“Denuncerò gli abusi della Chiesa, basta con i silenzi”

Da 35 anni Erik Zattoni sta lottando per ridare giustizia a sua madre violentata da un prete

Ferrara, 9 marzo 2016 – Da 35 anni Erik Zattonista lottando per ridare giustizia a sua madre violentata, all’età di 14 anni, da quel prete (don Pietro Tosi, deceduto nel 2014) che lui mai chiamerà papà. Da quello stupro nacque Erik che tre anni fa trovò il coraggio di denunciare ma che ancora oggi attende giustizia dalla Santa Sede.

Erik, sono trascorsi due anni e quattro mesi da quando in tv e sui giornali ha avuto la forza di sputare fuori tutto il suo dolore. Oggi cosa è cambiato?

«Che ho capito ancora di più quanto sia fondamentale denunciare gli abusi commessi da uomini di chiesa. Dopo di me sono usciti altri orrori, altra gente che ha seguito il mio esempio. Certo, non è stato facile ma se non se ne parla, se non si denuncia, questo problema rimarrà sempre nascosto e non si risolverà mai».

Sua madre nel 1980 venne violentata da don Pietro Tosi. Dopo il recente caos mediatico, ora come sta?

«Ha sempre preferito non comparire, non rilasciare commenti, interviste ma alla fine era contenta di quanto stavo facendo. Non sono le vittime che si devono vergognare bensì chi ha abusato di loro».

Sul sito ‘Rete l’abuso’ c’è un video dove lei si rivolge a Papa Francesco chiedendogli schiettamente il perché «aver lasciato morire don Tosi senza ridurlo allo stato laicale». E «che cosa devono fare le vittime oggi per avere giustizia». Ha avuto risposte?

«No, mai. Io e mia madre abbiamo scritto diverse lettere al Papa ma senza risposta. Anche da parte sua, come i suoi predecessori, tante chiacchiere ma purtroppo ancora i fatti non ci sono. Quando si tratta di agire non si agisce».

Cosa le è rimasto dentro di tutta questa storia?

«Tanta amarezza e una mancata giustizia. Don Tosi non si è mai pentito fino in fondo, è morto da prete perché qualcuno glielo ha permesso. Dall’altra parte ho un bellissimo ricordo per la grandissima solidarietà che è arrivata a me e a mia madre da tutta Italia dopo la denuncia».

E il vescovo Luigi Negri?

«E’ quello che c’entra meno di tutti. Le colpe non sono sue ma dei collaboratori che erano a Ferrara ancor prima del suo arrivo e di quelli che stanno in Vaticano. Senza dimenticare i vescovi che lo hanno preceduto che sapevano ma non hanno fatto niente».

Con monsignor Negri ha parlato più volte, giusto?

«Sì. E’ stato molto sincero, mi ha spiegato ciò che lo aveva lasciato perplesso».

Dunque non poteva fare nulla?

«Lui il suo l’ha fatto avvisando il Vaticano nella persona di Papa Francesco. Il vescovo non ha poteri per ridurre un sacerdote allo stato laicale a differenza del capo della chiesa. Da quando ho denunciato pubblicamente i fatti fino alla morte di don Tosi, di tempo ne è trascorso. Tempo per togliergli la veste da prete, invece tutto è rimasto intatto come se nulla fosse accaduto».

Ha visto il film Spotlight?

«No, ma lo farò presto. Il caso di Boston lo conoscevo bene. Degli abusi perpetrati dagli uomini di chiesa bisogna parlarne il più possibile, è l’unica soluzione per contrastarli».

Erik, e adesso?

«Stiamo valutando un’azione legale contro chi ha coperto questo orrore negli anni, a partire dai vescovi che sono passati da Ferrara. Non è cosa facile ma serve una giustizia perché chi commette questi crimini deve essere allontanato immediatamente dalla chiesa e deve essere punito penalmente come un comune cittadino».

di NICOLA BIANCHI – ilrestodelcarlino.it

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