Maggiore importanza alle buone pratiche che alle ipotesi teologiche. Intanto vaticano mette sotto accusa un altro teologo: un altro colpo alla credibilità della Chiesa

Se un risultato ha ottenuto la “Notifica su alcune opere del prof. Andrés Torres Queiruga” diffusa dalla Commissione per la Dottrina della Fede della Conferenza episcopale spagnola lo scorso 29 marzo, è quello di aver inferto un altro duro colpo alla credibilità della Chiesa. In un Paese diventato tremendamente inospitale per la ricerca teologica, come indica il caso di José Antonio Pagola  (v. Adista nn. 7, 51, 58 e 65/08; 61/09; 44/11) e quello recentissimo di Juan José Tamayo (v. Adista n. 12/12) l’indignazione per il provvedimento nei confronti del teologo galiziano, uno dei più prestigiosi teologi spagnoli e anche uno dei più noti a livello internazionale, è realmente un fiume in piena. Anche perché, come scrive José Manuel Vidal su Religión Digital(1/4), «condannando la sua teologia, stanno condannando tutta la teologia», che si vorrebbe ridotta sempre più a un’inutile eco degli interventi magisteriali, il cui valore, sottolinea la Notifica, «non è frutto di una teologia opinabile, ma dell’assistenza dello Spirito Santo».

Non si tratta, in realtà, di una nota di condanna, quella nei confronti di André Torres Queiruga, essendo l’obiettivo del documento solamente quello di «salvaguardare aspetti essenziali della dottrina della Chiesa per evitare la confusione nel Popolo di Dio». Ma è inevitabilmente destinata a suonare tale, dal momento che, come scrive Xabier Pikaza  nel suo blog (http://blogs.periodistadigital.com/xpikaza.php), «il grande pubblico non distingue tra cartellino giallo e cartellino rosso». «Purtroppo – riconosce anche il teologo domenicano Martín Gelabert Ballester, che lo stesso Queiruga ha voluto fosse presente al colloquio con la Commissione per la Dottrina della Fede – la nota corre il rischio di venire interpretata come una condanna della sua teologia al di là dell’intenzione esplicita» dei suoi autori, e così «di fatto» alcuni settori l’hanno interpretata, rallegrandosene. Eppure, è convinto Gelabert, l’opera di Queiruga non è che «un tentativo di comprendere meglio la fede tenendo conto delle nuove problematiche poste dalla situazione e dalla cultura attuali».

In particolare, quel che dichiara nel suo documento la Commissione per la Dottrina della Fede, guidata dal vescovo di Almeria mons. Adolfo González-Montes, è che gli scritti teologi di Torres Queiruga «non sempre sono compatibili con l’interpretazione autentica che ha dato la Chiesa alla Parola di Dio scritta e trasmessa». Tant’è che la Notifica (approvata dalla Commissione permanente della Conferenza episcopale il 29 febbraio) segnala ben sette errori dottrinali, relativi, tra gli altri, alla «distinzione tra il mondo e il Creatore» e alla «possibilità che Dio intervenga al di là delle leggi che Egli stesso ha stabilito», all’unicità e universalità della mediazione salvifica di Cristo e della Chiesa, alla resurrezione in quanto «avvenimento storico (miracoloso) e trascendente». Questioni su cui il teologo non ha avuto modo di difendersi, se è vero che, per quanto la Commissione parli di «un dialogo lungo e minuzioso con l’Autore», questo si è risolto in un unico colloquio a giochi fatti, quando ormai, cioè, la decisione del provvedimento era stata adottata. Di «procedimento ecclesialmente irregolare che ha spezzato le norme fondamentali della fraternità cristiana» parla lo stesso Torres Queiruga, evidenziando il modo in cui è stata calpestata la «reputazione di un teologo che ha dedicato, e pensa di continuare a farlo, la sua vita allo studio e all’annuncio della fede». «Tutto il mio lavoro – dichiara a Religión Digital (1/4) – è stato sempre guidato da una grande cura di preservare la fede della Chiesa, cercando di ripensarla con spirito costruttivo, affinché risulti fondata, comprensibile e vivibile per gli uomini e le donne di oggi». Quanto sia ingiusta e infondata la Nota basterebbero a dimostrarlo le stesse citazioni in essa riportate, il cui contenuto, commenta il teologo galiziano, «in nessun’altra nazione europea con una seria tradizione teologica» verrebbe messo in discussione, al contrario delle interpretazioni offerte nel documento, che «passerebbero con molta difficoltà un esame serio di teologia».

Sconcertante, in particolare, è il fatto che, per ribattere agli argomenti di Torres Queiruga, i censori – come evidenzia il teologo José María Castillo nel suo blog Teología sin censura (josemariacastillo.blogspot.com) – non siano ricorsi alla Bibbia, ai Padri della Chiesa o ai grandi teologi (delle 80 note del documento, solo in una si incontra una citazione di Tommaso d’Aquino), ma agli insegnamenti del Catechismo della Chiesa cattolica e ai documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Conferenza episcopale spagnola o della Commissione Teologica Internazionale. «In sostanza – commenta Castillo – il pensiero dei censori non ci dice che questo: il Magistero Ecclesiastico afferma che questo è vero o che questo è sbagliato perché lo stesso Magistero dice che è vero o che è sbagliato. In tal modo, la Rivelazione, che i censori vogliono difendere, in realtà viene scavalcata. E sostituita dal Magistero. E questo, dal punto di vista della storia della teologia cristiana, è grave. Perché, in definitiva, ciò che si fa in questo modo è porre il Magistero al di sopra della Rivelazione divina».

Talmente ingiusta è la nota contro Queiruga che, sottolinea José Manuel Vidal, non è più possibile «continuare a sopportare»: «È il momento – afferma – di esprimere la nostra indignazione. La mistica della resistenza attiva deve condurci a dire chiaramente ai nostri pastori che “così, no”». «Dovrebbero rendersi conto – si legge in un comunicato di Redes Cristianas, uno degli innumerevoli messaggi di solidarietà nei confronti del teologo – del danno che provocano con queste ingiuste condanne all’immensa maggioranza della Chiesa, popolo di Dio, che ha sempre attribuito maggiore importanza alle buone pratiche che alle ipotesi teologiche».

 

di Claudia Fanti – adista documenti n. 14 del 2012

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