Scontro fra Bergoglio e Parolin? Gli echi abbondano nel Chelseagate


La querelle ancora in corso per la compravendita dell’immobile londinese da parte del Vaticano, potrebbe celare frizioni indicibili tra il cardinale vicentino e lo stesso pontefice: mentre sullo sfondo, ma su piani diversi, rimangono il caso Orlandi e il caso Becciu-Marogna
«La Chiesa è santa e peccatrice, come diceva sant’Agostino. La stragrande maggioranza dei suoi membri è sana, ma non si può negare che alcuni ecclesiastici e tanti, direi, falsi amici laici della Chiesa abbiano contribuito ad appropriarsi indebitamente del patrimonio mobile e immobile, non del Vaticano, ma dei fedeli. Siamo stati noi a rilevare l’acquisto sospetto di un immobile a Londra: io mi sono rallegrato perché significa che oggi l’amministrazione vaticana ha le risorse per fare chiarezza sulle cose brutte che accadono all’interno». È questo uno dei passaggi salienti di alcune dichiarazioni di papa Francesco I che sarebbero contenute nel libro intervista di prossima uscita in argentina scritto dai giornalisti Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin ed intitolato «El pastor». A darne notizia, tra gli altri, è un lancio di SkyTg 24 di oggi 26 febbraio attorno alle 10 del mattino. Anche se non viene menzionato esplicitamente, in quel passaggio, pare si faccia un cenno al segretario di Stato vaticano ossia il cardinale vicentino di Schiavon Pietro Parolin. La querelle è quella che per l’appunto riguarda l’acquisto di un prestigioso immobile di Londra da parte del Vaticano. Vicenda che fece finire nel mirino della magistratura vaticana, tra i tanti, il cardinale Angelo Becciu (già uomo chiave della Segreteria di Stato) e il suo consulente diplomatico Cecilia Marogna. Il «procuratore speciale nonché coordinatore del collegio di difesa» di quest’ultima peraltro, il padovano Riccardo Sindoca, d’accordo con la sua assistita aveva sempre stigmatizzato le scorrettezze mosse dalla magistratura vaticana e di quella italiana nei confronti della sua assistita.

UNA SORTA DI PREMONIZIONE
«Quando vi è una inchiesta che riguarda la Segreteria di Stato, la Gendarmeria vaticana dovrebbe notiziare il segretario di Stato. E per tanto mi riesce difficile pensare che nulla potesse sapere chi, per certi versi, ma solo a posteriori dello scandalo pubblico», il riferimento è all’acquisto dell’immobile londinese, «avrebbe asserito trattarsi di una trattativa opaca. Diversamente si spieghi che cosa abbia fatto motu proprio, il cardinal Parolin, di fattivo in merito per dissentire ai tempi e non oggi…». In questo modo Sindoca aveva preso di mira la segreteria di Stato nell’ambito di una inchiesta di Vicenzatoday.it che porta la data del giorno 8 luglio 2021. Nello stesso solco a quel servizio, sempre su Vicenzatoday.it, ne seguirono uno il 7 ottobre 2021 («Caso Becciu, Sindoca marca a uomo Parolin»), uno il 4 gennaio 2022 («Caso Becciu, l’intrigo internazionale e gli anfratti vicentini») e uno il 14 novembre 2022 («Monsignor Parolin al centro del caso Milone»). Per di più ora le parole di Sindoca, proferite ben due anni fa, o poco meno, assumono un sapore particolare, quasi di premonizione.

LE DOMANDE DELLE CENTO PISTOLE
Tanto che la frase che sarebbe stata proferita da Jorge Bergoglio e che riportata nel libro di Ambrogetti e Rubin avrebbe fatto rizzare le antenne alle cancellerie di mezzo mondo, in Italia in primis, è proprio quella relativa alle indagini interne al Vaticano: «Io mi sono rallegrato perché significa che oggi l’amministrazione vaticana ha le risorse per fare chiarezza sulle cose brutte che accadono all’interno». Quale è il significato ultimo che il pontefice intende dare a quella valutazione? Quell’uscita sta a significare che l’entourage di Bergoglio ha definitivamente deciso di aumentare la potenza del suo fanale su chi nell’ambito delle scorrerie alla Segreteria di Stato fu individuato nella fase postrema della inchiesta stessa ossia ben dopo della deflagrazione dell’affaire Becciu-Marogna?

E che cosa intende Bergoglio quando parla di «alcuni ecclesiastici e tanti, direi, falsi amici laici della Chiesa, abbiano contribuito ad appropriarsi indebitamente del patrimonio mobile e immobile, non del Vaticano, ma dei fedeli»? I falsi amici laici sono soggetti, riferibili a qualche obbedienza massonica molto ben piazzata in Italia o qualche circolo ristretto con buoni agganci nel mondo dei servizi segreti, che avrebbero ordito nell’ombra, con l’obiettivo, almeno teorico, di vampirizzare finanche l’obolo di San Pietro, ossia il più noto strumento della carità vaticana peraltro direttamente riferibile al pontefice?

In quelle parole quanto pesa il riferimento alla intricatissima compravendita dell’immobile nel quartiere Chelsea a Londra? Quella compravendita definita in molti ambienti «un bagno di sangue» per le finanze vaticane fu resa possibile attingendo ai fondi dello Ior, ossia della banca vaticana oppure l’onere di quell’affare gravò, per esempio sul’Obolo di San Pietro? Quali furono quindi i veri contorni del cosiddetto Chelseagate? Chi ci guadagnò e chi ci perse? Chi furono i grandi architetti dell’operazione? E quanto peserà nel prosieguo della vicenda il pronunciamento del gip milanese che ha giudicato illegittimo il sequestro del cellulare di Marogna ordinato dai pm milanesi su richiesta della magistratura vaticana? È vero che per Bergoglio nel dare corpo a questa sorta di controffensiva sarebbe stato cruciale il venire in possesso di una registrazione effettuata durante un incontro «alto di gamma» avvenuto mesi e mesi fa nel Bassanese, nel quale un personaggio di primissimo piano in ambito vaticano, di fronte «ad una esclusivissima platea in un contesto altrettanto esclusivo», si sarebbe presentato perfino come successore di papa Francesco I? Stando ai rumors che nelle ultime ore si rincorrono all’interno delle mura leonine questa è la batteria degli interrogativi che pesano sulla Segreteria di Stato al cui vertice si trova per l’appunto Parolin: che dopo le anticipazioni del libro di Ambrogetti e Rubin sembra diventato l’obiettivo, assieme a qualche obbedienza massonica, delle critiche al vetriolo di Bergoglio.

QUESTIONE SUL TAPPETO
Tuttavia al di là delle diatribe interne al Vaticano sul tappeto rimane pure la questione dell’arresto cautelare, in una col sequestro del telefono della stessa Marogna, deciso dalla magistratura italiana su richiesta delle toghe vaticane. Arresto fatto appunto «a pezzi» dal gip milanese anche perché non esistono trattati bilaterali, questo uno degli assunti delle difese della ex consulente di Becciu, tali da permettere alle autorità italiane di agire «come è stato fatto contro Marogna». Il processo davanti al giudice vaticano, scrive oggi Sindoca sulla sua pagina Facebook, «ha stigmatizzato innanzi al mondo intero cosa significhi» disapplicare e che cosa significhi «calpestare i diritti fondamentali» per quanto concerne il diritto di «difesa».
«INTERFERENZE INDEBITE»
E poi, come è mai «possibile che ancora nel terzo millennio», almeno per chi crede «nello Stato laico e indipendente» si possano «plausibilmente palesare» numerose «interferenze indebite» verso le autorità italiane, «visto quanto accaduto alla signora Cecilia Marogna?». In questo passaggio Sindoca vede appunto dietro le misure cautelari patite dalla sua assistita una serie di possibili «ingerenze» di una parte del Vaticano nei confronti di settori della magistratura italiana e non solo. Possibili ingerenze, questo Sindoca non lo scrive ma sembra farlo trasparire leggendo in filigrana la sua lunga prolusione, maturate sullo sfondo di uno scambio di colpi sotto il tavolo tra i fedelissimi di Bergoglio e quelli di Parolin: una sciarada sotto il pelo dell’acqua nella quale, a breve, potrebbe trovare posto anche l’ennesima rivelazione sulla scomparsa di Emanuela Orlandi: la giovane cittadina vaticana di cui si sono perse le tracce nel lontano 1983. Si tratta di una vicenda (da anni i media parlano vero e proprio rapimento per fini incoffessabili) per la quale lo stesso Bergoglio, questo sostiene almeno Pietro, fratello della scomparsa, potrebbe svelare dettagli inediti e clamorosi che hanno a che fare con uno dei più controversi segreti, con gli inevitabili intrecci finanziari di ogni tipo che i lcaso si porta appresso custoditi appunto entro le mura leonine. E non è un caso che in uno scenario del genere proprio papa Francesco I abbia deciso una stretta senza precedenti circa la gestione dei beni immobili della Chiesa.
vicenzatoday.it

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