Il riferimento a porporati colpevoli di abusi – nell’intervista di Papa Francesco a Eugenio Scalfari

di Giacomo Galeazzi – vaticanista de la stampa

Il riferimento a porporati colpevoli di abusi – nell’intervista di Papa Francesco a Eugenio Scalfari – riguarda probabilmente i casi dei cardinali O’Brien (attualmente in «ritiro spirituale» per decisione dello stesso Bergoglio) e Groer (deceduto), che hanno entrambi ammesso di aver compiuto abusi sessuali. «Ci sono stati momenti in cui la mia condotta sessuale è caduta al di sotto degli standard a me richiesti, in quanto prete, arcivescovo e cardinale», ha sottoscritto il cardinale Keith O’Brien, allora arcivescovo di Glasgow, nei giorni convulsi del febbraio 2012, quando si stava preparando il Conclave (dal quale si autoescluse dopo essere stato dimissionato da Benedetto XVI) ed erano state rese pubbliche le accuse per fatti risalenti agli anni Ottanta, quando era direttore spirituale del St. Andrew’s College. In quel periodo aveva messo in atto un «approccio inappropriato» verso alcuni seminaristi, per di piĂą dopo una «sessione di bevute». Uno dei quattro accusatori avrebbe poi abbandonato il sacerdozio nel momento in cui O’Brien venne nominato cardinale, nel 2003, da Giovanni Paolo II. «Porgo le mie scuse e chiedo il perdono a coloro che ho offeso, chiedo scusa anche alla chiesa cattolica e al popolo di Scozia», ha dichiarato O’Brien. Le voci su Groer erano in circolazione dai primi anni ’90 e il cardinale si era sempre rifiutato di rispondere pubblicamente alle accuse che gli venivano mosse. Dapprima i suoi colleghi vescovi austriaci lo difesero, respingendo le «calunnie» e gli «attacchi anticlericali». Una linea in quel momento sostanzialmente condivisa da Giovanni Paolo II. Quando le accuse, affidate ai giornali, divennero però piĂą circostanziate e gravi (oltre che di abusi sessuali, si parlava dell’utilizzo della confessione come mezzo di «approccio»), il Papa corse ai ripari e mostrando di fatto di accoglierle nominò nel 1995 un coadiutore nella persona dell’allora vescovo ausiliare Schoenborn, cui conferì così i pieni poteri sull’arcidiocesi. Poi dopo pochi mesi accolse le dimissioni di Groer da arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza Episcopale, incarico al quale era stato da poco rieletto. Il 29 giugno 1996 Schoenborn – che nella primavera dello stesso anno aveva predicato gli esercizi spirituali in Vaticano e dunque godeva di rispetto stima e considerazione – ricevette da Giovanni Paolo II il pallio, simbolo del legame tra i metropoliti e la Sede Apostolica. E nel primo concistoro dopo la nomina arcivescovile, che ebbe luogo due anni dopo, cioè nel 1998, fu creato cardinale. Travolto dalle accuse, quello stesso anno, in gennaio, Groer si dimise anche da priore di un monastero benedettino da lui fondato. E il 27 febbraio, quattro dei cinque membri del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale (tra i quali il presidente, mons. Johann Weber, e l’arcivescovo di Vienna, Schoenborn) dedicarono al «caso» una lunga dichiarazione nella quale affermarono anzitutto di condividere il dolore dei cristiani «che devono sopportare la critica e lo scherno verso la Chiesa». La nostra Chiesa – scrissero i presuli austriaci – proclama una morale sessuale esigente. Quando un vescovo viene accusato di gravi mancanze contro questa morale a danno di giovani che gli erano stati affidati, non basta la riconciliazione che si ottiene nella confessione. L’accusato deve dire apertamente e inequivocabilmente di essere innocente o chiedere pubblicamente perdono, il che comporterĂ  nella maggior parte dei casi anche la rinuncia al proprio ufficio. Il cardinale Groer non è ricorso in modo chiaro a nessuna delle due possibilitĂ … Noi abbiamo ora la certezza morale che gli addebiti mossi all’arcivescovo emerito cardinale Hans Hermann Groer sono sostanzialmente veritieri. Dobbiamo sopportare il suo silenzio, ma non possiamo personalmente tacere, se vogliamo rendere giustizia alla nostra responsabilitĂ  nei riguardi della Chiesa». In marzo, l’abate primate dei Benedettini, lo statunitense Marcel Rooney, compì, per incarico della Congregazione vaticana dei religiosi, una visita canonica all’abbazia di Goettweig. In seguito ai suoi accertamenti e al documento dei vescovi, in aprile, durante la Settimana Santa, il Papa mandò il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, a parlare con Groer che riconsegnò all’inviato papale l’anello e la croce pettorale avuti in dono da Wojtyla. Subito dopo Groer pubblicò un breve comunicato che fu diffuso anche dalla Sala Stampa della Santa Sede: «Nei tre anni passati vi sono state numerose asserzioni spesso non corrette sulla mia persona. Io prego Dio e gli uomini di perdonarmi, se in qualche modo mi sono reso colpevole. Naturalmente sono pronto ad acconsentire alla richiesta del Santo Padre di rinunciare all’insieme delle attivitĂ  da me finora svolte». Altri cardinali sono stati toccati dallo scandalo pedofilia: il primate irlandese Sean Brady per aver taciuto sull’insabbiamento di un inchiesta da lui stesso svolta quando era un giudice ecclesiastico e smaschero’ un caso di pedofilia in una parrocchia, l’ex arcivescovo di Los Angeles Roger Mahony, che si limitò a trasferire ad altro incarico i preti colpevoli e che il suo successore, monsignor JosĂ© H. Gomez, ha clamorosamente sospeso «da ogni incarico amministrativo e pubblico», e il cardinale Bernard Francis Law che per la stessa ragione fu costretto a trasferirsi a Roma mentre il successore, cardinale Sean O’Malley, campione della lottta alla pedofilia, dovette vendere l’episcopio per far fronte alle cause per danni.

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