Una bomba nel cuore della Ue

Un’ipoteca sui tempi e sui risultati della risposta comune che i paesi europei stanno mettendo a punto di fronte alla crisi dei debiti sovrani è arrivata ieri da oltreoceano. Standard & Poor’s ha deciso un’ondata di declassamenti che investono direttamente i debiti sovrani del vecchio continente. Se solo Lussemburgo, Germania e Olanda conservano la tripla A, il declassamento della Francia e dell’Italia, così come della Spagna, pregiudica il fondo Salvastati, allontana il nuovo trattato ed è una spada di Damocle sulla crescita.
La scommessa peggiore però è sul destino dell’euro di cui un’Italia che finisce in serie B è, pur non volendo, una spina nel fianco.
Come si ricorderà, già a inizio dicembre l’agenzia Usa aveva messo sotto credit watch con implicazioni negative ben 15 nazioni dell’Eurozona, ma la decisione per l’Italia arriva proprio mentre il Tesoro stava iniziando a mettere a segno aste di titoli di stato con rendimenti in forte calo: dopo il dimezzamento dei tassi all’asta Bot di giovedì, ieri è stata la volta dei Btp triennali il cui rendimento è sceso a 4,83%.
Il declassamento renderà più difficile reperire capitali sui mercati proprio in un anno in cui l’Italia dovrebbe collocare titoli per 420 miliardi di euro. La decisione, annunciata nella serata di ieri ma trapelata nel pomeriggio, ha fatto scivolare l’euro nel cambio sul dollaro al livello più basso degli ultimi tempi e ha provocato immediate ripercussioni sulle principali borse europee e sugli spread tra i titoli di stato tedeschi e quelli dell’intera eurozona.
La notizia scoppia come una bomba nel bel mezzo delle trattative per la messa a punto del testo del trattato europeo sul fiscal compact, da cui si è autoesclusa la Gran Bretagna (peraltro non toccata dal downgrading, ndr), e per il rafforzamento del fondosalvastati. Viene così da oltreoceano l’ostacolo maggiore al coordinamento delle politiche comunitarie nei confronti della crisi e, paradossalmente ma non troppo, il mega-declassamento finisce per dare una mano proprio alla Gran Bretagna, che si è chiamata fuori dall’accordo dell’Immacolata. Ne spezza l’isolamento, la rimette in gioco. Soprattutto in un momento in cui Sarkozy, a 100 giorni dalle elezioni, perde un “tesoro nazionale”. Quel merito di credito che finora ha consentito a Parigi di approvvigionarsi senza pensieri sui mercati.
Una decisione che arriva proprio mentre Parigi si appresta a collocare quest’anno ben 178 miliardi di euro di titoli di stato ed è il secondo contribuente del fondo salvastati. Non è un caso che ieri Alain Minc, consigliere del presidente Sarkozy, abbia sottolineato che «fare una cosa così la settimana in cui i mercati europei si normalizzano, come ha fatto notare Draghi, significa che non abbiamo più a che fare con dei pompieri piromani, ma con persone dai comportamenti perversi».
A ventiquattro ore dall’appello del presidente della Bce Mario Draghi, che giovedì nella conferenza stampa di inizio anno ha sollecitato una chiara stesura del fiscal compact e l’urgente operatività del fondo salva-stati, la notizia rischia ora di inceppare il delicato equilibrio e soprattutto l’euromeccanismo messo in piedi per arginare il propagarsi della crisi sul debito. Ma non è tutto visto che, secondo gli analisti, un taglio del rating dei paesi dell’Eurozona assesterebbe un colpo senza precedenti non solo alle prospettive di ripresa economica europea ma anche alla possibilità di rendere operative, per tutti e 26 gli stati pronti a sottoscrivere il nuovo trattato, le nuove regole di rigore.
Il declassamento di Standard & Poor’s, arriva poi a una settimana dall’annunciato triangolare a Roma tra Francia, Germania e Italia e a due dal Consiglio europeo del 30 dicembre a Bruxelles, quando i 26 capi di stato e di governo dovranno trovare l’accordo sul testo del nuovo trattato in vista della firma il primo marzo.
Raffaella Cascioli – europaquotidiano
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