Erasmo da Rotterdam e Martin Lutero Genesi di un dialogo fallito

L’Osservatore Romano

(Roberto Righetto) Gli ultimi tre Pontefici l’hanno ampiamente riabilitato riconoscendo il suo desiderio di rinnovare la Chiesa e non di dividerla (Bergoglio), la sua spiritualità cristocentrica (Ratzinger) e la riscoperta della Parola essenziale per i cristiani (Wojtyła). Martin Lutero viene ricordato quest’anno con libri e celebrazioni a cinquecento anni dall’inizio della Riforma protestante, un evento che ha inciso profondamente non solo sul cristianesimo ma su tutta la modernità.
Ma cosa sarebbe accaduto se il monaco agostiniano avesse incontrato un altro grande riformatore del tempo, Erasmo da Rotterdam, che seguì passo dopo passo la protesta che portò allo scisma ma non volle mai abbandonare la Chiesa di Roma?
«Erasmo ha deposto le uova che Lutero ha fatto schiudere», ha sentenziato lo studioso inglese Percy Stafford Allen che del grande umanista ha curato l’edizione delle lettere.
E in effetti nel 1516 — come ha scritto lo storico belga Léon E. Halkin — «Erasmo e Lutero sono abbastanza vicini perché le loro cause siano legate». Lo testimonia una lettera spedita a Erasmo da Giorgio Spalatin, cappellano di Federico di Sassonia, in favore di Lutero.
Il viaggio a Roma compiuto qualche anno prima dall’autore dell’Elogio della follia l’ha deluso enormemente: sinceramente attaccato alla verità della fede, egli rifugge dalla pompa romana, dal lusso e dalla mondanità. La vista di un papato trionfante ma esangue non lo spingono però alla ribellione ma a progettare una riforma per una Chiesa senza compromessi, estranea alle brame del mondo, interamente dedita alla predicazione del Vangelo. Non sono queste le premesse della rivolta di Lutero?
Ma la protesta prende corpo: prima con le tesi di Wittenberg, poi con la disputa di Heidelberg. È Lutero che fa il primo passo verso Erasmo e il 18 marzo 1519 gli invia la prima lettera. «Spesso converso con te, e tu con me, Erasmo, nostro decoro e nostra speranza, benché non ci siamo ancora incontrati. Chi c’è il cui santuario intimo non sia occupato da Erasmo, che non sia istruito da Erasmo, sul cui spirito Erasmo non regni?».
Passano due mesi e, il 30 maggio, arriva la risposta, che non nasconde il clamore suscitato dagli scritti luterani. «Per parte mia, finché potrò, resterò neutrale. Nel frattempo, bisogna badare che il nostro cuore non si corrompa per il risentimento, o per l’odio, o per la sete di gloria. Quest’ultima ci minaccia anche in mezzo al nostro zelo fatto di pietà».
Erasmo insomma rifiuta di essere considerato vessillifero del partito di Lutero ma qualche mese più tardi, il 19 ottobre, quando il conflitto con Roma si acuisce, prende in mano la penna e all’arcivescovo di Magonza, Alberto di Brandeburgo, chiarisce la sua posizione. «Non sono né l’accusatore di Lutero né il suo protettore né il suo giudice. È cristiano, io credo, trattare Lutero in modo che da impedire, se è innocente, che fazioni disoneste lo annientino. Se è nell’errore, mi auguro il suo ravvedimento non la sua dannazione. Questo meglio si accorda con l’esempio di Cristo».
Di fronte a chi lo accusa di non schierarsi con la Chiesa di Roma, ripete che è sbagliato rifiutare le ragioni di Lutero senza cercare di capirle e che non scriverà né a favore del monaco né contro. «Un giorno — scrive a Martino Lipsio — si capirà che io non difendo Lutero, ma la pace della cristianità».
Ma le posizioni si esasperano ancor più: nel 1520 Leone x accusa Lutero di eresia e nel 1521 Carlo v emette l’editto di Worms che ne fa un fuorilegge. Erasmo, che pure deplora la mancanza di moderazione di Lutero, scrive a Pietro Barbier: «Bruciando i suoi libri, forse si caccia Lutero dalle biblioteche, ma non so se lo si potrà scacciare dalle anime».
E quando il nuovo Papa Adriano vi, suo amico e anch’egli olandese, sollecita una sua presa di posizione, Erasmo ribadisce di opporsi allo scisma ma critica la repressione usata verso Lutero; anche stavolta, come sempre, è contrario all’uso della forza in materia di fede. Così nel 1523 risponde al Papa: «Il mondo aveva bisogno di essere risvegliato alla verità evangelica, perché era intorpidito dalle opinioni scolastiche, gli assetti umani e le indulgenze pontificie».
Un anno dopo pubblica Il libero arbitrio, quasi un estremo tentativo di conciliazione fra le parti: l’opera trova buona accoglienza fra i cattolici, che pure gli rimproverano un’eccessiva apertura verso Lutero, ma viene rigettata dai protestanti. Nel 1525 esce il De servo arbitrio dello stesso Lutero che accusa Erasmo di essere ipocrita e sofista.
I due ormai sono divisi. La lacerazione della cristianità è compiuta e il sogno di una ricomposizione svanisce. 
L’Osservatore Romano, 3-4 agosto 2017

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