Venezia, lettere e chat segrete dei preti. Quando don D’Antiga chiamava Moraglia «il drago»

Il patriarca di Venezia Francesco Moraglia (archivio)

«Venezia è tappezzata», sembra quasi sorridere «don Max», anche se non si tratta di un’intercettazione telefonica, ma di una chat su Whatsapp. «Ah. Sorpresa agostana», gli risponde Enrico Di Giorgi. E’ la mattina del 6 agosto del 2019 e proprio poche ore prima la città si era risvegliata con l’ennesimo volantino – il quinto – del «corvo» contro il patriarca Francesco Moraglia e alcuni preti della Diocesi. Proprio dalle chat tra il 78enne Di Giorgi, oggi imputato per diffamazione aggravata per quei testi ritenuti offensivi dalla procura, e Massimiliano D’Antiga – all’epoca ancora sacerdote e poi l’8 dicembre 2020 ridotto allo stato laicale da Papa Francesco – emergono elementi che sembrano confermare che è stato l’anziano ex manager del Petrolchimico a scriverli e diffonderli. D’altra parte è stato poi lo stesso D’Antiga a «confessarlo» di fronte ai carabinieri il 13 settembre 2019, quando venne sentito a verbale dopo essere stato trovato a casa sua: «Gli ho chiesto di farsi portavoce con il comitato Fra.Tino, del quale posso asserire con quasi certezza ne faccia parte, pregandolo di smettere con il sistema diffamatorio mediante i volantini», aveva detto.

La testimonianza del prete

Proprio per questo la testimonianza di D’Antiga – che non è indagato, ma secondo i carabinieri è il «fulcro» della vicenda – è una delle più attese del processo: il giudice Stefano Manduzio e il pm Daniela Moroni l’hanno convocato per il 16 dicembre, dopo che l’11 novembre non si è presentato. Dalle chat tra i due, tra giugno e settembre 2019, emergono anche altri fatti. Come per esempio quando attorno a Ferragosto il sacerdote gira all’amico dei link su alcuni articoli relativi a Villa Serena, una clinica genovese delle suore Immacolatine accusata anni prima di aver eseguito degli aborti segreti, nel cui cda sedeva il fratello di Moraglia. «Guarda il fratello del drago è identico, da incubo», scrive don Max con termini poco carini per l’alto prelato che alcuni mesi prima, a dicembre, lo aveva spostato dalla parrocchia di San Zulian scatenando la reazione sua e dei suoi sostenitori.

Il seguito nell’ex parrocchia

I due parlano poi spesso di questioni personali («mi sono preso un’insolazione», ma anche gusti di gelato preferiti e previsioni meteo) ma soprattutto economiche: «Dovrebbe andare bene la richiesta di chiusura del conto di Milano da parte dell’agenzia di Venezia», scrive Di Giorgi. Che poi gira le indicazioni su un lascito a beneficio di D’Antiga: «Verbale cassetta sicurezza testamento (…), erede Massimiliano D’Antiga. Spedire a» seguito da una mail. Tra i due c’è grande feeling: «Sei un aiuto prezioso», dice don Max, «Mio protettore», replica l’altro. Il sacerdote condivide poi il messaggio di un amico che lo invita a visitare la moglie ricoverata perché «siamo completamente abbandonati dalla Chiesa». Sono passati anni, ma nell’ex parrocchia D’Antiga ha ancora un seguito. Nelle scorse settimane una suora e un accolito avevano invitato a pregare per l’ex parroco, scatenando però la reazione di numerosi fedeli, a partire dal «grande accusatore» Alessandro Tamborini. Alla fine i due hanno scritto una lettera di scuse all’attuale parroco.

corriere.it

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