdono». Mancava solo la sua voce tra le tante intervenute nella triste vicenda di violenze e abusi contro i piccoli membri del coro dei Domspatzen. Il vescovo di Ratisbona Rudolf Voderholzer, ha scelto di pronunciarsi con una lettera ai fedeli diffusa il 22 luglio che ha chiesto fosse letta in tutte le celebrazioni domenicali di ieri.

Nella missiva, riportata dal Sir, Voderholzer commenta i risultati del Rapporto finale curato e pubblicato dall’avvocato Ulrich Weber, dopo una lunga indagine incaricata della stessa diocesi che attesta come, in circa mezzo secolo, 547 “passeri del Duomo” siano stati vittime di maltrattamenti e violenze carnali, 60 anche di abusi sessuali. È a loro che il vescovo esprime la più forte gratitudine, per il fondamentale contributo offerto alle indagini attraverso le testimonianze alcune riportate dopo decenni di traumi e silenzi o sedute psichiatriche: «Nonostante la sofferenza vissuta, si sono messi in contatto con i rappresentanti della diocesi, e in particolare con il signor Weber».

Monsignor Voderholzer plaude anche al lavoro compiuto dall’avvocato che è riuscito «documentare» gli atti di violenza consumati tra il 1953 e il 1992, riuscendo a «fare luce» sulle «strutture» e i «contesti» che hanno «reso possibili o addirittura favorito» questi misfatti. Una conclusione alla quale era fondamentale giungere per evitare che essi si ripetano in futuro. Il presule elenca «isolamento», «barriere comunicative» e «omissioni» da parte dei responsabili politici ed ecclesiali tra le circostanze che hanno reso possibile l’orrore al quale erano sottoposti i ragazzini, alcuni piccolissimi, giorno dopo giorno.

Non si tratta solo di «ceffoni», scrive Voderholzer. Anzi questi erano una misura punitiva in uso all’epoca, anche nelle scuole, socialmente accettata, per ottenere disciplina e raggiungere migliori risultati, specie in campo artistico. Nel rapporto si legge di violenze «ben superiori» agli schiaffi: bambini chiusi in sacchi neri per punizione, altri sbattuti con la testa al termosifone, pugni, calci, sgabelli rotti sulle spalle e cose del genere. Senza dimenticare gli stupri, veri e propri, perpetrati principalmente nella Vorschule Etterzhausen, la scuola di formazione adiacente al coro.

«Chi legge queste descrizioni può solo provare orrore e sbigottimento», si legge nella lettera del vescovo di Ratisbona. Molti bambini e ragazzi «vivevano in un costante terrore» di punizioni «arbitrarie e imminenti» e ancora oggi, dopo quasi quarant’anni, soffrono per le «umiliazioni subite». «Questi bambini erano stati affidati in buona fede a sacerdoti e a personale ecclesiale» il cui impegno era di vivere i «dieci comandamenti e il comandamento dell’amore», afferma monsignor Voderholzer, che non manca di ammettere tutto il suo dolore e la sua vergogna.«Posso solo chiedere umilmente perdono», dice il vescovo, anche «a nome dei colpevoli per la maggior parte deceduti», implorando «di accogliere questa richiesta di perdono».

Non è facile. Questi risultati «sono difficili da digerire anche per noi», assicura il vescovo, tuttavia era necessario giungere a questi risultati. Lo era per le stesse vittime che hanno accolto positivamente il report dicendo che esso «li aiuterà a mettere pace in questo doloroso capitolo della loro storia». E lo era pure per le autorità competenti del Governo Federale che hanno potuto vedere nero su bianco e «valutare» il lavoro svolto dalla Chiesa sul caso, soprattutto a partire dal 2010 quando la diocesi ha messo in funzione misure, strutture e persone che si occupano non solo dei casi di abusi sessuali, ma anche di aggressioni fisiche.

Molto è stato fatto in cori, scuole, asili, istituti, per la tutela dei minori, serve però «sostegno» – dice il vescovo – per altre iniziative per prevenire e identificare tempestivamente simili casi. «Sostenere i bambini e i giovani, testimoniare la fede con la parola e con l’esempio, ma anche imparare da loro, questo è il nostro compito per il futuro».

In conclusione alla missiva, Voderholzer – ricordando che si attendono altri due studi che «dovranno chiarire ulteriormente i contesti storici e sociologici» del caso dei Domspatzen – assicura che la diocesi continuerà a impegnarsi per le vittime con sostegni economici (già negli scorsi anni sono stati risarciti 2550euro ciascuno) e psicologici identificati alla luce delle conclusioni dei nuovi studi. Al contempo sollecita «tutti coloro che sono stati vittime di violenze o abusi sessuali in altre istituzioni ecclesiastiche e che fino ad ora non lo hanno ancora segnalato», a trovare «il coraggio di fidarsi di noi», perché «possano sperimentare riconoscimento e giustizia, e trovino aiuto».

La Stampa

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