Lettera: Ho deciso di abbandonare il convento durante il noviziato

Ciao Don Giuseppe,
ho 45 anni, sposato, padre di tre figli.
Intorno ai venti anni ho trascorso circa tre anni in convento, tra i padri passionisti.
Ho deciso di abbandonare il convento durante il noviziato, senza emettere i primi voti.
Lasciare il mondo clericale e’ stata un’esperienza dolorosa, per motivi che hai descritto bene a piu’ riprese.
Non ho lasciato il convento per una donna, mi sono sposato soltanto 12 anni dopo.
Per grazia di Dio mi sono ricostruito un’esistenza, a parte una vita lavorativa abbastanza precaria che comunque condivido con milioni di italiani.

Dalla mia esperienza ho tratto tuttavia conclusioni opposte rispetto alle tue.
Rimango dell’idea che il sacerdozio sia cosa da celibi. E penso che tu, come altri, stia teorizzando cio’ che ti serve a giustificare la tua attuale condizione.

Pur avendo vissuto nella comunita’ cattolica in questi anni, fino ad oggi, non ho mai avuto la ventura di incontrare un prete "spretato" (passami il termine per brevita’) che avesse il coraggio di guardarsi dentro fino al punto da analizzare in modo secondo me obiettivo il suo percorso interiore.
Tu mi dirai che sono presuntuoso ad affermare questo. Io ti rispondero’ che in fondo avrei potuto fregarmene di scriverti stasera, come spesso in passato mi e’ capitato con degli spretati che volevano
convincermi delle loro posizioni. Contenti loro…

Il punto e’ che se non si fa verita’ dentro di se’ si rimane divisi. E si sta male.
La vita ci chiama a correre in avanti, e questo sembra possa aiutarci a dimenticare una condizione interiore che tuttavia rimane irrisolta.
E non sara’ l’approvazione ecclesiastica, non sara’ un editto papale che dia liceita’ al matrimonio del prete a cambiarla. Il problema e’ interno e investe il nostro rapporto con Gesu’, il Cristo.

E’ incredibile, a mio avviso, come diversi "spretati" cerchino conforto alle loro teorie tra coloro che non possono neanche lontamente immaginare (e, che e’ peggio, nemmeno lo vorrebbero), il percorso interiore di un uomo scosso dai dubbi circa l’opportunita’ di proseguire lungo la via clericale cosi’ come e’ intesa nella Tradizione cattolica.

Milingo che si getta tra le braccia di Moon potrebbe essere l’icona mediatica di quanto ho appena detto.

In ogni caso, brandire il Vangelo a propria giustificazione e’ da masochisti, e’ un auto depistaggio.
I riscontri, le risposte si trovano all’interno.  Le trovera’ soltanto l’onesto, magari dopo sovrumana fatica.
E magari scoprira’ che nel vasto cuore di Dio, quel Dio che ama ciondolarsi nella nostra coscienza e illuminarla, esiste un modo per far convivere "l’esigente" posizione magisteriale (che e’ anche quella di molti credenti come me) con il proprio vissuto, senza che una delle due istanze debba essere annientata perche’ l’altra sopravviva.

Con affetto
Luca Sponta

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