Preti sposati: Gennari di “Avvenire” a Messori

Preti celibi per legge, e non da sempre

L’ amico Vittorio Messori, sul Corriere di domenica, è secco fin dal titolo: «Nella Chiesa il celibato esiste da sempre». Vero: Gesù e l’ apostolo Giovanni furono celibi. Ma è vero anche che «nella Chiesa il matrimonio dei sacerdoti esiste da sempre». Gli altri apostoli erano sposati, e nella Chiesa cattolica esiste da sempre fino ad oggi anche il matrimonio dei preti: per più di un millennio anche i preti di rito latino potevano essere sposati, e ancora oggi ci sono i preti sposati cattolici di rito orientale, e sono in arrivo quelli ex anglicani. E allora va chiarito che altro è il valore indubitabile del celibato «donato dall’ alto» – parola di Gesù stesso, altro il problema della legge storica del celibato dei preti. Anche in prospettiva ecumenica: tutte le altre chiese cristiane ammettono il ministero di uomini sposati. E infatti il celibato per legge è divenuto necessario solo dopo secoli. Messori lo sa benissimo, e infatti deve fare appello alla lex continentiae per la quale in particolare dal quarto secolo in poi si chiedeva l’ astensione dai rapporti coniugali nel tempo precedente la celebrazione eucaristica. Valeva per preti, vescovi e Papi, tra cui almeno 4 – per esempio Sant’ Ormisda (514-523) e suo figlio Silverio (536-537) – furono sposati. La cosa fu anche più recente, e vari Papi hanno avuto figli nel corso dei secoli. Altro dunque è il carisma del celibato e altro il celibato come condizione richiesta per legge a chi vuol essere prete cattolico. Messori ricorda gli studi del cardinale austriaco Stickler che sul tema porta come argomento principe proprio la legge della «continenza». Questa però nella realtà storica è frutto anche, e forse solo, della storia di culture anteriori al Cristianesimo e allo stesso Ebraismo, in cui la donna era un essere inferiore e «sporco», il corpo cosa aliena dalla perfezione, e l’ incontro sessuale degradava l’ uomo, reso più vicino agli animali. Perciò il maestro più famoso, Aristotele, insegnava che «la donna è un maschio venuto male». Per millenni di cultura persiana, greca e romana la donna abbassava l’ uomo, o addirittura lo rendeva sporco. Qualche traccia anche – per fortuna isolata, tardiva e forse falsata – nell’ Apocalisse (14, 4) che dichiara «beati» gli uomini che «non si sono sporcati mescolandosi con donne»! Questa concezione pagana e ingiusta ha contribuito, con molte altre ragioni concrete a dare motivi teorici alla tardiva trasformazione del carisma del celibato in «legge obbligatoria» nella Chiesa occidentale e latina. È noto, poi, che la «legge della continenza» iniziò la sua trasformazione dopo la fine delle persecuzioni pagane, all’ inizio del IV secolo, quando l’ ideale cristiano più originario, quello del martirio, diventava inattuale, e fu sostituito da quello della verginità. Da quella visione di sessualità e donna sono venute molte cose nel rapporto tra Chiesa cattolica e sessualità, e per esempio per secoli la tesi della verginità «superiore» al matrimonio. Ad affermarlo in passato erano testi solenni, e per chi lo negava c’ era un anathema sit del Concilio di Trento, ricordato anche nell’ Enciclica Sacra virginitas di Pio XII, ma Giovanni Paolo II, durante le sue celebri catechesi sul corpo, sessualità e matrimonio ha esplicitamente affermato che non è così, perché «la superiorità nella visione cristiana» è data solo dal grado di esercizio dell’ amore-carità verso Dio e verso il prossimo, inscindibilmente: testi sull’ Osservatore e negli Acta della Santa Sede. Benedetto XVI ha ribadito anche di recente «il valore del sacro celibato»? Certo, ma tanti Papi, e anche lui, ribadiscono anche il valore del «sacro matrimonio», «grande mistero in Cristo e nella Chiesa», come insegna San Paolo, addirittura «sacramento», cosa che non è il celibato. Dunque il vero problema, qui, non è il celibato, ma la legge storica del celibato obbligatorio per il clero cattolico. E il richiamo della «legge della continenza» – fulcro del ragionamento di Stickler, e di Messori – è fuori luogo. Chi prova troppo corre il rischio di non provare nulla, e nel caso anche altro. Si sa che proprio Stickler fu tra i principali sostenitori del cardinale Groer a Vienna, dopo il «troppo progressista» cardinale Koenig, ed è anche nota la vicenda finale del cardinale Groer, all’ inizio dei travagliati anni della questione della pedofilia ecclesiastica che nulla ha a che vedere con il tema del celibato, mentre ha molto a che vedere con la sessualità vissuta male, da celibi e sposati fa lo stesso. Il punto, qui, è pensare – e oggi lo fanno uomini di Chiesa anche vicinissimi a Benedetto XVI – alla legge del celibato che oggi esiste nella Chiesa cattolica. Sia chiaro, finché essa è vigente, un prete è tenuto ad osservarla, o a chiedere di essere sollevato dal ministero, ma questo non è solo un suo problema individuale. Per finire, tuttavia, un pensiero dispiaciuto e una nota di fatto. In un anno intero dedicato ai sacerdoti non si ha notizia di un solo pensiero pubblico autorevole, di Chiesa, rivolto ai preti sposati – oggi nel mondo circa 60.000 – che obbedendo alla legge storica hanno dovuto abbandonare un ministero per il quale molti si sono sentiti e si sentono chiamati. E nessun pensiero, mi risulta, anche ai preti sposati di rito orientale che il Concilio ha definito «né meno preti, né meno buoni preti» rispetto ai celibi, e che continuano felicemente il loro ministero nella Chiesa cattolica. La nota di fatto: per il celibato dei presbiteri la Chiesa cattolica ha fatto ciò che ufficialmente non si sente autorizzata a fare per i ministeri femminili, e cioè si è allontanata dalla condotta di Gesù, che di fatto ha chiamato al ministero apostolico anche gli sposati, anzi soprattutto gli sposati. Anche questo può far riflettere, e magari pregare. RIPRODUZIONE RISERVATA

Gennari Giovanni

Pagina 42
(8 giugno 2010) – Corriere della Sera

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