Per molti, lo scrittore e intellettuale fu un test elettivo e talora persino obbligato. In una bella antologia a cura di Roberto Galaverni, i principali testi a lui dedicati: «Poesie per Pasolini» (Mondadori)

pasolini

La vicenda artistica e umana, il nome stesso di Pier Paolo Pasolini hanno costituito, per almeno due generazioni di poeti, un test elettivo e talora persino obbligato. Ne riunisce in una bella antologia i principali testi dedicatigli Roberto Galaverni che firma la curatela e le relative annotazioni di Poesie per Pasolini (Mondadori, «Lo Specchio», pp. 176, euro 20).
Disposti gli autori in ordine alfabetico, ai vicinissimi e sodali (Paolo Volponi, Dario Bellezza, Renzo Paris, Elsa Morante, Alberto Moravia, Sandro Penna) si alternano alcuni antipodi e su tutti, nientemeno, Eugenio Montale il firmatario della celebre Lettera a Malvolio (uscita in Diario del ’71 e del ’72, 1973) che equivale a un gesto di totale ripulsa nei confronti di un poeta, e prima ancora di un individuo, che agli occhi del maestro genovese rappresenta nell’estremo frangente degli anni sessanta l’emblema più nefasto di tempi alluvionali e oramai apocalittici. (Qui, Fortini ha invece la funzione ossimorica di amico e antagonista, come un perfetto altro-da-sé e perciò necessario nemico).
Nella sua limpida introduzione Galaverni va subito al nesso fondamentale: «Di chi o cosa stiamo parlando? Della vita o della poesia? Del poeta o dell’opera? Più o meno esplicitamente una poesia su Pasolini non può non essere una presa di posizione sul rapporto tra la poesia e la vita».
La scansione divide dunque le poesie indirizzategli in vita (talora ambigue nel tono come Lode di un amico poeta, di Massimo Ferretti) da quelle viceversa dedicategli post mortem, largamente prevalenti sia nella sequenza dei maestri più o meno coetanei (Giorgio Caproni, Mario Luzi, Elio Pagliarani, Alfonso Gatto, Amelia Rosselli, un raro Eduardo De Filippo, lo splendido Franco Scataglini di Philodemon) sia e soprattutto nella schiera dei poeti successivi, da Attilio Lolini, Elio Pecora, Valerio Magrelli a Remo Pagnanelli, Franco Buffoni, Fabio Pusterla, che l’hanno interrogato alla stregua di uno spettro generazionale, e a Gianni D’Elia che lo reso l’interlocutore della sua intera vicenda di poeta.
Di una tale presenza, presto insediata nell’immaginario collettivo, è riprova nel ’79 Le ceneri di Pasolini, il poemetto di un autore che gli fu sempre ostile e ne firmò un terribile necrologio: qui, il finale dismette l’ironia e finisce in un vocativo accorato… «mio estremo/ fantasma cattolico e sadico, mio sterile edipo/ castratore, nostro eterno padre».

Il Manifesto

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