Il film “El club” svela il lato oscuro della Chiesa e si candida per l’Orso d’oro

BERLINO. Potrebbe anche aggiudicarsi l’Orso d’Oro, Pablo Larraín, che con il suo j’accuse nei confronti della Chiesa ha letteralmente conquistato, ieri, le platee di Berlino.

Applausi convinti per l’autore cileno di “Tony Manero” e “No!”, che nel suo ultimo impeccabile film dal titolo evocativo, “El club”, descrive un gruppo di preti che vivono in ritiro in una casa sulla costa del Cile, assieme a una suora che sbriga per loro diverse faccende. L’arrivo di un nuovo sacerdote in questa sorta di comunità, spinge un uomo ad avvicinarsi alla casa rivolgendo contro di lui pesanti accuse di abusi sessuali perpetrati ai suoi danni. In preda all’angoscia il prete si suicida ma l’incidente impone la presenza di un investigatore mandato dalla Chiesa per fare chiarezza sull’accaduto. Così, poco a poco, oscuri segreti vengono alla luce, rendendo necessaria una scelta tra la verità e l’occultamento di essa, al fine di conservare le apparenze. «Ho ricevuto un’educazione cattolica – ha assicurato il regista in conferenza stampa – e ho potuto conoscere tre tipi di sacerdote: alcuni perseguono la via della fede, sono brave persone, ci sono altri che invece stanno pagando in carcere per i loro peccati, e infine ci sono i preti perduti. Addirittura scomparsi. Nessuno sa dove siano anche se a loro carico pendono delle accuse e sono state fatte delle indagini. La Chiesa per anni li ha coperti facendo scudo intorno a loro. Il mio film è su di loro e questa è anche la ragione per cui ho scelto questo titolo. Il Club, il club dei preti perduti». «Il punto – prosegue – è che la Chiesa non crede nella giustizia civile, ritiene che si debba rispondere dei propri atti solo al cospetto di Dio. E con questa scusa, anche chi ha commesso vere e proprie atrocità, è comunque sempre stato coperto. Ma il mio film non vuole essere una denuncia di quegli atti. L’aspetto più interessante da registrare è il panico della Chiesa quando emergono certi temi. Quando si ha una struttura di comunicazione in base alla quale il ragionamento pubblico è più forte del Papa, finisce che ciò che si dice di loro diventa più importante rispetto alle loro azioni. L’arte ha il compito di far riflettere su questi aspetti». Ora, secondo il regista, Papa Francesco ha finalmente l’opportunità di rinnovare la Chiesa mettendo in discussione ciò che i suoi predecessori hanno sistematicamente occultato. “El club” apre simbolicamente citando un versetto della Bibbia: «Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre», ma Larraín sostiene: «Non è possibile dividere la luce dalle tenebre. È questa l’anima del film».

Serata all’insegna del glamour in Berlinale Special, dove, sempre ieri, è stato presentato in anteprima mondiale “Life”, basato sull’incontro tra Dennis Stock e James Dean, avvenuto nel 1955. Interessante lo sguardo di un fotografo su un altro fotografo, intenzione che produce immagini iconiche e di gran fascino. Interessante anche il ritorno al biopic in chiave esistenziale, come già fu per “Control” nel 2007. Stavolta Anton Corbijn non abbraccia un ampio lasso di tempo come fece per Ian Curtis, leader dei Joy Division, ma un particolare momento della vita di James Dean, poco prima di essere definitivamente consacrato tra le stelle di Hollywood grazie al ruolo che, in “Gioventù bruciata” lo ha definitivamente consacrato icona di una generazione Usa di “ribelli senza causa”.

Presenti, per la gioia delle ammiratrici, Dane DeHaan (impressionante la sua somiglianza con James Dean nel film) e Robert Pattinson, sempre più divo dopo gli inizi “giovanili” in “Harry Potter” e “Twilight” e le più recenti esperienze con David Cronemberg in “Cosmopolis” e “Maps to the Stars”). Dal mese di maggio sarà sul set del thriller “Brimstone”, diretto da Martin Koolhoven.

il piccolo

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